Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2024  gennaio 19 Venerdì calendario

Biografia di Nimarata Nikki Randhawa

Nimarata Nikki Randhawa, meglio nota come Nikki Haley, nata il 20 gennaio 1972 a Bamberg (Stati Uniti) (52 anni). Politico statunitense.
Titoli di testa «Ero la figlia orgogliosa di immigrati indiani. Non nera, non bianca. Ero diversa».
Vita Figlia di Ajit e Raj Randhawa, due immigrati del Punjab di origine Sikh • Lui era comandante dell’esercito coloniale britannico e lei gestiva una grande casa piena di domestici • Nel 1969 si trasferiscono a Bamberg, South Carolina, perché il padre, professore universitario, ha ottenuto una cattedra nel Palmetto State. Nel 1976 la madre, laureata in Legge, ha aperto un negozio di vestiti di discreto successo [Giulio Silvano, Foglio] • Nikki, piccolina in indiano, durante le scuole aiuta la mamma. Si diploma in ragioneria • Studia economia alla Clemson University (BS, 1994) • Inizia a far politica da ragazza • Il cognome lo deve al marito, Micheal Haley, conosciuto sui banchi del college e diventato poi militare, inviato in Afghanistan. Quando si sposano nel 1996 lei si converte al cristianesimo. Lui è un metodista. Nonostante ciò non rinuncia alle cerimonie religiose della comunità Sikh • I suoi genitori investono nel mattone. Comprano prima una casa sul lago, poi un centro commerciale e diverse residenze • Nel 2004 Nikki Haley viene eletta per la prima volta alla Camera dei rappresentanti, facendo una campagna su una piattaforma repubblicana tradizionale che include tagli alle tasse, controlli sull’immigrazione e restrizioni all’aborto. Entra in carica l’anno successivo ed è rieletta nel 2008 [Roberto Vivaldelli, InsideOver] • Durante questo periodo si occupa anche della raccolta fondi per il Lexington Medical Center, che le paga 110 mila dollari l’anno • Non è sospetta di razzismo • Nel 2010, Haley diventa la prima donna governatrice e primo membro di una minoranza a guidare la Carolina del Sud. È anche la più giovane. Ha soli 38 anni • «Non ho mai perso un’elezione e non sto per iniziare adesso» • Condivide le posizioni del «Tea party», il movimento anti tasse; è decisamente contraria all’aborto e sostiene la linea dura sull’immigrazione illegale [Sarcina, CdS.] • «È bastato l’ormai leggendario “tocco magico” di Sarah Palin per convincere gli elettori repubblicani della Carolina del Sud, razzista e segregazionista, a votare per la 38enne indiana-americana. L’endorsement della Palin è riuscito a dissipare le accuse di adulterio mosse contro la pupilla del Tea Party dall’avversario Gresham Barrett, consumato deputato alla Camera dei Rappresentanti dal 2003, che la Haley ha sbaragliato con un enorme vantaggio: 65% contro 35%, guadagnandosi il diritto a sfidare il democratico Vincent Sheheen [Alessandra Farkas, CdS] • Durante il suo primo mandato, l’economia dello Stato cresce costantemente, mentre il tasso di disoccupazione cala. Grazie all’ottima performance economica, riesce a conquistare facilmente la rielezione nel 2014 • Nel 2012 riceve 475 mila dollari di anticipo per il suo primo libro Can’t Is Not An Option dalla Penguin Book. Venderà cinquemila copie [dati di NPD Bookscan] • Sale alla ribalta nazionale solo nell’estate del 2015. Il 17 giugno Dylann Roof, un bianco ventunenne, uccide nove afroamericani in una chiesa di Charleston. Saltano fuori immagini del giovane con la bandiera dei Confederati. Il 9 luglio la governatrice Haley vieta l’esposizione pubblica del drappo adottato dai suprematisti bianchi. Un atto di coraggio non solo politico, nel South Carolina. Il 12 gennaio 2016 la consacrazione nazionale. Nikki tiene il controdiscorso sullo Stato dell’Unione, in risposta a quello ufficiale di Obama. Nelle primarie appoggia