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 2024  gennaio 23 Martedì calendario

Biografia di Gigi Riva

Gigi Riva (1944-2024). Ex calciatore, tra i più forti attaccanti nella storia del calcio. Soprannominato Rombo di tuono. «Tutti volevamo essere Gigi Riva, morto ieri a Cagliari a 79 anni. Era dio, era papà, era il vento. Era la bellezza di una forza pura da romanzo, era Tex Willer, era Odisseo. Era il numero 11 scritto con gli “uno” stretti e lunghi come la sua schiena. Da ragazzo lo chiamavano forchettina, il viso di una magrezza ossuta e feroce. Gli morì il padre, trapassato da un pezzo di ferro in fonderia, che Gigi aveva nove anni, la madre la portò via un cancro che Gigi ne aveva sedici. “Quando arrivai a Cagliari ero incazzato con la vita”. La parola che spiega tutto è libertà. A Luigi Riva la tolsero bambino, in orfanotrofio, i preti. Senza preghiere niente cibo, comunque schifoso. E ringraziare sempre i benefattori per quella ciotola di brodaglia e per i cenci smessi da altri, e sfilare in processione ai funerali dei signori masticando le litanie che un bambino non sa. […] Con la voce in falsetto, cadenzata quasi da strane aritmie di timidezza, provò a spiegarci quell’orgoglio di stare dalla parte dei “pecorai”, come venivano chiamati i tifosi del Cagliari nelle trasferte in alta Italia. Gigi Riva diventò il loro simbolo, alto e lucente in un cielo in tempesta dove il rombo del tuono, va da sé, era lui. Quando sorvolò per la prima volta la Sardegna in aereo (stava andando a giocare una partita in Spagna con la nazionale giovanile), sbirciò dal finestrino e disse che lui, in quel posto desolato, non ci sarebbe andato mai. Non era mica l’isola degli sceicchi, era la terra spelacchiata dove mandare i militari in punizione. Anche Gigi ragazzo si dovette sentire un po’ così, dopo che il Cagliari lo aveva scovato perché, quando la squadra giocava sul continente, faceva base a Legnano, cioè a casa del ragazzino. Il primo a intuirne la potenza fu l’allenatore di allora dei sardi, Arturo Silvestri: dal suo sguardo cominciò l’avventura in quella specie di Hotel Supramonte dove Gigi fu ben felice di essere rapito, e senza riscatto, per l’eternità. Luigi Riva amò più di tutti la sorella Fausta che l’aveva cresciuto, dopo la terza fuga dalla prigione del collegio. Il giovanotto aveva cominciato a lavorare da ascensorista alla ditta Simpa, di proprietà del presidente del Legnano. Sarebbe stato il suo mestiere, forse, senza l’incomparabile dono divino, anche se Gigi amava scherzare su questo, scegliendo un’ipotesi più fascinosa e ruvida: “No, senza il calcio avrei fatto il contrabbandiere”. Il papà si chiamava Ugo, la mamma Edis […]. Chiedi chi era Gigi Riva e ti risponderanno che un attaccante del genere non si era visto prima, né poi. Era potenza, coraggio, acrobazia, tecnica e sentimento […]. Fu Riva la ragione, e la prima spiegazione, di una squadra meravigliosa e irripetibile, appunto il Cagliari ’69-’70. Forse, se Gigi non si fosse rotto la gamba la seconda volta, avrebbero vinto anche la Coppa dei Campioni. E non furono le ossa a chiudergli la carriera, il primo febbraio 1976, ma uno strappo alla coscia […]. Adesso la memoria è piena di momenti che sgomitano per correre verso la porta. Il gol alla Jugoslavia nella finale dell’Europeo ’68, certo, e quel possente ricamo col sinistro in Italia-Germania 4-3 (fu il 3-2 per noi ai supplementari, la porta che spalancò la leggenda). E la rovesciata a Vicenza che girò tutto il cielo. E lo scudetto del Cagliari, unico nell’universo, la sua maglia bianca con i laccetti. E le gambe rotte in Nazionale contro Portogallo e Austria, come dimenticare. E i suoi no alla Juventus con Agnelli che lo voleva pagare un miliardo. E i 35 gol in azzurro, primato che ancora resiste. Tutto è nel suo racconto e nel nostro ricordo» [Crosetti, Rep]. Riva si era sentito male sabato. Era stato ricoverato d’urgenza al Brotzu di Cagliari. Ieri mattina aveva rifiutato un intervento di angioplastica: «È stato informato dei rischi che comportava e ha rifiutato per potersi consultare coi familiari». Nel tardo pomeriggio la situazione era tranquilla, ha scherzato coi medici, poi la situazione è precipitata. Alle 17.50 ha avuto un arresto cardiaco e alle 19.10 è morto.
A Riyad gli arabi hanno fischiato durante il minuto di silenzio in suo ricordo. La spiegazione l’ha fornita con qualche fatica la Lega di Serie A: non è nella tradizione saudita raccogliersi in ricordo di chi non c’è più, e molti non hanno gradito che in casa loro si celebrasse un rito alieno [Vanni, Rep].