Corriere della Sera, 3 marzo 2024
Tipografi e librai diventati editori. Storie d’intraprendenza e d’ingegno
Lettere, verbali, pareri, bollettini, cataloghi, bilanci, collane, copertine, risvolti. E libri, naturalmente. Sono la materia di cui è fatto il saggio di Tommaso Munari L’Italia dei libri, pubblicato da Einaudi, una storia dell’editoria italiana in dieci casi di studio in cui il ricercatore – che ha lavorato a lungo soprattutto negli archivi dello Struzzo curando i due volumi dei Verbali del mercoledì, la raccolta Centolettori. I pareri di lettura dei consulenti Einaudi e pubblicando il saggio L’Einaudi in Europa – ricostruisce alcune delle tappe fondamentali di un’attività a cui non si può attribuire una data di nascita precisa, ma soltanto un percorso di emancipazione da due mestieri connessi, eppure assai diversi: il tipografo e il libraio. Nel corso dell’Ottocento, infatti, l’impresa editoriale subisce un’evoluzione che la porta ad essere sempre di più quello che noi oggi conosciamo, segnando il passaggio dalla tipografia, dalla stamperia all’editoria come attività imprenditoriale, portatrice di un progetto culturale.
Munari la ricostruisce attraverso le vicende di dieci case editrici – Treves, Zanichelli, Bemporad (ora diventata Giunti), Hoepli, Laterza, Mondadori, Einaudi, Feltrinelli, Adelphi e Sellerio – che hanno contribuito, in momenti e modi diversi, all’unificazione di un Paese su cui a lungo hanno pesato la scarsa o nulla alfabetizzazione (nel 1861, il 78 per cento della popolazione non sapeva leggere, con picchi del 90 nelle isole) e il prevalere dei dialetti.
Le loro storie non esauriscono naturalmente l’intero panorama delle imprese editoriali italiane, ma sono state scelte perché ciascuna rispecchia in qualche modo i cambiamenti della società, i processi dell’industria, la storia, e la costruzione dell’identità nazionale, dall’Unità d’Italia all’inizio del nuovo millennio. Si comincia dal 6 ottobre 1878 quando, a Milano, «in un trionfo di redingote, cilindri e baffi a manubrio», editori, scrittori, politici, giuristi, si riuniscono per discutere la questione del diritto d’autore. Al congresso, introdotto dalla relazione di Emilio Treves, erano presenti tutti i più importanti editori dell’epoca, nomi che ancora oggi significano molto, come Zanichelli, Paravia, Loescher, Sonzogno, Ricordi, Hoepli. Si arriva alle Edizioni Esse di Palermo che nel 1971 pubblicano Palermo in tasca di Anna Pomar, una guida che, oltre a proporre itinerari folcloristici, artistici e gastronomici, si propone di soddisfare esigenze bizzarre, come dove andare per farsi predire il futuro o dove far toelettare il cane. Chi erano le edizioni Esse? Munari risponde con un rigo di una lettera: «In parole povere mia moglie ed io» scrive a Mino Maccari Enzo Sellerio che nel 1969 fonda la casa editrice con Elvira Giorgianni, sotto l’egida di Leonardo Sciascia.
In mezzo c’è oltre un secolo di autori, cultura, mercato. C’è Roberto Bemporad che rileva la Paggi (editrice di Pinocchio) con il figlio Enrico, il quale riesce a «trasformare una piccola impresa a gestione familiare in una società anonima con filiali e librerie in mezza Italia», tenendo al centro i sillabari e le grammatiche della «Biblioteca scolastica» varata da Paggi e creando un’apposita collana per «i libri di lettura».
Ci sono gli accuratissimi «Manuali Hoepli» (il primo risale al 1875) inventati dal giovane Ulrico, svizzero tedesco che a 23 anni acquista una libreria nel centro di Milano. E siccome, almeno fino alle soglie del Novecento, prima di potersi sedere a una scrivania, occorreva aver trascorso un certo periodo di tempo dietro un bancone di libreria, comincia così anche la storia di Laterza, ricostruita nelle sue origini attraverso i cosiddetti copialettere, cioè i libri commerciali.
Per ogni capitolo Munari sceglie un particolare, uno spiraglio dal quale guardare la storia del marchio, i suoi rapporti con gli altri editori e il contributo dato alla crescita generale del Paese: le cinque collane di romanzi a basso prezzo destinate alla vendita in edicola di Mondadori; la saggistica storica e scientifica di Einaudi; l’importanza (per entrambi) delle traduzioni. E poi l’editoria scolastica di Zanichelli e quella militante di Giangiacomo Feltrinelli; la nascita di Adelphi ricostruita attraverso l’agendina di Luciano Foà del 1962, una miriade di titoli «talmente disparati da sembrare casuali», segnale, comunque, di un’intenzione precisa: seguire il poco noto.
C’è questo e molto altro nell’Italia dei libri, perché il lavoro di Munari è rigoroso e documentatissimo, pieno di piccole chicche storiche, trovate negli archivi e restituite al lettore con un tono affabulatorio che evita ogni pedanteria, capace di trasformare i fatti in avventure.