prima Marco Rubio e poi Ted Cruz. Anti trumpiana convinta, attacca con asprezza il tycoon nel corso della campagna elettorale: «Chi non sconfessa il Ku Klux Klan non può essere il nostro candidato». Dichiara che Trump deve rendere note le sue dichiarazioni dei redditi (non lo ha mai fatto) [Rampini, Rep nel 2020]. Salvo poi cambiare idea. Un suo asso nella manica è l’amicizia personale con Ivanka Trump, la figlia prediletta del presidente. Questo è servito a farle “perdonare” gli sgarbi compiuti nella campagna elettorale • Quando lui eletto presidente la vuole all’Onu • Forse si è piegata per necessità, perché chi non si piega viene spezzato; oppure per ambizione, incassando il prestigioso, piacevole e utile incarico di ambasciatrice all’Onu. Così però ha perso la sua specificità, e si sa che tra l’originale e la copia è sempre meglio l’originale [Mastrolilli, Rep] • Prende il posto che Samantha Power occupava dal 2013. Per una curiosa coincidenza, anche Samantha accompagnò il punto di svolta della sua carriera attaccando il suo futuro boss. «Hillary Clinton? È un mostro», disse nel 2008, quando lavorava per il comitato elettorale di Barack Obama. Fu costretta a dimettersi. Ma poi ricomparve nella cerchia dei consiglieri di Hillary, diventata segretario di Stato [Sarcina, cit.] • Haley pubblica la sua situazione finanziaria. Nel suo portafoglio ci sono i diritti sul suo libro, un paio di pensioni e un conto bancario con meno di quindicimila dollari. Nella dichiarazione non ci sono la sua casa da 350 mila dollari e il mutuo da 400.000 dollari acceso sulle proprietà dei suoi genitori. La legge federale non impone ai funzionari di rivelare le loro residenze personali o in possesso dei loro familiari [Forbes] • A differenza di Samantha Power, Nikki Haley non ha alcuna esperienza di politica estera. Tranne alcune, costose, missioni commerciali, criticate dalla stampa locale. All’Onu deve misurarsi soprattutto con il russo Vitaly Churkin, 64 anni, diplomatico di abile e consumato mestiere. I duelli Power-Churkin hanno tenuto banco: dalla crisi ucraina alla guerra in Siria. Trump ha promesso una svolta: toccherà anche a Nikki Haley gestirla [Sarcina, cit.] • Le finanze dei genitori di Nikki peggiorano. Il marito apre una società per coprire i loro debiti e compra il centro commerciale ma loro smettono di pagare il mutuo pure della casa sul lago. Nella lista dei morosi, oltre ai Randhawa, ci sono anche Michael e Nikki. Gli ufficiali giudiziari non riescono a notificare i pignoramenti. Non si fanno mi trovare nelle loro residenze. Allora si appostano fuori dall’Onu. La sua scorta però la rende inavvicinabile. Nel 2018 Michael Haley vende il centro commerciale [Forbes] • Tiene una linea più ortodossa di Trump in politica estera. Amica di Israele, fa ritirare gli Stati Uniti dal Consiglio per i diritti umani, considerato troppo filo palestinese. È stata tra le promotrici dello spostamento dell’ambasciata degli Stati Uniti da Tel Aviv a Gerusalemme, dicendo anche che “troppo a lungo le Nazioni Unite hanno bullizzato Israele” • Ha criticato senza mezzi termini i nemici della nazione – Iran, Hezbollah, Siria, Ramzan Kadyrov e Corea del nord, quasi un nostalgico “asse del male” dell’epoca Bush – e ha portato l’attenzione sui campi di rieducazione per gli uiguri in Cina [Silvano, cit.] • Contraria all’accordo sul nucleare con l’Iran: «Non si mette il rossetto sulle labbra dei maiali». Durante il suo mandato, Washington si è ritirata dall’Accordo di Parigi e dal Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite • È dura con la Corea del Nord, senza indulgenze verso Kim Jong-un. Il suo profilo tradizionale da “Guerra fredda 2.0” è l’ideale per accreditarsi presso un establishment di destra – nel