il Fatto Quotidiano, 3 marzo 2024
Intervista a Francesca Piccinini
Mal di pancia.
No, sono una tosta.
Niente ansia.
Sono abituata a mettere il mio fisico sotto stress.
Nulla la ferma.
Ho un’alta soglia del dolore.
Adrenalinica.
Sono una sportiva.
Idolo.
Sono una ragazza semplice.
(Palmarès da sogno per lei, da incubo per avversarie e compagne di squadra: scudetti, coppe, riconoscimenti personali. Un calendario sexy. Francesca Piccinini è un’ex giocatrice di volley e rientra nel girone dei grandissimi sportivi, dei longevi, dei cannibali, dei senza tregua; nel girone di chi sa “schiacciare” l’avversario. Da pochi anni si è ritirata e da giovedì è tra i protagonisti della nuova stagione di Pechino-Express, in onda su Sky, in cui otto coppie si sfidano tra Vietnam, Laos e Sri Lanka, prive di soldi, cellulare e mappe. Per sopravvivere chiedono passaggi, ospitalità per la notte e mangiano ciò che trovano).
Gigi Datome ha raccontato al Fatto: “Negli ultimi anni da giocatore di basket, il giorno dopo la partita sentivo il dolore”.
Ha smesso da poco, io no.
E…
Lo sport in generale fa benissimo, ma ad alto livello, da grande, qualcosina la paghi, soprattutto sulle articolazioni.
In Open, Agassi narra che dormiva a terra per alleviare i dolori.
Capita esattamente questo.
Ha l’immagine di donna tosta: è reale o si è autoconvinta?
Per certi versi lo sono: individuo un obiettivo e poi cerco il modo per raggiungerlo; (pausa) però sono anche una ragazza semplice con le sue debolezze.
A voi sportivi l’aggettivo “semplice” piace tanto…
(Ride) Mi definisco la ragazza della porta accanto.
Ecco.
Me lo dicono in tanti.
Bene.
Mi fanno i complimenti, mi chiedono una foto. E alla fine spesso penso: esagerati.
Perché?
In questi anni mi sono divertita; insomma, sono una persona normale.
Quindi anche lei mangia, anche lei dorme…
Sì, nonostante ci vedano come supereroi…
Invece?
Siamo persone semplici, con i nostri momenti di debolezza, i nostri momenti bassi. Mangiamo e dormiamo come tutti.
Il fan vuole sognare, smonta l’ambita mitologia.
(Pausa) È vero, ma tutto ciò che ho fatto nella vita l’ho realizzato con semplicità.
Di cosa ha paura?
Delle malattie. E di perdere le persone a cui voglio bene; (pausa) quando si cresce è normale, sul resto non ho fobie.
Scaramantica.
Mai, mentre di solito gli sportivi lo sono.
Lei no?
Le mie compagne di squadra spesso indossavano gli stessi indumenti intimi della partita che avevamo vinto.
Speriamo lavati.
Immagino di sì!
Lo sportivo è rituale.
Assolutamente; io invece dicevo: mi sono allenata bene, posso entrare in campo tranquilla. Niente superstizione.
La calciatrice Sara Gama ha spiegato a Repubblica: “Ci prendono in giro perché giochiamo truccate”.
Da giovane non mettevo nulla, neanche il rimmel; nonostante questo credo sia bellissimo sistemarsi perché il campo è il nostro teatro, ed è giusto mettersi in mostra pure a livello estetico; (pausa) gli uomini non usano il gel, non si pettinano?
Ha mai fatto a botte?
(Ripete la domanda, stupita) Io? No.
Non ha attaccato nessuno al muro?
Solo da piccola, con mia sorella, ma preferisco parlare o scrivere; (ci pensa) ho mantenuto una corrispondenza con i miei genitori.
Bello.
Da giovanissima, quando a 18 anni sono andata a giocare nel campionato brasiliano: a quel tempo non c’erano i cellulari, non c’era la messaggistica, i telefoni fissi costavano tantissimo, l’unica soluzione erano le lettere. Solo che per arrivare impiegavano 15 giorni.
Le ha conservate?
Ritrovate l’anno scorso, conservate da mio padre.
Da ragazza è stata più coraggiosa o incosciente?
Coraggiosa: avevo solo 18 anni, in assoluto la prima italiana a giocare all’estero e non sapevo chi sarei diventata; (pausa) di sicuro i miei mi hanno dato dell’incosciente.
Ostacolata?
No, ero troppo sicura di me. Tenace: lo sport ti insegna e obbliga a rispettare le regole.
Ligia.
Giusto qualche marachella.
Scappava di notte.
È capitato.
Si ubriacava.
Festeggiavo quando vincevo. E ho vinto abbastanza.
Fumava sigari come in Nba?
No, io no.
Una canna.
(Tono allucinato) Una canna?
