5 gennaio 2024
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Biografia di Adriano Celentano
Adriano Celentano, nato a Milano (al civico 14 di via Cristoforo Gluck) il 6 gennaio 1938 (86 anni). Cantante. Attore. Regista. Presentatore televisivo. «Un mito». «Genio della musica, capace d’imparare in un istante il rock’n’roll senza sapere l’inglese». «Esistono voci talmente flebili da non essere neppure percepite, altre così forti da scrivere la storia» • Duecento milioni di dischi venduti, cinque Festival di Sanremo, quaranta film, sedici programmi tv, un matrimonio lungo sessant’anni • È riuscito a finire sia primo sia secondo nello stesso Sanremo, e disse che se solo avesse portato tre canzoni sarebbe arrivato anche terzo. Unico cantante ad aver detto, di un proprio disco, «Non compratelo, è venuto male». Si è definito «il re degli ignoranti». Si è anche paragonato a Gesù Cristo, arrivò a interpretarlo (con tanto di stigmate) in Joan Lui - Ma un giorno nel paese arrivo io di lunedì (1985), pellicola in cui il figlio di Dio torna sulla terra (uno dei più grandi flop della storia del cinema). Durante Fantastico 8 (Rai 1, 1987) ordinò al pubblico a casa di spegnere la televisione per cinque minuti e 8 milioni d’italiani gli obbedirono. «Nessuno è riuscito neanche lontanamente ad avvicinarsi all’irriverente disinvoltura con la quale ha inciso nel corso del tempo rock’n’roll, canzoni d’amore struggenti, scenette comiche, pezzi di denuncia, rap ante-litteram, ballate strapaesane, comizi, preghiere, esperimenti estremi» (Gino Castaldo) • «È stato il più celebre, il più carismatico della scena italiana. Il più politico degli impolitici che predica rivoluzioni non del tutto portatili, la democrazia diretta, l’ecologismo, la pace universale» (Pino Corrias) • «Le sue prediche sono agghiaccianti, qualunquismo puro, a seconda di dove tira il vento» (Paolo Villaggio) • «Nei suoi pistolotti vi sono le stesse ovvietà di cui sono infarcite le canzoni popolari: l’ecologia, i prati che non ci sono più, il cemento che avanza, la bontà del Signore, la fedeltà, l’amore, che è preferibile all’odio. Solo un genio riesce a dire tante sciocchezze spacciandole, grazie a un tono ispirato, profetico, per pillole di saggezza» (Vittorio Feltri) • A Fernanda Pivano, che lo intervistò nel 2008, disse: «Si diventa padroni del mondo cercando di conoscere la propria piccolezza. Perché noi siamo piccoli».
Titoli di testa «La storia della canzone italiana è un affare di befane. Il 6 gennaio 1937, giorno in cui la tradizione popolare appende calze al camino, ad Asti nasceva Paolo Conte. Lo stesso giorno di dodici mesi più tardi, a Milano, vedeva la luce il figlio di una coppia di emigranti con tante cose da dire…» (Francesco Prisco, Sole 6/1/2018).