Pentagono, tra i falchi del Senato, al dipartimento di Stato – che non ha digerito le sbandate russofile del presidente e altri flirt con leader autoritari come Kim Jong-un o il turco Recep Tayyp Erdoğan [Rampini, Rep nel 2020] • Nel 2018, ha annunciato nuove sanzioni alla Russia che aveva appoggiato il regime di Bashar el Assad e l’uso di armi chimiche in Siria • Dopo un anno e mezzo non ce la fa più. Vuole una pausa: «Il lavoro da ambasciatore all’Onu è ancora più duro che fare il governatore della South Carolina». Trump le chiede di tenere duro ma nel dicembre del 2018 rassegna le dimissioni. È delle poche ad andarsene e a non essere licenziate dal presidente • Lei ha detto che è stato un «onore» servire come ambasciatrice statunitense alle Nazioni Unite e ha dichiarato, spiegando le sue dimissioni, di non avere intenzione di candidarsi per le elezioni presidenziali del 2020, per le quali promette sosterrà la rielezione di Trump. Trump ha accettato con rammarico le sue dimissioni: «Lei è molto speciale per me». Ha detto di augurarsi che Haley possa tornare a lavorare nell’amministrazione in un ruolo differente • Un capolavoro di equilibrismo. È riuscita a lasciare l’Amministrazione Trump senza litigi, senza rancori, senza libri-scandalo • Nel 2018 la situazione finanziaria dei suoi genitori tracolla, perdono prima la casa sul lago, poi la loro • Nikki appoggia il presidente nella corsa alla rielezione • Nikki e Ivanka hanno capito che occorre un “femminismo di destra”, per recuperare consensi tra le donne, uno dei punti deboli per la rielezione di questo presidente [Rampini, Rep nel 2020] • È una polemista agguerrita su uno dei terreni di scontro cruciali in questa campagna elettorale: Law and Order. In una fase in cui la criminalità violenta torna a spaventare diverse città americane, accusa il movimento Black Lives Matter: «Perché non danno lo stesso valore alle vite dei poliziotti neri uccisi mentre facevano il loro dovere? Perché non sono solidali con i commercianti neri a cui hanno bruciato e razziato i negozi? Cosa dicono alle famiglie che vivono in quartieri pericolosi, e hanno bisogno della polizia per la loro sicurezza? Anche quelle sono vite nere che contano» [Rampini, cit.] • Dopo essersi dimessa dal ruolo di ambasciatrice presso le Nazioni Unite, nel 2019 Haley entra a far parte del consiglio di amministrazione di Boeing, dimettendosi tuttavia l’anno successivo quando la società chiede un piano di salvataggio al governo federale durante la pandemia da Covid-19. In precedenza, ha coltivato uno stretto rapporto con l’azienda: in qualità di governatore del South Carolina, Haley ha infatti firmato una legislazione che ha fornito a Boeing un pacchetto di incentivi da 120 milioni di dollari per espandersi nello Stato. Ha anche esortato i dipendenti Boeing a votare contro la sindacalizzazione attraverso annunci radiofonici e post sui social media nel 2015 • Nel 2019 scrive With All Due Respect: Defending America with Grit and Grace e accende un mutuo da 1,19 milioni di dollari per comprare una casa ai suoi sull’isola di Kiawah, in Carolina del Sud. Con la pandemia il suo valore è più che raddoppiato. Ora vale circa 4,7 milioni di dollari [Forbes] • Nel febbraio 2021, a seguito dell’assalto al Campidoglio, prende ufficialmente le distanze dal tycoon. “Dobbiamo riconoscere che ci ha deluso” osserva [Vivaldelli, cit.] • Nel 2022 pubblica un altro, libro If You Want Something Done…: Leadership Lessons from Bold Women. La dedica è per la mamma: «A mia madre, che mi ha insegnato a sognare, a combattere, ad amare, ma soprattutto a vivere con una fede in Dio che mi avrebbe fatto superare qualsiasi cosa» • Il 14 febbraio 2023 annuncia la sua candidatura alle presidenziali. È la prima repubblicana