Trent’anni in campo: ossessione o passione?
Passione; il volley è stato il mio secondo amore…
Il primo?
Mio padre.
A cosa ha rinunciato per la “seconda” passione?
A crescere piano piano, sono andata via da casa a 15 anni; mi sono subito confrontata con la pressione dei dirigenti, dell’allenatore; le aspettative su di me.
Niente gite con la scuola.
Nessuna, mai in discoteca il pomeriggio, mai un’uscita con gli amici o una settimana bianca. Mi allenavo sempre e il weekend c’era la partita.
Lo studio?
Mi allenavo due volte al giorno. A scuola andavo poco.
I professori non l’amavano.
Per forza, si lamentavano.
Legge libri?
Tantissimo quando andavo in ritiro, mi presentavo in Nazionale con una pila di romanzi. Oggi meno.
A Pechino-Express ne ha portato qualcuno?
Ti tolgono tutto. Non è consentita nemmeno La Settimana Enigmistica.
La copertina della Settimana Enigmistica è ambita tra i famosi.
Da giovane sono finita nella foto di un puzzle.
Quando si è resa conto di essere famosa?
Nel momento in cui hanno iniziato a fermarmi per strada.
Le piace.
Tanto, e cerco di accontentare tutti.
Brava.
Da ragazzina ho vissuto un brutto episodio: andai a veder giocare il mio mito, Keba Phipps, e a fine match non mi ha autografato la palla. Ho pianto per due giorni.
Poi ci ha giocato…
Sì, a 19 anni, e l’ho insultata a raffica; firmo tutti gli autografi.
Qual è la sua ossessione?
La pulizia e l’ordine in casa. Mi rilasso con l’aspirapolvere.
Donna da pattine.
Niente scarpe in casa.
Ha devastato la sua immagine sexy.
Ci sono pattine sexy.
Una così attenta a ordine e pulizia come ha fatto con Pechino-Express?
Mi sono troppo divertita, volevo restare lì tutta la vita.
Esperienza umana.
Ovunque ci hanno dato passaggi, ospitato, sfamato; al contrario, in Italia, ci avrebbero messo sotto con la macchina; (pausa) il programma è bellissimo…
C’è competizione.
Eh…
Quando si lascia lo sport agonistico, di solito il maggiore problema è l’assenza di adrenalina…
Da quando ho smesso di giocare non ho più vissuto quelle emozioni: lì c’erano picchi difficili da scovare nel quotidiano; (pausa) a Pechino ho ritrovato un po’ di quell’adrenalina, di quella tachicardia, di quella competizione.
Lo sportivo ha la sensazione di aver vissuto dentro lo sport i migliori anni della sua vita.
(Sognante) È stato un periodo bellissimo, sto cercando di riviverlo nella seconda vita.
Da cosa è sfuggita?
Dal montarmi la testa. Sono rimasta semplice.
Riecco il semplice.
Quando si diventa famosi è quasi inevitabile montarsi la testa.
I sui colleghi sono montati?
Capita.
Lei no.
Tutti mi dicevano: “Franci devi tirartela di più”.
Eppure poteva, era la più brava.
E la più carina.
Maurizia Cacciatori la definì “la più bella”.
Pure lei era figa; eravamo fighe.
Fotografata su Playboy.
Ho pure un calendario.
I suoi genitori contenti?
Lo chiesi a mio padre: “Mi andrebbe, è un ricordo per quando sarò vecchia. Poi non si vede nulla, solo il seno: ma le mie tette sono delle ciliegine”.
Il suo calendario lo tiene attaccato?
No, conservato.
Il primo sfizio con i soldi guadagnati?
Uno zainetto di marca.
Solo?
Mia mamma dopo qualche anno lo ha pure buttato.
Com’è il suo ego?
(Ci pensa a lungo) Giusto.
Qual è il parametro?
Sono una che (sospira)… una contenta di quello che sono, mi apprezzo molto. Un buon ego.
Intimorisce gli uomini.
Forse quando ero giovane, erano tutti più bassi; (pausa) a volte, poi mi conoscono.
E vedono che è una ragazza…
Normale.
Il gossip l’ha aiutata?
L’ho sempre accettato, e chi stava al mio fianco lo sapeva.
Chi stava al suo fianco era spesso anche lui conosciuto.
Davvero, fa parte del gioco.
Conserva i ritagli di giornale su di lei?
Papà ha rilegato tutto: da giovane non lo apprezzavo, oggi mi metto lì e sfoglio le pagine.
Un tempo dava tutto per scontato.
Papà ha rilegato 27 volumi: me li ha regalati per i miei 40 anni.
Cosa non si perdona?
Di non aver accettato le offerte da Turchia e Russia.
Avrà rinunciato a un bell’ingaggio…
Tanti soldi.
Lei chi è?
Franci.
Una ragazza semplice.
Ecco, va benissimo.