Domenicale, 28 febbraio 2024
Sulle differenze storiche tra poveri e ricchi
Nel 2020 l’1% degli italiani deteneva il 22% della ricchezza nazionale privata, mentre al 5% andava il controllo del 40 per cento. Sette secoli prima, intorno al 1300, le percentuali rilevabili in vari centri della penisola erano sostanzialmente analoghe. Che cosa è accaduto durante questi lunghi secoli? Da anni, sulla scia delle indagini sull’Otto e Novecento di noti economisti come Thomas Piketty, Guido Alfani, docente alla Bocconi, conduce e coordina ricerche sulla diseguaglianza economica nell’Europa preindustriale. In questo volume, di prossima uscita in italiano per Laterza, le sintetizza in modo vivace, offrendo un panorama che va dall’antichità al presente e si concentra sui super-ricchi.
La tendenza della diseguaglianza economica a crescere nel tempo non è recente, ma non è neppure inevitabile. Prima del conflitto mondiale del 1914-18, solo la Peste Nera del 1348, che falcidiò oltre un terzo della popolazione europea, ebbe l’effetto di appianarla. Non così le molte epidemie cinque e seicentesche, compresa quella manzoniana. Se ne deduce che, al contrario di quanto sostenuto dal premio Nobel Simon Kuznets, fondatore di questo ramo di studi, la diseguaglianza può aumentare anche in periodi di stagnazione economica, come infatti avvenne nel Seicento. Inoltre, a determinarne il corso non sono le calamità naturali bensì le politiche fiscali e i regimi successori adottati dalle élite al potere.
Questi risultati impongono che all’analisi dei dati quantitativi si affianchi quella dei valori e dei presupposti ideologici che man mano hanno guidato tali politiche. Alfani ricorda, per esempio, come nel Quattrocento fu la legittimazione culturale dei profitti tratti da operazioni finanziarie a consentire a famiglie prive di pedigree, quali i Medici, di scalare i vertici dello Stato. Ma proprio a Firenze e in altre città governate da oligarchie di nuova estrazione, il divario economico crebbe ancor più che nelle terre di antico dominio feudale.
Le fonti utilizzate (rilevazioni fiscali e, per i periodi recenti, liste di milionari) spingono Alfani a definire le élite in termini esclusivamente economici. Ciò gli permette di fare interessanti confronti tra il peso dei vari settori (commercio e industria, immobiliare, finanza) sui patrimoni dei super-ricchi in diversi Paesi e momenti storici. Ma questa definizione lo induce a trascurare altri aspetti importanti legati alla composizione sociale delle élite. Perché a duecento anni dalla Rivoluzione francese non a tutti è data la medesima opportunità di arricchirsi? Perché le disponibilità economiche non azzerano i pregiudizi? Nel 2013, durante una pausa dal World Economic Forum a Davos, la miliardaria afro-americana Oprah Winfrey entrò nel negozio di Louis Vuitton: le fu detto che una borsa da 38mila dollari non era alla sua portata.
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Guido Alfani
As Gods Among Men: A
History of the Rich in the West
Princeton UP, pagg. 440, $ 35