che sfida Trump: «Haley si è candidata con un video in cui ha denunciato che “i repubblicani hanno perso il voto popolare in sette delle ultime otto elezioni presidenziali. Questo deve cambiare”. Un calcio negli stinchi a Bush figlio, ma soprattutto a Trump, che non aveva ottenuto la maggioranza su base nazionale né nel 2016, né nel 2000, perdendo poi le elezioni midterm del 2018 e del 2022. I repubblicani erano riusciti a conquistare la Casa Bianca con George W. e Donald sfruttando i cavilli del collegio elettorale, che consente di vincere prevalendo nei singoli stati con più voti elettorali, ma il Gop ha dimostrato di essere ormai minoranza in America in termini di consenso generale, soprattutto per l’arretratezza del suo messaggio sociale. Nikki ritiene sia venuto il momento di cambiare strada. Non solo dal punto di vista generazionale, colpo sferrato anche all’ottantenne Biden, ma anche da quello della proposta politica. Lei, poco più che cinquantenne, pensa di essere la persona giusta per farlo grazie alla sua storia» [Mastrolilli, Rep] • Al dibattito del 23 agosto, Nikki Haley, unica donna sul palco, è stata quella che con più forza ha difeso il ruolo internazionale degli Stati Uniti, rispetto a un Ramaswamy che invece vorrebbe chiudere oggi stesso i rubinetti degli aiuti a Kyiv. Haley, lontana dalle farneticazioni cui ci ha abituato l’ultimo presidente repubblicano, ha preso di petto l’incompetenza sulla politica estera dei trumpiani. Il giorno dopo, alla Cbs, ha ribadito che “una vittoria della Russia è una vittoria della Cina”, e ha sottolineato che Vladimir Putin ha lasciato intendere che dopo l’Ucraina proverà a prendere la Polonia e poi i paesi baltici. “Noi proviamo a prevenire la guerra. In America non possiamo essere così narcisisti da pensare di non aver bisogno di amici. Ne abbiamo bisogno. Ci serve l’Ucraina come prima linea di difesa rispetto alla Russia. Ci serve Israele come linea di difesa con l’Iran. E ci serve proteggere Taiwan in modo che la Cina smetta di essere aggressiva con noi. Una politica estera intelligente riguarda la sicurezza nazionale”» [Silvano, cit.] • «La mia strategia è stata essere onesta con gli americani. Dire la verità davanti ai fischi? A volte è questo il volto della leadership» • «Dobbiamo accettare che Trump è il politico più sgradito d’America. Così non possiamo vincere le presidenziali» • «Ha detto che darebbe la grazia a Trump, “perché non se ne può più di questa storia, non possiamo avere un ex presidente di 77 anni in prigione”. Ha confermato che, anche nel caso in cui risultasse colpevole, voterebbe comunque per Trump alle presidenziali, pur di non dare il voto ai democratici» [Silvano, cit.] • Partita dalle retrovie, Nikki Haley ha guadagnato terreno. Al di là dei sondaggi che la danno in crescita ma sempre lontana da Trump, la prova che lei è divenuta il suo avversario più pericoloso viene proprio dal fatto che Trump ha intensificato gli attacchi contro Nikki e ha cominciato a chiamarla col nome di battesimo, Nimarata, per sottolineare la sua origine straniera. Donna e pure indiana: questo il messaggio, neanche tanto subliminale, passato al cuore dell’elettorato conservatore, soprattutto bianco e non di rado con qualche tendenza maschilista [Gaggi, CdS] • I giudizi su di lei sono divergenti. Chi la critica la considera un’opportunista. Per i maligni è scesa in campo solo per mettersi in mostra e farsi scegliere da Trump come vice. Ha cominciato a picchiare duro solo quando ha capito che The Donald ha programmi diversi. Chi la appoggia (anche i miliardari Koch e molti finanziatori repubblicani alla ricerca di un’alternativa a Trump) vede in tutto ciò segni di pragmatismo, maturità politica, capacità di manovra [Gaggi, CdS] • Antiabortista