Vita Quinto figlio di Leontino e Giuditta Giuva, piccoli commercianti foggiani emigrati a Milano. Chiamato così in memoria di una sorella, Adriana, morta di leucemia quattro anni prima • Nato per caso in via Gluck, dietro la stazione Centrale. «In quella casa, con il cesso in comune sul ballatoio e i soldi che non bastano mai, Adriano arriva quando nessuno lo attende. “Questt ai fegghie di vicchie, adda murè”. Giuditta ha superato i quaranta, dietro alla vecchia Singer cuce la solidità economica della famiglia» (Malcom Pagani, Fatto 13/7/2010) • «L’Adriano bambino? “Era un po’ frignùn” dice di lui un altro Adriano, l’Adriano Redemagni, che in cortile tutti chiamavano “el boxeur” e a volte gliele suonava. “Ma va’ là, era un tosto”, fa il Gianprimo che abitava al 10. “Un gran fegatoso. Si tirava il fazzoletto sul viso, entrava qui dentro e si sparava tutta la fogna, al buio tra i topi, rispuntando in piazzetta”. Ma lo chiamavano anche “terremoto” (biografia ufficiale) e “magna marìsc”, alla lettera “mangiamoccio” (biografia rionale), visto che aveva qualche difficoltà con il fazzoletto» (Metello Venè) • Nel 1948 i Celentano lasciano via Gluck per andare in via Correnti, in città, vicino alle Colonne di San Lorenzo. Lui però non si scorda la sua prima casa. «Celentano prendeva il tram tutti i giorni durante l’adolescenza zingara per raggiungere gli amici di un tempo, e, quando “Giuditta mi tolse anche gli ultimi spiccioli per prendere il tram”, Adriano rispose con i piedi. Ore di cammino. Testa dura, anche allora» (Pagani) • Il giorno in cui gli angloamericani bombardano la sua scuola elementare, lui è a casa con una finta febbre: non aveva fatto i compiti • Racconta mamma Giuditta: «Studiare non gli piaceva. Pareva andasse a scuola soltanto per trovarsi con gli amici e per fare il pagliaccio. Quando lo interrogavano faceva quei discorsi strambi che ora fa alla televisione, diceva quelle cose senza senso che dice anche adesso. “Celentano vieni fuori”, gli dicevano. “Chi io?”, rispondeva, “io chi?”, si guardava attorno come se stesse cercando qualcuno e tutti ridevano. Insomma faceva spettacolo. All’oratorio idem. Un prete parlava e lui gli faceva il verso, faceva le prediche ai ragazzini come lui, come se fosse un prete: altro spettacolo e altre risate. Quello lì non può andare avanti tutta la vita a far ridere, mi dicevo, bisogna trovargli un mestiere» (L’Europeo 1968). «Leontino saluta il mondo nel 1951 e così Celentano lascia la scuola, conosce prima il tornio e poi familiarizza con tubi e chiavi inglesi, poi le scintille proprie di ogni buon arrotino. Ma si annoia. E, se Adriano non si diverte, inizia un po’ a morire. Così, stipendio per stipendio, asseconda una vecchia passione» (Pagani, cit.): affascinato dal ticchettio degli orologi, si fa assumere come aiuto orologiaio in una bottega di via Correnti • All’epoca il passatempo preferito di Adriano è giocare a biliardo nei bar di Porta Genova. La svolta arriva nel 1954. «Avevo un amico che lavorava in una ditta americana, mi disse: sai, a giorni arriva quella musica che sta spopolando in tutto il mondo, e a noi arriva cinque mesi prima. Io, ero scettico, perché non l’avevo mai sentita, però leggevo che i giovani sfondavano tutto nei cinema, che c’erano sempre tafferugli, non capivo, sembravano matti, ma ero anche curioso. Io a quell’epoca aggiustavo gli orologi in casa, non cantavo neanche, suonavo un po’ l’organetto a bocca, fischiettavo sì e no, ero fuori da qualsiasi orbita musicale, anche se in casa mia cantavano tutti. Bene, era d’inverno, e verso le sei di sera arriva questo mio amico, io ero al banco ad aggiustare un orologio, e senza neanche girarmi gli dico: mettilo su, avevo la testa china sull’orologio, lui ha messo a volume alto, guarda caso si chiamava L’orologio matto [era Rock around the clock, di Bill Haley & His Comets, ndr]. Sono rimasto folgorato. Ho smesso di girare il cacciavite, alla fine ho tolto la lente, ero senza parole, mi dissi: adesso capisco perché succedono tutte queste cose […]. L’amico mi ha