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 2024  marzo 04 Lunedì calendario

I revisionisti giustizia


L’onda d’urto terrapiattista che ci investe tra no-vax, scie chimiche, gli artigli di Putin sull’Ucraina dipinti come la carezza del nonno che tutti vorremmo, si è abbattuta anche sul mondo della giustizia. Questa bulimia di verità alternative tanto eclatanti, seducenti, quanto pronte all’uso, banalmente facili da assimilare e digerire, ha coinvolto anche l’apparato giudiziario. Con l’obiettivo di ribaltare ogni certezza e vedere in tanti ergastolani, poveri detenuti innocenti: da Massimo Bossetti, assassino della povera Yara Gambirasio ad Alberto Stasi, autore a Garlasco dell’omicidio della fidanzata Chiara Poggi.
La verità sulla strage di Erba ne diventa così il fangoso campo di battaglia con una articolata, violenta campagna di disinformazione, manipolazione e manomissione per alzare il coro cieco del dissenso e dello sdegno di massa e mandar fuori dal carcere i due disgraziati. In questa operazione dell’orrore ogni convenzione è presa in ostaggio fino al rilascio di chi fino a ieri, ovvero Rosa Bazzi e Olindo Romano, erano stati condannati alla pena massima per aver tagliato la gola a un bambino di due anni, Youssef Marzouk, e ammazzato a sprangate e coltellate altre tre persone: sua mamma Raffaella Castagna, la nonna Paola Galli e la vicina Valeria Cherubini. Per raggiungere l’obiettivo a spallate non si guarda in faccia a nessuno.
Si pialla l’onorabilità di professionisti, come lo psichiatra Massimo Picozzi, accusandolo di aver indotto la confessione, o l’allora comandante del Ris il generale Luciano Garofano, adombrando i peggiori infamanti sospetti sui due come fossero pluripregiudicati incalliti e non apprezzati professionisti.
Si buttano sospetti e infangano decine di carabinieri che svolsero le indagini, si ipotizza addirittura la frode processuale con una sorta di “spectre” di toghe, divise impegnati a costruire prove false per incastrare i malcapitati. Stupisce che di fronte a questo linciaggio la magistratura additata al ludibrio e di aver alterato le prove per mandare i due all’ergastolo, incassi e taccia, forse per dovere e senso istituzionale, in attesa che sia fatta chiarezza nell’istruttoria di revisione pendente a Brescia. Un vuoto nel quale nuotano e pescano in molti.
Questo silenzio, ad esempio, anima chi vuole abbassare la credibilità della magistratura, trasformando il giudizio sulla strage di Erba in un referendum sulla nostra giustizia. Un gioco al massacro dove ormai tutto è ammesso, con l’azzeramento della decenza. A farne le spese, primi fra tutti, sono i parenti delle vittime. I fratelli Castagna, cioè quelli ai quali è stata sterminata la famiglia, nell’apoteosi indecente negazionista, si sono persino visti colpire di spalle, venendo indicati come possibili autori della stessa strage. Cioè i sopravvissuti, quelli che hanno visto i parenti massacrati nella mattanza, sarebbero gli assassini. Un’ipotesi sostenuta da un concentrato di suggestioni che si sfalda al primo controesame.
Eppure, lo schizzo di fango dilania: «Speriamo riaprano il casi e mettano dentro i Castagna, son sicura siano stati loro», «in effetti è molto più probabile che il fratello, pensando ai soldi che doveva dare alla sorella e quindi ad Azouz dopo la morte del padre abbia deciso di far fuori tutti» e ancora: «Eccolo il colpevole: Pietro Castagna. Possa marcire in galera», «andate a prendere i fratelli di quella poveretta e fate giustizia».
Al circo della fake news è giorno di festa per l’interrogativo delle cento spade: «Non è che i fratelli Castagna hanno contribuito al ‘ritrovamento’ dei finti criminali con qualche bustarella alla gente giusta?», «Quei due poveri cristiani stanno pagando per un porco fratello che magari ha pagato i magistrati per inficiare le prove». A sostenerlo era stata la stessa Bazzi: «Pietro (Castagna, nda) deve sedersi a tavola con me e dobbiamo vedere tra me e lui chi è il colpevole». I malcapitati rispondono con querele, parecchie già le hanno vinte, ma finché la magistratura non rimetterà tutto in ordine alla delegittimazione sarà derogato l’enorme potere di dettare legge. —