il Fatto Quotidiano, 2 marzo 2024
Rosa e Olindo-bis: soltanto tragica commedia dell’arte
Azouz arriva in tribunale alle 8 e 30 del mattino, sotto la pioggia insistente di questi giorni. Maglione bianco a collo alto e occhiali da vista, sembra un raffinato bibliotecario. I giornalisti accreditati sono una settantina, ma nessuno viene fatto entrare in aula, solo le telecamere di Un giorno in pretura. Un tragicomico paradosso, dal momento che mai, probabilmente, i media sono entrati in un processo tanto quanto nel caso della strage di Erba. Gli innocentisti e i colpevolisti si dividono, separati da una linea immaginaria, occupando spazi diversi nella grande sala riservata alla stampa. Da una parte le iene vestite da iene, Felice Manti e TeleLombardia, ovvero i più infaticabili ultras di “Rosa e Olindo martiri della giustizia”. Piccola parentesi: è uscito anche un libro in questi giorni che si intitola Rosi, una necessaria chiacchierata con Rosa Bazzi per sapere di più di questa irresistibile figura. A tal proposito, Rosa Bazzi e Olindo Romano, dopo essersi concessi con generosità a Porta a porta e programmi di infotainment, hanno negato l’autorizzazione a essere ripresi.
L’influenza dei media e la recita da Oscar
Il primo a parlare è l’avvocato generale dello Stato Domenico Chiaro. Sottolinea la chiara influenza dei media su questa vicenda, evidenzia con stupore la decisione del consulente della difesa, il professor Giuseppe Sartori, di organizzare un incontro con gli studenti all’università di Padova per mostrare il contenuto delle consulenze alla base della revisione. Si lamenta di come la difesa tenti di far passare Rosa e Olindo per sciocchi nonostante abbiano dimostrato di essere invece furbi e lucidi in più frangenti. “Dategli l’Oscar” afferma ironico commentando la “falsa confessione” di Olindo. Spiega che Rosa è stata considerata individuo “con lieve ritardo mentale” sulla base di risposte a domande surreali quali (“Dov’è il Brasile?”,“Quanti km è larga la Sicilia?) e invece “conduce le danze” nel corso del balletto degli interrogatori con una grande capacità mentale.
Prende la parola Guido Rispoli, procuratore generale di Brescia. Anche lui critica con una certa dose di sarcasmo le ipotesi alternative. Ironizza su Azouz che, intercettato subito dopo la strage della sua famiglia per una presunta vendetta nei suoi confronti dice “è il periodo più bello della mia vita”, dimostrando dunque di non essere troppo preoccupato all’idea che quella spietata banda criminale possa voler far fuori anche lui. Poi parla della piccola macchia di sangue trovata nell’auto dei Romano nonostante i coniugi si fossero lavati, dice “è come il famoso film di Woody Allen Matchball, la moneta può andare da una parte o dall’altra”, solo che il film era Matchpoint e la moneta in realtà era una palla da tennis, ma è chiaro comunque cosa voglia dire.
Anche l’avvocato generale Domenico Chiaro, riprendendo la parola, cita un film, ovvero Il grande bluff, per riaffermare l’assurdità degli elementi di (non) novità presentati nell’istanza. E commenta così la richiesta di audizione da parte della difesa dei tre giornalisti Manti, Montolli e Monteleone: “Persone che da anni soffiano sul vento innocentista, senza garanzie di attendibilità”. Quasi gli viene da ridere quando aggiunge “ma poi si tratta di testimoni che dovrebbero venirci a dire cosa hanno saputo da testimoni, ma a quel punto sentiamo i testimoni!”.
Le citazioni (una anche sbagliata) dei film
Critica la richiesta di revisione di Tarfusser (di cui non riesce a pronunciare il cognome, “non sono abituato a parlare tedesco”) affermando che non era soggetto titolare del potere di chiederla.
Parlano infine gli avvocati della famiglia Frigerio (Adamo De Rinaldis) e quello della famiglia Castagna (Massimo Campa). Quest’ultimo regala alla corte la terza citazione cinematografica: “qui non è Inception, non c’è Leonardo DiCaprio a inserire dei ricordi nella testa di Frigerio”. Ricorda i pregressi: le minacce continue di Rosa e Olindo ai Castagna (“Ti strangolerò” a Carlo Castagna. “Ti ammazzo” a Raffaella). Le aggressioni fisiche. Quella volta in cui Rosa lanciò un vaso sul terrazzo di Raffaella che stava festeggiando il suo compleanno. Quella volta in cui lei e Olindo l’avevano seguita in macchina, da stalker quali erano. Ricorda che la tv (il riferimento alle Iene è chiaro) ha accusato Pietro Castagna di essere l’assassino. Afferma con trasporto che il movente dei Romano era un odio atavico, casalingo, tanto che la vendetta è stata consumata con armi casalinghe. “Il nuovo in questa richiesta di revisione non esiste”, dice. “Questa è commedia dell’arte, però tragica”. E la commedia dell’arte si chiude con l’ultimo atto, quello in cui l’avvocato di Azouz spiega che dovrebbe essere ascoltato il testimone Abdi Kais, ex compagno di cella di Azouz, pronto ad affermare che sì, c’era una guerra tra bande dedite allo spaccio, ma “Azouz non spacciava, però sapeva”.