lasciato il disco, io ero come in trance, lo ascoltavo in continuazione, e ho sentito la necessità di impararlo a memoria e cantarlo, era come una malattia, una droga. Bill Haley la cantava in si bemolle, che non è la mia tonalità, e così non ci riuscivo. Mi sforzavo, ma mi sono sforzato così tanto che forse lì mi è aumentata l’estensione della voce. Alla fine l’avevo imparata talmente bene che gli americani pensavano che sapessi l’inglese, invece non lo so neanche ora. Gli amici della via Gluck per prendermi in giro, una volta che eravamo in un posto che si chiamava la Filocantanti, dissero che c’era un amico che conosceva il rock’n’roll, praticamente mi hanno sbattuto sul palco. C’era il gruppo che mi chiese: “In che tonalità?” E io: “E che cos’è la tonalità?”. “Insomma alto o basso, come la canti?” Poi dissero “Noi partiamo e poi tu”. E io “No, parto io, perché il pezzo è così”, e l’ho cantata dall’inizio alla fine. Da quel momento la mia vita è cambiata, prima dovevo fare fatica per ballare con le ragazze, poi vennero loro a chiedermi di ballare» • Una sera dei suoi diciotto anni, al tavolo di cucina, Adriano dice alla madre: «E se mi mettessi a fare il cantante?» • Nel 1956 il debutto ufficiale, all’Ancora, piccolo locale milanese, insieme ai Rock Boys, il suo primo gruppo. Poco dopo, il passaggio al Santa Tecla, molto più noto. «Era il 18 maggio del 1957, quando Bruno Dossena, campione del mondo di boogie woogie, organizzò il primo festival europeo del rock al Palazzo del Ghiaccio di Milano. Mi aveva sentito cantare al Tecla e volle a tutti i costi che io partecipassi, visto che, tra tante orchestre che vi partecipavano, io ero l’unico cantante rock. Però io ho pensato: ma io con quale orchestra canto? E allora, non sapendo cosa fare, anch’io misi insieme un gruppo: basso, batteria e chitarra erano i fratelli Ratti, tre strepitosi musicisti con cui avevo subito legato. Però ci mancava un pianista e uno dei fratelli mi parlò di un certo Enzo Jannacci che io chiamai immediatamente, era fortissimo, e poi aveva quella tipica follia che hanno i medici quando sbagliano le operazioni. Jannacci portò un sassofonista e così si era completato il gruppo dei “folli”…» • «Al bar Aurora incontra Miki Del Prete, che gli mette in rima le prime strofe e un certo Elio Cesari col ciuffo e la balbuzie, che suona la chitarra e sta per mutarsi in Tony Renis. E siccome nei cinema di terza visione del Lorenteggio va alla grande la coppia Jerry Lewis e Dean Martin, Adriano e Tony si infilano in quello specchio e imparano le mosse. Non hanno paura di nulla. Salgono sul palco dello Smeraldo coi Rocky Mountain travestiti da cow boy, e fondono il Palazzo del Ghiaccio di Milano cantando per dieci volte di seguito Ciao ti dirò, unica canzone del repertorio, circondati da ragazzini urlanti» (Corrias) • Nel 1959 esce Il ribelle, prima canzone di cui scrive anche la musica. Il 13 luglio vince il Festival di musica leggera di Ancona con Il tuo bacio è come un rock, 300 mila copie vendute solo nella prima settimana. Iniziano a chiamarlo «Il Molleggiato». «Una versione italo-democristianizzata di “The Pelvis” (che era Elvis Presley): i fianchi infatti li scuoteva pure lui, d’istinto» (Marinella Venegoni). Ancora prima di fare il cantante aveva provato a sfondare in Rai facendo l’imitazione di Jerry Lewis (respinto). Adesso quello storcer di gambe gli tornava comodo: saltava di qua e di là, muoveva le anche come un pazzo, urlava da spaccare i timpani. «Mina e Celentano rappresentavano una clamorosa innovazione di voci e di gesti, che importava un’America teppista» (Edmondo Berselli). Giorgio Bocca sul Corriere della Sera lo stronca, e critica la mania di importare mode dall’estero. Claudio Villa, re dei melodici: «Ma con una voce così bella perché fa tutto ’sto casino?» • Arrivano il successo. I dischi d’oro. I primi soldi. Nel 1961 (modellato sul Clan di Frank Sinatra) al tempo stesso casa discografica e comunità di amici (molti di questi amici, non troppi anni dopo, lo avrebbero mollato accusandolo di essere un