il Fatto Quotidiano, 27 febbraio 2024
Processate i congiuntivi di Vannacci, non le sue idee
Il generale Roberto Vannacci – al netto degli eventuali conti spese taroccati – andrebbe processato per l’uso improprio del congiuntivo e forse anche del sorriso saccente, ma non per le sue idee. Che per quanto bislacche, sono gramigna del suo orto, se l’è coltivate in proprio, le ha trascritte, pubblicate in 700 mila copie vendute. Ragion per cui (forse) se le sogna anche quando, dismessi il fucile d’assalto e i pedalini, ci va a nanna. Buon per lui: se le merita, così come la molesta adolescenza si merita i foruncoli e il rancoroso pregiudizio l’ulcera.
Tolleranza vuole che le idee siano sempre legittime, persino le peggiori, almeno fino a quando non diventano la persecuzione del prossimo, trasformato in preda dallo strapotere di una forza politica, religiosa, militare. E dunque pronta ad aprire i campi di concentramento, come tutte le dittature del Novecento. A innalzare i patiboli, come gli ayatollah e i tagliagole dell’Isis. Ad aggredire un Paese sovrano, come i carri armati di Putin. A sgomberare, depredare e occupare i territori della Cisgiordania, come i coloni israeliani.
Ma qui stiamo parlando di idiozie mal scritte, non di tragedie che grondano sangue. Stiamo parlando di un tizio che dice gli omosessuali non sono mica normali, signora mia. I neri sono negri, ho controllato sfiorando loro la pelle. Le donne devono fare figli e possibilmente fare silenzio.
Le cattive idee si contrastano con altre idee, disperdendole come si fa con i cattivi odori, usando l’aria buona della pazienza, o ancora meglio, della risata. Ci sono voluti anni di disciplina militare per fabbricare un campione come il nostro generale, autore, finalmente, di un libro che sembra inventato dalla satira antimilitarista. Ora che si è messo in marcia elettorale con la Lega di Salvini, darà grandi soddisfazioni al buon umore della Nazione: teniamocelo.