il Giornale, 4 marzo 2024
Finanziamo le traduzioni dei nostri libri
Vedo con compiacimento che il ministero della Cultura presenta un progetto elaborato durante il mio mandato di sottosegretario, con la consulenza di mia sorella Elisabetta, direttore generale della Nave di Teseo, per far meglio conoscere gli scrittori italiani all’estero. L’uovo di Colombo. Per parte mia ne avevo parlato anche con Daniela Santanchè e con il viceministro Maurizio Leo. E oggi vedo quella stessa idea opportunamente trasformata in un bando del Ministero che ho appena lasciato.Una fortunata iniziativa. Non resta che sperare che riescano a ottenere i risultati che io mi ero prefisso,
Perché la cultura italiana appare così marginale, perché gli scrittori italiani sono tanto poco conosciuti, nonostante l’importanza della nostra lingua, la qualità dei nostri autori, l’universale considerazione del gusto italiano, nella moda, nella cucina, nel design? Sono i libri a consolidare il riconoscimento di un mondo, di una identità. Gli americani arrivarono in Italia grazie alle traduzioni di Elio Vittorini e di Cesare Pavese. L’antologia Americana, a cura di Vittorini pubblicata nel 1941, propone una scelta della letteratura statunitense che in quegli anni sarebbe diventata in Italia un modello per gli scrittori più giovani. Il libro che si rivelò subito un classico, raccoglie i brani dei più significativi autori americani dai primi dell’Ottocento alla fine degli anni Trenta del Novecento tra cui Edgar Allan Poe, Nathaniel Hawthorne, Jack London, Willa Cather, John Steinbeck, John Fante, William Faulkner, tradotti da alcuni fra i maggiori scrittori italiani come Montale, Pavese e Moravia. La lingua è semplice e sciolta, duttile nel misurarsi con lo slang americano, con la prosa asciutta di Ernest Hemingway, con le parole dense di evocazioni simboliche di Herman Melville. Fu grazie all’introduzione di Emilio Cecchi che il libro poté essere ristampato dopo il primo sequestro imposto della censura fascista. Le introduzioni di Vittorini alle sezioni, assieme alle immagini e alle didascalie originali, documentano una originale interpretazione della storia letteraria americana e costituiscono una guida alla scoperta di grandi narratori.
Al contrario un grande autore come Giacomo Leopardi è rimasto quasi completamente sconosciuto all’estero, e il suo Zibaldone è stato tradotto in inglese dieci anni fa, e soltanto grazie a un finanziamento di Silvio Berlusconi, di cui mostrarono di vergognarsi i docenti e i curatori della traduzione. Lo spiegò, con scandalizzato stupore, Antonio Moresco in un articolo del 2007, quando si lanciò l’idea della traduzione: «Abbiamo appena letto sul quotidiano Libero che Silvio Berlusconi coprirà per intero la cifra necessaria a tradurre la parte restante dello Zibaldone in lingua inglese (100mila euro). Per quanto mi riguarda, non ho nessuna difficoltà a ringraziare sinceramente Berlusconi per questo gesto, senza che ciò sposti di un millimetro la mia opinione generale su di lui. Ma – detto questo e a scanso di equivoci- si impone una ricostruzione dei fatti e una scomoda riflessione.
Le cose sono andate così. Invitato a Roma da Luigi Severi per un incontro con gli studenti all’Università, ho conosciuto – oltre a chi mi aveva invitato - Franco D’Intino che, dopo l’incontro pubblico, in una pizzeria della Garbatella, mi ha parlato della sua lunga battaglia - condotta assieme a pochi altri in Inghilterra e in Italia- per tradurre lo Zibaldone in lingua inglese e della sua frustrazione per i continui, inutili tentativi di trovare i soldi necessari a pagare le spese di traduzione. Tornato a Milano, con l’aiuto di Franco D’Intino, ho informato i lettori del nostro sito di questa battaglia, fornendo anche un numero di conto corrente per chi volesse prendervi parte di persona, appello ripreso poi da alcuni altri siti. Un articolo sulla vicenda è stato immediatamente proposto - prima che a ogni altro - a un noto periodico collocato nell’area di sinistra, che però si è detto non interessato alla cosa. Così – con la solitaria eccezione di una breve segnalazione di Nico Orengo su Tuttolibri - nessun altro dei giornali da cui ci si sarebbe aspettata attenzione per una battaglia culturale come questa ha voluto dedicare una riga all’argomento. Massimiliano Parente (che ringrazio per l’intelligenza, la passione e la concretezza con cui si è gettato in modo determinante in questa impresa) ha proposto un articolo sull’argomento al giornale su cui scrive (Libero), che ha accettato immediatamente, dedicandovi grande spazio e trasformando la cosa in una vera e propria campagna. Dopo questo primo articolo, ce ne sono stati infatti altri sullo stesso giornale, tra cui uno firmato dal capocultura Alessandro Gnocchi. Da questa iniziale
mobilitazione sono nati i successivi passaggi che hanno portato alla rapida e clamorosa conclusione che conosciamo.
