Corriere della Sera, 2 marzo 2024
Pietro Leemann, lo chef che lascia il suo ristorante per farsi monaco
«Sto pianificando la mia scomparsa, il mio ritiro nella foresta», aveva detto quattro anni fa esatti a Cook Pietro Leemann, con quel tono saggio e magnetico che lo contraddistingue. Ora il momento è arrivato, ma non sarà un ritiro inoperoso quello dello chef svizzero classe 1961, il primo ad aver puntato, in tempi non sospetti, su un ristorante di alta cucina vegetariana – il «Joia» di Milano – che dal 1996 mantiene salda la stella Michelin. Leemann accompagnerà ancora per un anno Sauro Ricci e Raffaele Minghini, i suoi due sous chef che hanno rilevato il ristorante e si stanno preparando a condurlo in autonomia. E dal 2025 si trasferirà definitivamente in un luogo al quale sta lavorando da tempo, una «comunità spirituale» a 900 metri di quota, in Svizzera, vicino alla località Centovalli, dove vivrà da monaco krishnaita.
Che cosa significa che vivrà da monaco, chef?
«Sono già monaco in città, presto sarò monaco in una comunità, Raxa. Un monaco è una persona che ha fatto delle scelte ascetiche: io vivo già secondo i principi della libertà della mia religione, e cioè sono vegetariano, non bevo alcolici, non consumo droghe, non consumo bevande eccitanti come il caffè, non gioco d’azzardo e trasformo l’energia sessuale in energia spirituale, in una forma d’amore più alta. Vivrò allo stesso modo, ma all’interno di una comunità, insieme alla mia compagna Rachele e ad altre persone che stanno lavorando al progetto. Siamo un gruppo internazionale».
E ci saranno dei ristoranti, a Raxa?
«Sì, la comunità sarà aperta al mondo e alle altre religioni. Chiunque potrà venire, meditare e pregare con noi, restare un giorno, o sei mesi, oppure per sempre. Apriremo due ristoranti: uno più semplice, una cucina vegetariana di montagna, e uno più “alto” all’interno del tempio, dove si farà una vera e propria “cucina dei templi”. Qui il cibo verrà accompagnato da un’esperienza, da un insegnamento, da una ritualità. Gli alimenti serviti saranno tutti biologici, molti prodotti nel villaggio o raccolti lì attorno. La trasformazione del cibo sarà il più semplice possibile, i gusti molto puliti, l’utilizzo di spezie ed erbe aromatiche avrà uno scopo, come nell’Ayurveda. Il cibo sarà focale a Raxa, perché è un viatico per la trascendenza, cioè il collegamento con Dio attraverso la meditazione. Avremo anche un allevamento di mucche da latte, che verranno ingravidate ogni 5-6 anni, non ogni anno come succede di solito, rispettando la loro natura. I visitatori potranno vedere la fattoria. E non mancherà una scuola di cucina dei templi, in cui anche io insegnerò».
Come si sosterrà la comunità?
«Con l’affitto delle camere agli ospiti, i ristoranti, la vendita di prodotti e manufatti, le donazioni. Ci sarà anche un collegamento, uno scambio di persone, tra Raxa e il “Joia”. Cene a quattro mani, eventi e occasioni di incontro. Anche il negozio biologico Biosfera, che ho aperto con mia figlia Vera a Locarno, sarà una fonte di sostentamento per la comunità. La ragione sociale del villaggio sarà una fondazione, non avremo scopo di lucro: i proventi di tutte le attività serviranno a sostenere la vita del villaggio».
Perché ha fatto questa scelta di vita?
«Sono entrato in una nuova fase: il “Joia” era un business, ora porto la mia conoscenza al servizio di uno scopo spirituale. Raxa in sanscrito vuol dire “autenticità”, ma anche “dharma”, ordine cosmoetico. Sarà un villaggio amico della natura, degli animali, delle persone. Il fondamento sarà il rispetto e l’intenzione di insegnare ad altre persone la meditazione, lo yoga, le pratiche per togliere orpelli e sovrastrutture e provare a connettersi con la parte più profonda, e amorevole, di noi stessi. Viviamo in una società che ci prende molte energie e ce ne lascia poche per stare dentro di noi: in realtà sarebbe quello introspettivo, intimo, il nostro stato originale».
Lo si raggiunge attraverso la meditazione?
«Sì, in comunità mediteremo dalle 4 del mattino, per diverse ore: attraverso la preghiera e la recitazione dei mantra si vincono i condizionamenti che ci costringono ad agire come non desideriamo. Così ci si collega a Dio. È esattamente quello che diceva Dante: il moto d’amore, la comunione amorevole verso ogni essere».
Al «Joia» cosa succederà?
«Sauro e Raffaele lo porteranno avanti con linfa nuova, io ormai appartengo a un’altra generazione. Continueranno a cucinare cibo vegetariano rispettoso, buono, riconoscibile, goloso, avvolgente, trasformato con sapienza in tutti i suoi passaggi».