despota insopportabile). Viene scoperto anche dal cinema. Nel 1959 recita in I ragazzi del juke-box, diretto da Lucio Fulci. Quello stesso anno Federico Fellini vede una sua fotografia sull’Europeo e decide di offrirgli una parte nella Dolce Vita. Claudia Mori: «Adriano prese la “valigetta” e partì per Roma. Quando incontrò Fellini rimase, per la prima e forse unica volta della sua vita, senza parole. Sapeva chi era Fellini, e, proprio per questo, restò muto davanti a lui. Federico lo mise subito a suo agio, spiegandogli e mimandogli la scena che avrebbe voluto che lui interpretasse nel film. Adriano ascoltava attento, e quando Fellini gli disse che ci sarebbe stata anche Anita Ekberg, che avrebbe ballato e dialogato con lui, Adriano riuscì a dire solo una parola: “Urka!”» (Rep 7/2/2010). Nel 1961 porta 24 mila baci al Festival di Sanremo. Poiché sta svolgendo il servizio militare, si presenta in Riviera con un permesso speciale firmato dal ministro della Difesa on. Giulio Andreotti. «Il rock era qualcosa di sovversivo. Mi dicevano che ero un violento, un teppista. Per un festival di Sanremo ero quasi una provocazione con quei movimenti del corpo. Ci fu perfino una interrogazione parlamentare perché, per qualche attimo, voltai le spalle al pubblico dei telespettatori». Durante un dibattito in televisione Claudio Villa, acido, gli dice: «Hai mostrato il meglio di te». Arriva secondo, la polemica contribuisce a renderlo ancora più famoso • Nel 1963 lo ingaggiano per Uno strano tipo (fa la parte di un celebre cantante rock chiamato Adriano Celentano e tormentato da un sosia). Sul set, ad Amalfi, il primo incontro con Claudia Mori. «Cenano, parlano fino all’alba, non si sfiorano. Poi, nel silenzio di un grande albergo sulla costiera campana, squilla un telefono: “Sono Adriano Celentano e vorrei dirle che mi sono innamorato di lei”. Risposta laconica, l’unica possibile: “Anche io”» (Pagani) • Si sposano nel 1964 (matrimonio notturno, segreto, a Grosseto). Lei è «figlia di un muratore comunista romano, quartiere Testaccio, “morto di troppo lavoro”. Popolana e bellissima. Le veniva attribuito un flirt con il calciatore oriundo Francisco Ramon Lojacono, che lei rivendica, ridendo, anche oggi, “un fusto pazzesco”. Adriano già divo incontrastato del rock all’italiana, Claudia attrice leggera in ascesa. Nessuno dei due timido. Il loro incontro fece faville, un amore intenso e burrascoso, da cinema. A suo modo, Celentano inventò (tra le mille altre cose) anche il primo reality show, senza bisogno di televisione. I suoi amici diventarono “il clan”, lui e Claudia “la coppia più bella del mondo”, la vita privata elaborata in saga canora, in spettacolo popolare» (Michele Serra) • Vanno a vivere in una villa a Galbiate. Insieme faranno tutto. Film. Canzoni. Tre figli: Rosita (1965), Giacomo (1966), Rosalinda (1968). Tutti impegnati nel mondo dello spettacolo • Gli anni Sessanta sono una sfilza di trionfi. Pregherò (versione italiana di Stand by me, firmata da Ricky Gianco e Don Backy), Grazie, prego, scusi, Ciao ragazzi, Il ragazzo della via Gluck (1966), Azzurro (1968, di Paolo Conte), La coppia più bella del mondo (1967, ancora di Conte), Chi non lavora non fa l’amore (vincitrice al Festival di Sanremo del 1970), eseguite entrambe in duo con la moglie • Pier Paolo Pasolini vorrebbe trasformare Il ragazzo della via Gluck in un film. «Adriano Celentano è la prova che l’Italia ha sterzato nella modernità. È il boom economico e le città si sono espanse, accogliendo migrazioni bibliche dalle campagne. Il 1963 è l’anno in cui si fanno più figli. Il Concilio spiega le sue ali. Sono abolite le messe in latino. Celentano è il cattolico cittadino, che comincia a interrogarsi sulle contraddizioni anche ecologiche di quel rutilante sviluppo» (Concetto Vecchio, Rep 21/4/2013) • «Ricordo che partii dalla stazione Centrale di Milano per andare al Festival e stranamente ero da solo con una piccola valigia. Appena il treno si mosse, un giornalista dell’Avanti! si mise a rincorrere il treno e me che ero affacciato