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 2024  marzo 03 Domenica calendario

Forti tornerà in Italia

Quando un anno e mezzo fa vide Chico per la prima volta, Andrea Di Giuseppe gli disse: «Se vuoi mi occuperò del tuo caso ma devi farmi un favore: devi far sparire dal tuo vocabolario la parola “innocente”. Se punti tutto su quello li fai solo incazzare perché per gli Stati Uniti tu non sei innocente. Ci stai?».
Quello spilungone infilato nella sua divisa azzurra da carcerato non si aspettava una richiesta del genere. Ma ci mise un solo istante a sciogliere il nodo. «Sì, ci sto».
Innocente o non innocente, oggi Enrico Forti – per tutti Chico, classe 1959 – è più vicino all’Italia di quanto lo sia mai stato in questi ultimi 24 anni di detenzione in Florida, a Miami, dove sta scontando una condanna all’ergastolo per omicidio. Due giorni fa, appena ha saputo dalla premier Giorgia Meloni che era stato autorizzato il suo trasferimento nel nostro Paese, ha chiamato in lacrime l’ormai amico Di Giuseppe, che poi è il deputato di FdI eletto nella circoscrizione Nord e Centro America. Lui era a casa accanto alla moglie, Federica.
La chiamata dal carcere«Andrea, Federica ce l’abbiamo fatta! Mi avete salvato la vita» ha farfugliato Chico in viva voce dal carcere. Farfugliato è la parola giusta perché «non era in sé dall’emozione, un vero e proprio stato confusionale», dice il suo interlocutore.
Tempo massimo consentito per la chiamata: 30 minuti. Come si fa a far stare in 30 minuti tutto il batticuore di un momento che aspettava da 24 anni? «Ma vi rendete conto? Posso finalmente sperare di tornare a vivere di nuovo per il pezzetto di vita che mi rimane...». Poi il resoconto della telefonata con la presidente del Consiglio Giorgia Meloni: «È stato incredibile», racconta lui ai due amici. «Il capo della penitenziaria mi chiama da parte e mi fa: devi andare in quell’ufficio chiuso».
Lo scenario è quello di un carcere di massima sicurezza. Lui non nasconde che a un certo punto ha perfino pensato «oddìo, e adesso che succede?». Ma entra «e c’è questa stanza con un telefono che squilla. Io rispondo e la voce dall’altra parte mi dice che è Giorgia Meloni. Non l’ho nemmeno fatta parlare e ho cominciato a dirle che la ringraziavo molto per quello che lei e tutti voi stavate facendo. L’ho riempita di parole, le ho detto che le sarei stato per sempre grato in qualunque modo fosse andata a finire. Lei mi lascia parlare e alla fine mi dice: il governatore ha appena firmato l’ordine di trasferimento. E lì sono crollato dall’emozione».
I canederli e il caneAgitato e felice, Chico Forti prova perfino a immaginare una vita fuori dal carcere. «La prima cosa che voglio fare appena sarà possibile è abbracciare mamma e fare i canederli a Trento per voi che siete diventati la mia famiglia», osa fantasticare con Di Giuseppe e sua moglie. In questi anni di cella, speranze e delusioni, lui è diventato trainer di golden retriver e quei cani sono molto più di un impegno per arrivare a fine giornata; sono la sua ancora di salvezza. Ma ogni volta, chiuso l’addestramento, quando l’affetto e l’empatia sono al massimo, gli tocca lasciar andare l’«amico» di turno. E arrivano giorni bui di depressione. Proprio lui, che – dice chi lo conosce da sempre – non sa cosa significhi arrendersi.
Non si è mai arreso a quella parola, ergastolo. Tra l’altro nella forma più dura che prevede il vero «fine pena mai», cioè uscire dal carcere soltanto da morto. Che cosa succederà adesso attiene a regole, burocrazie e accordi internazionali. Ci vorranno alcune settimane prima che un volo lo porti in Italia dove dovrebbe, almeno per un primo periodo, finire comunque in carcere.
Una vita esagerataSe dovessimo riassumere in una parola la vita di Chico Forti diremmo «esagerata». È come se nei suoi 65 anni quest’uomo avesse vissuto tante vite tutte assieme, ciascuna (perfino quella in carcere) piena di storie da raccontare.
Nato e cresciuto a Trento, si inoltra a vent’anni nell’arte del windsurf. Fra i 20 e i 28 partecipa a campionati europei, si fa notare in competizioni nazionali, si inventa la prima rampa di salto per windsurf sul lago di Garda, partecipa alla coppa del mondo... Il tutto vagando fra l’Italia, l’Europa, le Hawaii, la California, il Giappone...
Nel 1987 un incidente automobilistico ferma la sua carriera agonistica. Ma lui passa oltre e diventa produttore di filmati di sport estremi. Nel 1990 succedono due cose importanti: crea una casa di produzione che trasmette su Super Channel raggiungendo 110 milioni di spettatori e partecipa al quiz tv Telemike sulla storia del windsurf. Vince, e con i soldi della vincita si trasferisce negli Usa. Divorzia dalla moglie italiana e sposa la modella Heather Crane, dalla quale ha tre figli.
I fattiIl 1998 è l’anno che gli cambia la vita. Dale Pike viene trovato morto su una spiaggia di Miami e lui viene accusato dell’omicidio. La vicenda giudiziaria è intricatissima. In sintesi, il morto è il figlio di un uomo dal quale Forti stava comprando un hotel a Ibiza. L’ipotesi dell’accusa è che lo abbia ucciso perché voleva «interferire con i suoi piani di acquisire l’hotel, in modo fraudolento, dal padre demente». Forti nega da sempre. Sul suo sito (chicoforti.com) viene passato al setaccio ogni punto dell’inchiesta, del processo, della condanna e dei personaggi di questa storia. E lui da mesi dorme un’ora e mezza a notte per scrivere un libro che racconta la sua vita. La parola fine la scriverà in Italia.