il Fatto Quotidiano, 28 febbraio 2024
La rivincita del cinema d’autore
“A h… anche critico cinematografico!”. Ve la ricordate la signorina Silvani lodare nel seminale Fantozzi del 1975 la vena poetica del ragionier Ugo, con tanto di delicatissimo sputo a corredo? Cinquant’anni più tardi, l’originario “Ah… anche poeta!” deve cambiare di professione, per assecondare il palato fino che l’uomo medio s’è scoperto nelle ultime settimane per la Settima Arte.
Se “critici si nasce, artisti si diventa, pubblico si muore”, l’andamento del box-office minaccia di squassare la consolidata consecutio temporum di Achille Bonito Oliva, provvedendo la rinascita del pubblico o, se preferite, la morte della critica cinematografica quale mestiere, a favore di una competenza largamente diffusa.
Quale fosse l’aria che tira l’ha capito prima di tutti il finlandese Aki Kaurismaki, che nel suo Foglie al vento ha inserito una gustosa sequenza metacinematografica e vieppiù metacritica. La coppia protagonista va al cinema a vedere, con specchiata metafora sociologica, I morti non muoiono, lo zombie-movie di Jim Jarmusch del 2019.
All’uscita, e qui Aki se la ride di grosso, gli spettatori si lanciano in simmetrie critiche spericolate: c’è chi vi ravvisi Diario di un curato di campagna di Bresson, chi intenda Bande à part di Godard, e pare di essere al Quattro Fontane di Roma. Annichiliti come tanti altri corpi intermedi i recensori a mezzo stampa, lo spettatore una volta comune ora si compiace del proprio incipiente gusto artistico, non si cura del monito di Bob Dylan: “Non criticare ciò che non puoi capire”, e si vota in tutto e per tutto alla qualità per immagini e suoni.
Argute disamine a schermo ancora acceso, appassionati conciliaboli sul marciapiede, dirimenti osservazioni consegnate ai social, il ceto medio riflessivo rivendica una inusitata vocazione maggioritaria, decidendo fortune e disgrazie al botteghino.
Se fare prigionieri non è contemplato, il fuoco amico è addirittura incentivato: il cinepanettone corrivo è esecrato, schifata la commedia ridanciana, stigmatizzate le due camere e cucina con vista gasometro, e se C’è ancora domani, il campione d’incassi (oltre 36 milioni di euro) di Paola Cortellesi, quel domani non è per tutta l’italica schiatta.
Hai capito il pubblico intellettualmente ringalluzzito de noantri, che tigna?
Non più autarchico, giammai sovranista, inveterato esterofilo, il catone nazionale si lega mani e piedi al francofono d’essai, giubilando antichi amori, dai Ficarra e Picone di Santocielo alla trinità Favino-Mastandrea-Servillo nell’Adagio di Sollima, cassando dispendiosi sforzi produttivi, quali Finalmente l’alba di Saverio Costanzo, rimbalzando sortite romantiche, ossia Romeo è Giulietta di Giovanni Veronesi, atterrando esordi illustri, Volare di Margherita Buy, e crocifiggendo film d’autore in assenza d’autore, Te l’avevo detto di Ginevra Elkann.
L’appetito vien vedendo, e nulla è impossibile allo spettatore neo-competente: issare in vetta alla classifica Cinetel degli incassi un ottuagenario maestro giapponese dell’animazione? Fatto: Il ragazzo e l’airone di Hayao Miyazaki, arrivato a strepitosi sei milioni e 800 mila euro. Resuscitare un cineasta tedesco che ha sparato i colpi migliori – Paris, Texas, Il cielo sopra Berlino – nei lontani anni Ottanta? Fatto: Perfect Days di Wim Wenders, beneficiato di oltre cinque milioni di euro e 768 mila ingressi.
Cavalcare, tra una copula di Emma Stone e un saggio di Emerson, l’autodeterminazione femminile ammannita da un regista greco? Fatto: Povere creature! di Yorgos Lanthimos, invero munifiche di oltre otto milioni. Plaudire l’intimismo strappalacrime di una sconosciuta coreo-americana? Fatto: Past Lives di Celine Song, che ha già travalicato i due milioni. Esaltare l’anomalo e lancinante film sull’Olocausto di un raffinato filmmaker britannico? Fatto: La zona d’interesse di Jonathan Glazer, sul podio con un milione di euro rastrellato in pochi giorni.
E che dire
di una fantascienza umanista capace di conquistare il botteghino già con le anteprime serali del 27 febbraio? Fatto: Dune – Parte Due di Denis Villeneuve, con i divi fluidi Timothée Chalamet e Zendaya.
Insomma, qui si rischia consapevolmente di superare il midcult, facendo dell’alta qualità un largo consumo che nemmeno il latte. Durerà, e quanto, questo desiderio di sentirsi migliori alla modica cifra di un biglietto cinematografico o si estinguerà come la cara vecchia celluloide al fuoco? Sperare non costa nulla, e dunque osiamo: La corazzata Potëmkin, che nel 2025 compie cento anni, lo riportiamo in vetta al botteghino?