il Fatto Quotidiano, 2 marzo 2024
Taglia media 36: per gli stilisti il modello ideale resta “grissino”
La settimanadella moda di Milano non è stata un esempio positivo di inclusione sul fronte della diversità di corpi e taglie. Da settembre 2023 a febbraio 2024 sulle passerelle milanesi ha sfilato il 17% in meno di modelle con misure o un fisico diversi da quello “standard”. Ciò significa che da una Fashion Week all’altra si è tornati ad avere una prevalenza di donne (ma anche uomini) che vestono una taglia compresa tra la 34 e la 38, e hanno un’altezza media di 175 centimetri, come attesta il report di Tagwalk. Secondo l’analisi, gli unici brand che hanno fatto fatto sfilare in passerella modelle rappresentative della realtà sono stati Gcds, Etro, Marni, Msgm, Sagaboi, Feben.x, Diesel, Max Mara, Philosophy e Marco Rambaldi. Tutti gli altri hanno presentato corpi magri, magrissimi. Come può essere possibile che, mentre da una parte si fanno proclami per l’inclusività, dall’altra sia ancora così difficile normalizzare diversi tipi di fisicità in passerella? Per provare a rispondere a questa domanda bisogna tener conto di un assunto: le taglie sono la diretta conseguenza dell’immagine che ogni brand vuole dare di sé. A partire dall’ispirazione dello stilista sulla sua “donna ideale” si stabilisce la taglia campione. E se è vero che adattare uno stesso modello a fisicità diverse non è sempre una cosa di facile riuscita, è vero anche che tutto ciò ha delle conseguenze. Le immagini delle sfilate circolano massicciamente sui social, imprimendosi nella mente di chi le guarda: questo, come attestano diversi studi scientifici, “può essere un fattore di rischio per l’insoddisfazione dell’immagine corporea e i disturbi alimentari associati”. È stato infatti accertato che “l’uso diffuso dei social media negli adolescenti e nei giovani potrebbe aumentare l’insoddisfazione corporea così come la loro spinta alla magrezza, rendendoli quindi più vulnerabili ai disturbi alimentari”.