la Repubblica, 2 marzo 2024
Intervista ad Alexandra Rosati, figlia dell’ex br Adriana Faranda
Della madre ha lo sguardo. Due occhi neri neri che sembrano penetrare anche l’anima. Si chiama Alexandra Rosati in onore della rivoluzionaria marxista Aleksandra Michaijlovna Kollontaj, ha 53 anni, una figlia di 16 anni, Ottavia. E una cascata di capelli. È l’unica figlia dell’ex brigatista Adriana Faranda: la “postina” del rapimento di Aldo Moro e della strage di via Fani.Che alla fine dei 55 giorni si dissociò dai compagni perché non voleva che il segretario Dc venisse ucciso. Faranda è stata in carcere quindici anni. Il padre di Alexandra invece è Luigi Rosati, ex dirigente di Potere Operaio che di anni neha scontati due e mezzo.IncontriamoAlexandra in un ristorante di Roma: i marciapiedi sono ancora ricoperti di coriandoli. «Sono nata nel periodo di Carnevale – dice, – nonna organizzava semprela mia festa. Pure in quell’occasione non potevo essere me stessa, costretta da bambinaamettermi una maschera».Silenzio. Disagio.Ordiniamo qualcosa da bere? Ok. Cosa ricorda di quella mattina del 16 marzo del 1978? Abitava anche lei alla Balduina, non lontano dalla strage.«Di quel giorno non ho memoria, avevo solo otto anni. Però ricordo quando un anno dopo, di notte, vennero a cercare mia madre… Dormivo nel lettone con nonna Rosa, la madre di mamma. Sono cresciuta con lei, perché mia madre prima di diventare una latitante era stata in clandestinità per anni. E con mio padre si erano lasciati subito».Come fu quella notte?«Terribile. Ricordo ancora il freddo col pigiamino indosso e gli agenti che entravano in tutte le stanze».Fino a quel momento cosa le avevano detto su sua madre?«Bugie. Che mamma e papà vivevano a Milano. Ogni tanto arrivava un pacco: c’erano dei giochi. Il pacco lo preparavano nonna e zio Fabio, il fratello piccolo di papà che mi ha fatto da padre. È morto a 50 anni. Poi mi facevano anche scrivere delle letterine da spedire ai miei».Aveva dei sospetti?«Non potevo immaginare che mamma fosse una brigatista...Però avevo quella sensazione. Sa quando da ragazzini si scrive a Babbo Natale e uno pensa “Ma esisterà davvero?”».Ai suoi amici cosa raccontava?«Che i miei lavoravano all’estero. Poi quando mamma è stata arrestata, c’era poco da inventare...Non posso dimenticare la faccia delle madri quando venivano a casa a riprendersi i figli. Sul citofono c’era scritto:Faranda».Ma togliere il nome, no?«Come facevamo? Dovevamo cercare una vita normale. E se in parte quella specie di normalità l’ho respirata è grazie a nonna Rosa, tenera e accudente e a nonna Lilla, la madre di papà. Donna di temperamento. Era quella che a Natale portava i panettoni ai secondini. “Perché è meglio tenerseli buoni…”. Ma devo tanto anche a tutti gli zii che d’estate, nella casa di famiglia al Circeo, mi facevano sentire felice. Loro non giudicavano».A scuola con gli altri ragazzi?«Alle elementari fu difficilissimo. Le suore non riuscivano a creare alcun contatto con me. Poi mi ammalai:bronco-polmonite.Fu un periodo bellissimo! Ricomparve papà, uscito dalla clandestinità si sedeva sul letto e mi coccolava, mi leggeva le favole».Esterno Notte, la serie tv di Marco Bellocchio racconta il rapimento di Aldo Moro. C’è anche lei, bambina. Con chi l’ha vista?«Con mamma. Sedute una accanto all’altra».Nella serie, lei trova una pistola nel comodino.«Ho chiesto a mamma se fosse accaduto davvero. “Sì”, mi ha risposto. Ed è lì che ha deciso per la clandestinità. Aveva paura per me».A mamma è piaciuto Esterno Notte?«Sì, ma credo non si sia esposta per non dare un dispiacere ad Agnese Moro, la figlia di Aldo, che adesso – dopo un lungo percorso di giustizia riparativa cominciato nel 2010 – è diventata la sua migliore amica».Lei invece cosa ha provato?«Gratitudine. Ho pensato “Ma allora qualcuno si interessa anche di me!”.Negli anni, ho fatto un percorso anche io. Ho parlato spesso con i figli di vittime del terrorismo, ma il mio vissuto è diverso dal loro».Loro sono orfani.«Certo e il loro dolore io non lo posso neanche immaginare. Come dice mio padre, io un papà e una mamma anche se assenti li ho avuti. E li ho. Ma non ho avuto comunque una vita semplice. Non sa quante volte ho fatto colloqui di lavoro, prendevano informazioni e sparivano».Torniamo al giorno in cui sua madre venne arrestata.«Lo scoprimmo dai telegiornali: a casa tutti cominciarono a piangere mentre io saltavo di gioia, ero felicissima… Finalmente la rivedevo».Dopo quanto vi siete incontrate?«Non subito. E quando accadde, c’era il vetro a dividerci».Nello stesso carcere, andava a trovare sia mamma che papà?«Passavo dall’ala femminile a quella maschile di Rebibbia. A papà non sapevo che dirgli…Era un estraneo».Ora con papà come va?«Ho recuperato il rapporto, lui vive a Parigi. Ed è incredibile quanto ci assomigliamo, senza aver mai condiviso la vita insieme».E con sua madre?«Con mamma è stato più difficile...Provavo rancore. Poi, con gli anni, le cose sono migliorate».Cosa non le perdonava?«Non essere mai stata la sua priorità.Eppure, so che lei mi ha voluto davvero… Era rimasta incinta a 20 anni. Mamma e papà si erano conosciuti alla Sapienza. Erano belli, bellissimi, di buona famiglia. Questo per dire che, se volevano, potevano fare altre scelte riguardo a me. Invece sono nata e si sono sposati».I rapporti con sua madre?«Buoni.Maècomesefossesempre appesaaunfilochelalegaalpassato.È comesenonsiperdonassemai...Mamma èfragile.Papà,sehounadifficoltà,mi dicedisfogarmiconlui.“Mammaè stanca,Alexandra.S’èfatta15annidi carcere.Iosolodue,parlaconme”».E lei, Alexandra, che sogni ha?«Avere una casa tutta mia per viverci con Ottavia, l’amore della vita mia».C’è ancora del vino nel bicchiere«Ad Ottavia!».