Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2024  febbraio 28 Mercoledì calendario

Intervista a Giancarlo Magalli

«A 4 anni papà, ispettore di produzione nel cinema, mi portava sul set, le maestranze mi spupazzavano, di notte mi facevano il lettino. In braccio ad Ava Gardner, sulle ginocchia di Bogart. I macchinisti mi dissero: “Vedi quella bella signora? Si chiama Gina, mostrale il cosino!”. Innocente, andai. Era la Lollo».
A 5 fu spedito a scuola.
«Mamma non vedeva l’ora che mi levassi di torno. Mi presero alla Montessori, a quei tempi sembrava un posto strano, la gente pensava fossi un po’ scemo. “Poverino, avrà qualcosa che non va”. Mi innamorai di Antonia, figlia di Anna Proclemer e Vitaliano Brancati, la trovavo bellissima. Passavo a trovarla ogni pomeriggio. Anni dopo Anna mi chiese: “Perché stavi sempre a casa mia?”».
Liceo dai padri gesuiti.
«Al Massimo, con Mario Draghi, Luca Cordero di Montezemolo e Luigi Abete. Mario era secchione, però simpatico e passava i compiti. Non partecipava all’organizzazione del casino ma ci si divertiva molto. A ricreazione, gli altri avevano la pizzetta, io portai il fornelletto da campeggio con un pentolino e cucinavo i ravioli all’ultimo banco. Una volta il bidello, carabiniere in pensione, molto strabico, mi rimproverò. Risposi: “Mi stupisco di lei, maresciallo, un uomo di così larghe vedute”. Mi fece sospendere. Da allora fu per tutti “Larghe vedute”».
Cacciato per un cartello.
«Per saltare un compito in classe, sigillai l’aula col nastro adesivo e appesi un finto cartello del Comune: “Chiuso per disinfestazione”».
Fu scoperto.
«Il figlio del segretario, in classe con me, fece la spia».
Finì al collegio Nazareno.
«C’erano Verdone e De Sica, di un anno più piccoli di me, fu come entrare in un cinepanettone. Io presentavo gli spettacolini, Carlo imitava perfettamente preside e professori. Christian all’inizio era un po’ montato, arrivava con la Mercedes e l’autista. Grassoccio, veniva preso in giro. Quando passava, gli cantavano canzoncine oscene: “De Siiica, De Siiica del b..., vaffan…”. E lui: “Volgari”».
Addio posto fisso.
«Papà smise con il cinema, mestiere troppo aleatorio, diventò direttore di una compagnia di assicurazioni, mi voleva con lui. “Nella vita ci si può divertire a guadagnare i soldi o a spenderli”. Non ne volevo sapere. Mi presentò a Gianni Buffardi, marito di Liliana De Curtis, figlia di Totò. Mi presero come segretario di produzione. Con Totò ho fatto tre film. Un vero principe. Già anziano, quasi cieco. Edoardo, il cugino-segretario gli indicava dov’era la sedia. In scena però si muoveva veloce, sembrava ci vedesse benissimo».
Da attore in «Nerone».
«Ero un senatore romano, parlavo imitando l’accento del presidente Giovanni Leone: “Onorevoli colleghi, vi richiamo alla dignità dell’Aula”. Lo conoscevo perché i figli venivano al Nazareno. Girammo alle Terme di Caracalla, d’inverno, in tunica, un freddo».
Bandiera Gialla.
«Il mio vicino di casa era Gianni Boncompagni, faceva il fotografo. Lo aiutai a entrare in radio. Cercavano un conduttore per il programma. “Conosco un toscano che fa per voi”. Come assistente musicale presero Renzo. Io dirigevo il pubblico e imitavo Ruggero Orlando, Ugo Zatterin, Corrado, Mike. Dovevo esserci pure ad Alto Gradimento ma arrivò la cartolina rosa per la leva militare. Quando tornai ero disoccupato. Mi ricordai di un tizio che stava aprendo un villaggio vacanze, diventai il primo animatore».
Fiorello fu un suo allievo.