al finestrino (allora si poteva) per chiedermi cosa pensavo di fare a Sanremo. Risposi: “Niente perché mi bocceranno e sarò scartato subito”. Così avvenne e fu il successo della canzone. Quindi i cantanti che vanno al Festival dovrebbero sempre sperare in una bocciatura che li porterà dritti al successo!» • «Rovinando l’ambiente si rovinano le coscienze. Il male della società deriva dal fatto che l’uomo non ha una casa a sua misura integrata con la sua natura e la natura circostante. Io penso che da queste privazioni nascono le violenze. Adesso mettono gli operai nelle scatole-alveare dove diventano brutti, nervosi e irascibili» • Giorgio Gaber lo prende in giro con La risposta al ragazzo della via Gluck, storia di un poveretto che trova la casa distrutta perché nel quartiere deve nascere un parco • Filosofia di Celentano a questo punto: ecologismo, Gesù, antipatia per il sindacato e gli scioperi e per la nuova generazione di capelloni che stanno facendo il Sessantotto. «A meno di trent’anni Adriano era già un reazionario della Madonna, o meglio un tardivo microfono di Dio […] Uno che mentre tutti noi ci facevamo crescere i capelli […], e ascoltavamo l’Equipe e i Rokes, ma anche i Profeti e i Delfini, oltre che il meglio e il peggio dell’Inghilterra e dell’America, lui cominciava con le prediche, e a dire che tre passi avanti e crolla il mondo beat» (Berselli) • Un rockettaro conservatore in un mondo che andava sempre più nettamente, specialmente sul piano del gusto, a sinistra. «Quando tirai fuori Prisencolinensinanciusol, un pezzo che ha preceduto il rap di dieci anni, in Italia non successe niente. Passarono sei mesi e mi chiamò la Cgd per dirmi che dovevo pensare a un nuovo pezzo da far uscire a breve, e io dissi, ma no il pezzo ce l’ho già, è già inciso. Come, risposero, hai già inciso il pezzo e non ci dici niente? Ma no, dico io, lo conoscete bene, è Prisen... Contemporaneamente arrivò dalla Francia uno di una radio libera, molto seguita dai giovani, dicendo che voleva comprare dei pezzi miei, e dopo averne ascoltati un po’ disse voglio questo, ed era Prisen. Il direttore artistico della Cgd gli spiegò che il brano in Italia non aveva fatto nulla, e lui disse, ok, ma io lo prendo lo stesso, lo mise in radio ed ebbe un sacco di richieste, e io allora – per contratto potevo farlo – ho imposto di ripubblicare il pezzo dopo un anno. Ha venduto un milione di copie, un milione in Francia, lo stesso in Germania e in altri paesi dove non sono mai stato» • Dopo il bel successo di Serafino, di Pietro Germi (1968, con Ottavia Piccolo), gli anni Settanta sono quelli del cinema. In particolare: Er più (1971), Bianco, rosso e... (1972, con Sophia Loren e un’Alessandra Mussolini di nove anni), L’emigrante (1973), Rugantino (1973), Yuppi Du (1974, anche regista), Geppo il folle (1978, idem), Il bisbetico domato (1980), Innamorato pazzo (1981). Questi ultimi due con Ornella Muti • «Claudia Mori e Adriano Celentano. Una coppia affiatatissima, almeno all’apparenza. La coppia più bella del mondo. Poi a un certo punto fra i due compare, sui giornali specializzati in gossip, Ornella Muti, l’amante. È la fine? Passano alcuni mesi e la coppia Mori-Celentano si ricompone. Celentano torna all’ovile. Claudia Mori dimentica. La famiglia, la fede, l’amore sono più forti di tutto» (Claudio Sabelli Fioretti) • «In ogni film ha interpretato un solo personaggio, se stesso: l’ingenuo che alla fine si dimostra il più dritto di tutti, più o meno come nella vita vera» (Pino Corrias) • Gli anni Ottanta – in calo i successi del cantante, dell’attore e del regista – sono quelli del boom televisivo. Celentano è chiamato a condurre Fantastico 8 su Raiuno nel 1987-88. Il risultato e enorme sia in termini di audience che di eco critica: Celentano rimaneva lungamente in silenzio davanti al video in modo insopportabile, poi pronunciava discorsi sconclusionati di contenuto ecologista o moralista o addirittura religioso suscitando lo scandalo soprattutto della sinistra. Giorgio Bocca lo definisce «un cretino di talento».