convinta, dopo la débacle dei repubblicani alle elezioni di Mid Term, ha cercato di smussare: «Sono personalmente contraria, ma non voglio vedere le donne in prigione», ha ripetuto più volte, distanziandosi dai colleghi di partito invocando un sistema dove l’aborto sia «sicuro, legale, raro» [Anna Lombardi, Rep] • Per risolvere l’annoso problema delle sparatorie nelle scuole statunitensi, Nikki Haley afferma che le scuole dovrebbero avere un unico ingresso, difeso da una guardia di sicurezza [Vivaldelli, cit.] • Gaffe di Nimarata: ha parlato delle origini della Guerra civile americana dell’Ottocento senza citare lo schiavismo che ne fu la causa principale. Attaccata duramente, ha cercato di limitare i danni: «Sono una donna del Sud, volete che non lo sapessi? Certo che dipese dallo schiavismo, volevo andare oltre l’ovvio». In realtà l’incidente, durante un incontro con gli elettori in New Hampshire, è stato serio e danneggia l’immagine che Haley ha cercato di costruire • Oltre ai donatori come Charles Koch – il petroliere che col fratello David, morto 5 anni fa, fu l’artefice dell’ascesa dei Tea Party – può contare sull’aiuto di Jamie Dimon, amministratore delegato di JP Morgan: «anche se siete democratici molto a sinistra, vi prego sostenetela per dare ai Repubblicani una scelta migliore di Trump», ha suggerito ai colleghi della finanza [Lombardi, cit.] • Sono i cosiddetti «Super PAC» (Political Action Committees) a generare gran parte delle risorse per le campagne elettorali. Si tratta di organizzazioni fondate con lo scopo di raccogliere fondi per sostenere un candidato e possono ricevere soldi sia da singoli cittadini sia da aziende e altre organizzazioni. Il Super Pac che ha speso di più in assoluto, almeno per adesso, è l’Sfa Fund, che ha supportato la candidatura alle primarie repubblicane di Nikki Haley con 68,1 milioni di dollari. Al secondo posto, con 47,9 milioni, c’è la Make American Great Again Inc, che come lascia intuire il nome appoggia esplicitamente Trump. Al terzo posto, con 47,5 milioni, c’è un altro gruppo che sostiene Nikki Haley: si tratta della Americans for Prosperity Action, un super Pac di attivisti conservatori guidati dal miliardario Charles Koch. Il governatore della Florida Ron DeSantis, che come Haley cerca di strappare la nomination a Donald Trump, può contare sull’appoggio del super Pac Never Back Down, che lo ha supportato con 37,8 milioni di dollari. DeSantis, però, è anche il candidato repubblicano più attaccato di tutti, con oltre 47 milioni spesi proprio per danneggiare la sua candidatura [Open] • Il 15 gennaio, nei Caucus in Iowa, con il 19,1% delle preferenze, è arrivata terza dietro a Ron DeSantis (21,2%) e Donald Trump (51%). In New Hampshire poco più del 50 per cento dei partecipanti ha dichiarato di voler votare per l’ex presidente o di essere comunque orientati verso di lui, mentre il 34 per cento ha detto la stessa cosa della Haley. Il sei per cento ha dichiarato di essere ancora indeciso. Solo il cinque per cento ha espresso una preferenza nei confronti del governatore della Florida, Ron DeSantis [Nbc, Boston Globe] • Poi toccherà al South Carolina: è il suo Stato, ma proprio qui Trump ha lavorato duro accumulando il distacco maggiore dagli inseguitori [Gaggi, CdS] • A Trump Haley però fa ancora paura, continua a chiamarla Nimarata anzi «Nimrada», «figlia di non americani». Attacca: «Nimrada conta sul fatto che i democratici si infiltrino nelle vostre primarie per vincere in New Hampshire»; «È pro-Biden, pro-immigrazione e pro-Cina» • «Mia madre diceva sempre: il tuo lavoro non è concentrarti sulle differenze, ma sulle somiglianze» [Vivaldelli, cit.].
Titoli di coda «Volete davvero due ottantenni alla guida del Paese?» (slogan di Nikki Haley).