La Stampa, 3 marzo 2024
Intervista a Stefano Tacconi
Chi era Stefano Tacconi, a lui, quasi non interessa. Molto più importante è riuscire a capire chi è oggi: «Un uomo diverso, che ha conosciuto la sofferenza e che tutt’ora sta lottando». Un uomo che ha capito la fortuna di avere una seconda possibilità, praticamente una seconda vita. Era il 23 aprile 2022 quando Tacconi ha rischiato di morire. Sono passati quasi due anni dal momento in cui l’ex portiere della Juventus (tra le altre) e della Nazionale è stato colpito da un’ischemia cerebrale: il malore ad Asti a un evento a cui partecipava insieme a suo figlio Andrea, il ricovero d’urgenza nell’ospedale di Alessandria, i due delicati interventi chirurgici, il coma. Poi le dimissioni nel marzo 2023, la lunga riabilitazione che continua ancora oggi e che per qualche mese è passata anche dal ricovero a San Giovanni Rotondo.
Con ancora più forza, più coraggio, più consapevolezza. Più voglia di vivere: «Ringrazio per avere avuto nella vita una seconda possibilità». In tutto questo, mai è venuto a mancare il sostegno dei tifosi, soprattutto quelli bianconeri: «Capitan Fracassa, ti siamo vicini», questo uno degli striscioni esposti più volte in curva dai sostenitori della Juve e mostrato anche fuori dall’ospedale di Alessandria durante il lungo ricovero. Un soprannome che parlava chiaro della personalità di Tacconi, portiere spericolato e campione di tutto con la Juve, e che in realtà lo identificava anche per come viveva fuori dal campo. Con qualche vizio di troppo a cui non voleva rinunciare: «Se potessi tornare indietro taglierei subito alcool e sigarette. Ora non mi sento più così invincibile».
Tacconi, chi è oggi? Quanto si ritiene diverso dall’uomo di prima e cosa ha scoperto di sé che prima non conosceva?
«Stefano Tacconi ora è sicuramente un uomo diverso da quello di due anni fa, diverso da quello di prima. È un uomo che ha conosciuto la sofferenza e che tutt’ora sta lottando. Non ci sono dubbi, questa esperienza mi ha segnato profondamente».
Che ricordi ha di quel 23 aprile 2022?
«Solo un fortissimo male di testa. Poi il buio».
Qual è la prima cosa o la prima persona che ha visto quando ha ripreso conoscenza? Cosa ha pensato?
«Quando mi sono svegliato ho visto per prima mia moglie Laura e i miei figli. Subito ho sentito il calore della loro vicinanza».
Crede in Dio? Ha pregato in questi due anni?
«Sì, credo in Dio attraverso mia moglie. È molto fedele da sempre di Padre Pio, abbiamo pregato insieme e seguito la sua luce fino a San Giovanni Rotondo dove sono stato ricoverato. Credo anche nel mio angelo custode».
Tornando indietro nel tempo, forse pensava di essere davvero invincibile? Se le dessero l’opportunità di cambiare qualcosa della sua vecchia vita, cosa farebbe?
«Intanto farei subito a meno di alcol e sigarette, tutte brutte abitudini di cui ora mi sono sbarazzato. Allo stesso tempo ho cancellato molti numeri dalla rubrica del mio telefono, sono quelli delle persone che prima pensavo fossero amici e che ora ho capito essere solo opportunisti. Ringrazio per avere avuto nella vita una seconda possibilità, ora non mi sento più così invincibile».
Si aspettava tutto l’affetto dei tifosi che ha ricevuto ancora oggi?
«Sì, me l’aspettavo. Ma non potevo immaginare di trovarne così in tanti. Ho scoperto anche tramite la mia famiglia che mentre ero in coma, i tifosi con gli striscioni erano sotto la mia finestra, a incitare il mio nome. Tutto questo non lo dimenticherò mai».
Com’è questa nuova vita finalmente senza stampelle?
«In realtà le stampelle ci sono ancora e a tratti c’è anche la sedia a rotelle. Ma continuo con forza la fisioterapia per migliorarmi».
Le piacerebbe tornare allo stadio?
«Sì, vorrei molto farlo. E ho in programma con mio figlio di andare a vedere Juve-Milan».
Se c’è, qual è la sua partita del cuore?
«Argentinos Juniors-Juve, finale della Coppa Intercontinentale a Tokyo dell’8 dicembre 1985».
Ora è tempo anche di nuovi progetti, qualche settimana fa aveva dichiarato di voler organizzare una vacanza con tutta la famiglia: dove le piacerebbe andare? E perché?
«Vorrei andare a Sharm el-Sheik, così da poter stare tutti insieme ma sempre in una località vicina per poter gestire questa mia disabilità».
Parliamo di calcio, l’Inter sembra ormai avere vinto lo scudetto. Ma lei chi preferisce tra Sommer e Szczesny?
«Voto Szczesny, è molto affidabile e gioca in una nazionale importante come quella polacca».
Tra Vlahovic e Lautaro?
«Dico Vlahovic, perché mi ricorda Pablito (Rossi, ndr)».
Oltre a Donnarumma c’è tutta una nuova generazione di portieri che sta emergendo: Vicario, Carnesecchi, Di Gregorio, Meret... C’è qualcuno in cui si rivede?
«Mi ritrovo molto in Carnesecchi, perché è spavaldo proprio come lo ero io».
Si avvicina l’Europeo, come vede l’Italia?
«Spalletti ha un compito molto difficile, perché l’Italia ha vinto l’Europeo e migliorarsi in questo caso è difficile. Però ha giovani molto validi su cui puntare».
Ci sarà mai di nuovo un dualismo come quello tra Tacconi e Zenga che ha segnato il calcio italiano negli anni Ottanta? Come lo racconterebbe ai bambini che vogliono diventare portiere?
«No, non ci sarà più un dualismo come quello tra me e Walter. Racconterei ai bambini che fra noi c’era molta competitività ma anche molto rispetto. E nel mio periodo difficile durante la malattia, Walter mi è sempre stato vicino».
In poco più di un anno il mondo del calcio ha perso uomini come Vialli e Riva. Qual è il suo ricordo?
«Parliamo di due grandi personaggi che hanno fatto la storia dell’Italia. Ho avuto la fortuna di giocare con Vialli in Nazionale e di avere avuto Riva come team manager a Mondiali, Europei e Olimpiadi. Ricordo che Gianluca, nonostante la sua malattia, ha avuto la forza di mandarmi un videomessaggio per dare a me la forza. Spesso riguardo questo video per sentirlo ancora vicino a me».