Politica Già elettore di Berlusconi, ultimamente ha spesso appoggiato il Movimento 5 stelle, esprimendo però apprezzamento anche per Salvini e per la Meloni.
Religione Quando i figli erano piccoli, tavola sempre apparecchiata per sei. Rosita: «Papà ci raccontava che il sesto posto era per Gesù».
Tifo Interista. «Da bambino giocavo a calcio: ala destra. Ho fatto anche un provino, all’Arena, per entrare nei Pulcini dell’Inter. Ero andato anche bene, ma siccome non avevo voglia di studiare, mio fratello grande – era lui che mi faceva da padre, perché mio padre era morto – mi impedì di giocare per costringermi a stare sui libri. Così, alla fine, non ho giocato a pallone e ho continuato a non studiare...».
Vizi «Io la Claudia l’ho sempre considerata una cosa mia, che potevo toccarla, alzargli le vesti a bruciapelo, metterle una mano nel sedere. Anche in mezzo alla strada, in piazza, davanti agli altri, alzargli le cosce, che lei ha delle belle cosce, però che posso toccarle soltanto io». Lei: «Eravamo gelosi tutti e due. Io mettevo le minigonne e lui me le tagliava a brandelli».
Curiosità Vegetariano • Non mangia il pesce se prima Claudia non gli ha tolto le lische • Non frequenta i mondani • È astemio e va a letto presto • È contro l’aborto, contro i gay. «Non ho mai creduto al divorzio anche se credo che ci vorrebbe una patente per essere autorizzati a sposarsi» • Ha paura delle gallerie: quando si sposta, specialmente nelle zone di montagna, per evitarle è costretto a lunghissime deviazioni • Ha paura anche dell’aereo, quando Frank Sinatra lo invitò a raggiungerlo in America lui si rifiutò • «Sono andato solo una volta in Russia, ma fu un’eccezione perché avevo fatto il film Joan Lui (su Gesù che ritorna ai giorni nostri) e ricevetti una lettera dal Cremlino in pieno comunismo, c’era Gorbaciov che era appena andato su, e la lettera diceva che erano interessati, allora mi dissi: a questo punto diventa una missione e quindi devo andare in Russia, non può cadere l’aereo, e infatti andai in aereo senza paura, e l’aereo barcollava tantissimo, c’era brutto tempo e alla fine ero io che tranquillizzavo gli altri, per me era un segno, quella volta l’aereo non poteva cadere» • Gioca a poker • In casa ha ancora una stanza adibita a laboratorio d’orologeria: «Il mio vero mestiere, la musica è solo un hobby», dice spesso scherzando • Ma quando fai una pausa a cosa pensi? «A riempirla, e non sempre ci riesco» Sei così anche nella vita? «No, nella vita sono peggio» (Silvia Toffanin) • È appagato da quello che fa? «Non si può mai essere appagati. Sono un credente, e adesso che gli anni diventano giorni, ti domandi sempre se sei all’altezza di presentarti al Creatore, se lui ha stima di quello che hai fatto, io mi sento sempre in difetto, non faccio abbastanza, e non capisco perché non lo faccio. La giustificazione è che faccio altre cose per la causa, ma non mi basta. La massima felicità che può avere un credente è quella di dire: a me Dio non mi può dire proprio niente. Io non lo posso dire, mi sento in fin dei conti un buono, ma anche in difetto. Fare il cantante lo sento parte di questo progetto, soprattutto quando ci sono reazioni di questo tipo, quando la gente è contenta e ti fa dei complimenti, anche esagerati. Mi dico: guarda un po’ com’è contenta la gente, più di me che l’ho fatto. In questo caso mi sento di avere una specie di compito, se poi non facessi neanche questo sarei da mandare al purgatorio» (Castaldo).
Titoli di coda «Se ho commesso errori? Per rispondere a questa domanda dovrei fare un replay di tutta la mia vita. Potrei anche farlo, ma mettiamo il caso che non ne trovi nessuno?» (a Castaldo).