«Facevo lezioni al Valtur di Ostuni. Lui è rimasto quello. Simpatico animatore che canta, fa parodie, inventa putt…te tipo il ballo del Qua Qua».
Ancora su Boncompagni.
«La persona più importante della mia vita. Oddio ora si ingelosisce Michele Guardì. Ridevamo come matti, aveva un’ironia unica. Lavorava pochissimo, però metteva sempre la sua zampata».
Raffaella Carrà.
«L’avevo incontrata a Cortina, girava Il colonnello Von Ryan con Frank Sinatra. Poi, si è fidanzata con Gianni, le affittai casa mia. Per lei quello che contava era il lavoro, il resto era perdita di tempo. Se le eri utile ti voleva anche bene. Era scomparsa, le ho scritto un programma che l’ha resuscitata. Si fece prendere la mano. “L’hai invitato il Papa?”. “Non credo che verrebbe”. “Come fai a saperlo, se non glielo chiedi?”».
Pippo Baudo.
«Lavorare con lui è stato come una laurea. Un amico, un fratello. A Papaveri e Papere scoprimmo che la coppia funzionava. Sempre in video, avevano creato il Pippometro. Ero la sua “zanzaretta”, lo rimproveravo: “Stai fermo con quelle braccia!”. Intelligente, si lasciava prendere in giro».
Lei ha fama di cattivo.
«Io? Mai stato in vita mia. Guardì dice che per una battuta venderei mia madre. Però non ho mai litigato con nessuno, a parte l’innominabile».
Adriana Volpe.
«Ci ha campato per un sacco di tempo. Ma l’ho cancellata dalla vita e dalla memoria».
«Pizzardone» onorario.
«Ho cominciato da vigile semplice, sto per diventare vice-commissario. Non ho poteri e non mi pagano, scrivo le multe ma le firmano i colleghi. La gente pensa che i vigili stiano sempre al bar, falso».
Il tipico spirito romano.
«Eccolo. Due tizi litigano in strada. Uno grida: “Te stacco le braccia e te ce meno”».
Trent’anni a I Fatti Vostri, ora ha solo una rubrica.
«Sono stato male e quando sono tornato i miei programmi li avevano dati ad altri. Dopo 60 di militanza – con Arbore sono l’unico mai andato a Mediaset – mi aspettavo di più. Mica chiedo il sabato sera di Raiuno, bastava una seconda serata. Ri-lavora Renzo, più vecchio di me, torna pure Chiambretti, i giovani virgulti non funzionano, con certi c’è accanimento terapeutico».
Intende mica Cattelan?
«Lo dice lei».
Ce l’ha con la Rai?
«La parte sana dell’azienda sono quelli che ci lavorano, artisti e tecnici. Le magagne sono a viale Mazzini, con ‘sti pori dirigenti che cambiano di continuo. Arrivano che non sanno dove mettere le mani, appena imparano, li levano».
Siamo in era meloniana.
«Di Giorgia sono amico, ho foto con lei che ci baciamo e ci abbracciamo, però non chiedo niente. Non mi piace mendicare. Le ho solo domandato: “Con chi potrei parlare?”».
Risposta?
«Mi ha dato il numero di Giampaolo Rossi. Ho chiesto un appuntamento. Mi ha ignorato. Idem Angelo Mellone. “Eh, ricevo 150 richieste al giorno”. Meritavo più rispetto. Ne ho visti decine andare via. Un dg dei meno formidabili, a cui feci un’osservazione, sibilò: “Da quanti anni lavora in Rai, Magalli?”. “Da 18 dg. E ne vedrò altri”. Muto».
Si candida per Sanremo?
«È matta? Sarà una trappola mortale, dopo 5 anni di trionfi con Amadeus. Un punto di share in meno e scriveranno che è stato un flop. Alcuni che si propongono lo hanno già fatto ed è andato male, perché insistono? Il Festival è come la prima notte di nozze: se vai bene, hai fatto il tuo dovere. Se vai male, te lo rinfaccerà tutta la vita».