Corriere della Sera, 2 marzo 2024
Sette elettori del M5s su dieci vogliono l’asse col Pd
Le elezioni regionali sarde hanno segnato la vittoria, di un soffio, dell’esponente del centrosinistra, la pentastellata Todde, sull’avversario di centrodestra. Una vittoria quasi miracolosa, rispetto alla quale ci si interroga se sia solo un segnale locale o invece segni lo spirare di un vento nuovo che può coinvolgere il livello nazionale. Se si guarda ai numeri, risulta evidente che il centrosinistra ha vinto nel voto maggioritario (grazie alla capacità attrattiva di Todde ma anche al voto disgiunto che ha penalizzato Truzzu, come dimostrato dall’analisi dell’Istituto Cattaneo), ma ha perso nel voto per i partiti. E quindi, tenendo conto che le Europee hanno un sistema di voto proporzionale e che il sistema elettorale per le Politiche è un sistema misto che privilegia il voto proporzionale, è improbabile che il centrosinistra possa avere concrete chance di vittoria.
Tuttavia, è a nostro parere evidente che la vittoria sarda possa avere un’importante ricaduta emozionale (come ha osservato Giovanni Orsina), che determini un cambio di clima tra gli elettori di centrosinistra, da tempo abituati alle sconfitte. E questo non va sottovalutato: ad esempio potrebbe essere un elemento importante per le prossime elezioni in Abruzzo, dove certo non è previsto il voto disgiunto, ma dove, come per ogni elezione regionale non accompagnata da altre, conta la capacità di mobilitare i propri elettori, fattore che in questo caso potrebbe favorire il centrosinistra, se appunto il suo elettorato sarà, come sembra possibile, più ottimista e mobilitato.
L’importanza delle elezioni sarde è testimoniata dall’attenzione con cui sono state seguite: pur trattandosi di elezioni locali, il 70% dei nostri intervistati ha seguito i risultati, in maniera trasversale in tutti gli elettorati, con l’acme tra gli elettori democratici (dato tipico, qui ci sono elettori con titolo di studio più elevato e grande attenzione alle vicende politiche).
Di queste consultazioni ha colpito molto l’incertezza dei risultati, un testa a testa che abbiamo visto raramente, fino all’ultimo voto e all’ultimo seggio scrutinato; quindi, la partecipazione ridotta (ma senza un calo importante rispetto alle consultazioni del 2019); e naturalmente la vittoria non scontata della candidata di centrosinistra.
Molta incertezza sul futuro della coalizione di centrosinistra: il 30% pensa che si tratti di un risultato locale non esportabile, altrettanti non sanno esprimersi, mentre il 40% ritiene che l’alleanza Pd- M5S possa consolidarsi anche a livello nazionale. Decisamente più convinti di ciò gli elettori del Pd (79%) e del Movimento (70%), a testimonianza che l’ipotesi di una maggiore mobilitazione dell’elettorato di quest’area non sia forse campata per aria nonostante gli elettori delle due forze politiche, assai complementari in termini di caratteristiche socio-demografiche e territoriali, esprimano posizioni diverse su svariati temi del dibattito politico.
Le ragioni della sconfitta del centrodestra vengono equamente ripartite tra l’effetto della cattiva performance del precedente governo regionale e la perentoria decisione di Giorgia Meloni che ha imposto un candidato risultato poi non sufficientemente gradito dagli elettori (il voto della città di Cagliari, di cui Truzzu è sindaco, lo evidenzia plasticamente), il 33% opta per la prima motivazione, mentre il 32% per la seconda. Ma, a segnalare il clima non proprio idilliaco tra gli alleati di governo, è il fatto che tra gli elettori di Lega e Forza Italia, l’attribuzione di responsabilità a Meloni arriva al 46%.
E che l’aria che tira possa segnare un cambiamento di clima è testimoniato dal fatto che il 41% pensa che questi risultati possano avere una ricaduta nazionale, contro solo il 27% che li relega a livello locale. Aspettativa forse eccessiva, come detto in apertura, ma che continua a sottolineare un ottimismo (della volontà, certo, ma pur sempre tale) prevalente tra gli elettori delle due forze vincenti in Sardegna. E con qualche preoccupazione anche tra gli elettori di Lega, FI e Noi moderati.
Meno consistenti le possibili ricadute sulla compagine di governo: il 25% non ne prevede, il 32% pensa che saranno marginali, solo il 19% crede che ci sarà un effettivo indebolimento del governo. Insomma, sembra che qualcosa si stia muovendo nell’elettorato di centrosinistra. Schlein ha parlato di «prima reconquista». Tra pochi giorni, il 10 marzo, vedremo se l’Abruzzo confermerà o meno il soffiare di questo vento.