Ora io, come non sono d’accordo con Silvio Berlusconi, così non sono d’accordo con le posizioni di Libero. Però lo sviluppo e l’esito di questa vicenda impongono alcune domande ormai ineludibili. Come mai, in questi anni, neppure una battaglia così indiscutibilmente importante e onorevole riesce a trovare accoglienza nelle pagine di un giornale collocato a sinistra e i cui giornalisti si dicono attenti alla cultura mentre un giornale come Libero (giudicato impresentabile dai primi) ci si getta invece a capofitto? Certo, non sono così ingenuo da non capire che c’è in questo anche intelligenza giornalistica, fiuto, tempismo, scaltrezza, senso dell’utile culturale e del ritorno di immagine ecc., ma perché le pagine culturali di un giornale di sinistra – in assenza evidentemente del resto – non riescono più a dare prova neppure di altrettanta professionalità e prontezza di riflessi?».
Il caso era clamoroso, e tanto più perché riguarda un classico della letteratura italiana, sottoposto a una impensabile damnatio memoriae. Anche per questo ho pensato a una soluzione che andasse oltre una controversa testimonianza di episodico mecenatismo, e diventasse una garanzia di Stato, una responsabilità istituzionale.
Le mie conclusioni sull’argomento erano le seguenti, e le trascrivo a futura memoria.
L’editoria italiana è la sesta editoria al mondo e la quarta in Europa. Gli editori stranieri acquisiscono pochi libri in lingua italiana perché acquisire un libro da tradurre è sempre molto rischioso. I conti economici di molti libri stranieri hanno spesso margini negativi poiché la voce di costo (traduzione) incide molto sul conto economico. E anche per questi pochi sono gli scrittori italiani conosciuti all’estero. Negli anni molti Paesi europei hanno realizzato programmi di finanziamento per la traduzione di opere letterarie, ivi compresi testi teatrali, poetici, di saggistica e di letteratura per l’infanzia.
Questi finanziamenti hanno permesso a molti editori italiani di poter pubblicare e far conoscere opere straniere, anche di lingue meno conosciute, nel nostro mercato. Tra i Paesi più attivi nel sostenere le traduzioni segnaliamo: Francia, Germania, Paesi Scandinavi (Svezia, Finlandia, Norvegia), Paesi dell’Est Europa (Ungheria, Romania), Paesi dell’area balcanica (Albania, Croazia, Serbia). L’obiettivo è quello di far tradurre i libri italiani nei principali mercati: Usa, Inghilterra, Francia, Spagna (compreso Sud America) e Germania.
Una volta che il libro sia tradotto nei mercati principali avrà maggiori possibilità di essere tradotto in altri Paesi e lingue. Tutti gli editori stranieri guardano alle traduzioni nelle lingue più diffuse prima di fare acquisizioni. Il Governo Italiano (Ministero del Turismo, Ministero della Cultura, Ministero dell’Economia, Ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale) dovrebbe potenziare i bandi in cui vengono finanziate le traduzioni di opere letterarie italiane all’estero. Bisognerebbe coinvolgere gli Istituti di Cultura per far invitare l’autore e organizzare cicli di incontri. Sarà fondamentale centralizzare e semplificare la gestione del bando e l’erogazione del denaro. (Istituti di Cultura/Esteri per traduzioni e Ministero del Turismo per promozione). La casa editrice straniera che vuole tradurre il libro farà domanda, entro i termini precisati nel bando: dovrà fornire copia del contratto di edizione con l’autore/avente diritto straniero, titoli e referenze del traduttore. Una volta ottenuta la sovvenzione, sarà cura della casa editrice inserire nel colophon le diciture corrette che indicano il contributo, e spedire le copie all’ente preposto. Una traduzione ha un costo di circa 15mila euro. Con un Bando da 300-350mila euro si potrebbero finanziare circa 25/30 opere. Questa operazione genererebbe una grande risposta mediatica e permetterebbe di far crescere il valore, e la consapevolezza del rilievo, della Cultura italiana all’estero.
Una soluzione semplice. Vediamo se saranno in grado di realizzarla.