il Fatto Quotidiano, 2 marzo 2024
Dagli artisti russi ai putiniani d’Italia: Zelensky ci dà ordini
In un’intervista al Corriere della Sera Volodymyr Zelensky ha dichiarato: “Sappiamo che in Italia ci sono tanti filo-putiniani, e anche in Europa. Stiamo preparando una lista, non solo riguardo all’Italia, da presentare alla Commissione europea. Riuscirete a zittirli?”.
È la prima volta che un Paese vuole imporre la censura non solo al proprio interno, ma anche nei confronti delle opinioni pubbliche, dei media, dei giornalisti stranieri. Questo non l’aveva fatto Stalin, non l’aveva fatto Mussolini, non l’aveva fatto nemmeno Hitler. Si perseguitavano certamente i fuoriusciti e magari anche li si accoppava (i fratelli Rosselli uccisi in Francia dai fascisti) ma si trattava di propri connazionali. Secondo il diktat di Zelensky un giornalista italiano, poniamo Travaglio o io o chiunque sia contrario alla sua politica, dovrebbe finire in gattabuia. Del resto la sua vocazione censoria il Presidente ucraino la esercita innanzitutto in patria, dove ha abolito ogni partito di opposizione e tacitato la stampa. C’è qualcosa di nazisteggiante in Zelensky e la sua cricca, il battaglione Azov insegna, ma ciò non vuol dire naturalmente giustificare l’aggressione di Putin che voleva, così diceva, “denazificare” l’Ucraina. Resta il fatto che l’Ucraina di Zelensky è un Paese totalitario, talmente totalitario che non solo mette la mordacchia ai propri giornalisti, ma vorrebbe metterla anche a quelli stranieri.
Del resto questa azione censoria Zelensky l’aveva già fatta, proprio in Italia, ottenendola, ordinando attraverso il suo ambasciatore Melnykche che agli artisti russi fosse impedito di lavorare. Diktat a cui alcuni sindaci si erano subito appecoronati, cancellando i concerti dei pianisti russi Denis Matsuev e Valentina Lisitsa e il balletto di Sergei Polunin. Zelensky voleva anche imporre il cartellone della Scala. Nel 2022 tentò di scardinarlo perché la prima era dedicata al Boris Godunov di Musorgskij e il basso era il russo Ildar Abdrazakov. Per fortuna intervenne Mattarella, che a mio avviso si sta rivelando un buon Presidente della Repubblica, presenziando a quella prima, cosa che non era affatto scontata, come a dire: non scherziamo. Neanche Dostoevskij è sfuggito alla tromboneggiante censura di Zelensky e, per un certo periodo, in Italia è stato proibito darne pubblica lettura. Insomma, a detta di Zelensky, noi dovevamo leggere Dostoevskij o Tolstoj o Puskin di nascosto, come il Mein Kampf di Hitler. Zelensky deve aver perso la testa, ammesso che l’abbia mai avuta. Perché? Perché è del tutto evidente che la Russia sta vincendo la guerra. Patetica è la seconda controffensiva di primavera che ha annunciato, che farà inesorabilmente la fine della prima. Ciò nonostante, l’Unione Europea, svuotando anche pericolosamente i propri arsenali, continua a sostenere l’Ucraina con armi e finanziamenti. L’ultimo è di 50 miliardi di euro. Molto più prudenti gli Stati Uniti, dove i conservatori si oppongono a dare all’Ucraina altri 60 miliardi di dollari, dopo averne elargiti, finora, 75. Le opinioni pubbliche europee, ma, come si vede, anche americane, sono stanche di questa politica che serve solo a esaltare il superomismo narcisista di Zelensky a scapito dei suoi stessi cittadini. Neanche gli ucraini sono più convinti di questa guerra a oltranza alla Russia se è vero, com’è vero, che otto milioni sono fuggiti all’estero.
E la brava Giorgia Meloni che fa? Ha ricevuto, sempre sul Corriere, un elogio formale di Zelensky e una reprimenda sostanziale perché l’Italia non sarebbe sufficientemente vicina all’Ucraina. Che fa? Tace, proprio lei che, di solito, è così attenta alla difesa della nostra identità e dignità nazionale. Non si può essere nazionalisti ed europeisti e nello stesso tempo superatlantisti, più atlantisti degli stessi americani che stanno mollando Zelensky al suo destino.