23 gennaio 2024
Tags : Nastassja Kinski
Biografia di Nastassja Kinski
Nastassja Kinski, nata a Berlino il 24 gennaio 1961 (63 anni). Attrice e modella. Figlia dell’attore Klaus Kinski (1926-1991).
Vita «Non ho mai avuto la sensazione di appartenere ad un solo posto. Sono stata sballottata a destra e a manca fin da piccola, mi sono sentita spesso sola. Ma questa dimensione nomade mi ha insegnato molto, mi ha fatto crescere in fretta. Il cinema, poi, è stato il collante che mi ha tenuta unita: è stato una vera fortuna» (a Silvia Bizio) • «Con al madre Ruth Brigitte Tocki lascia casa a soli 10 anni; con il padre Klaus Kinski non si rivedranno praticamente più (vedi sotto, ndr). Pochi anni dopo comincia a posare per qualche servizio fotografico, finché nel 1975 avviene l’incontro che le cambierà la vita: quello con Wim Wenders» (Cecilia Ermini) • «Nel 1975 esordisce al cinema con Falso movimento di Wim Wenders. Col regista tedesco girerà il mitico Paris, Texas (1984) e Così lontano, così vicino (1993). “Wim è stato il mio primo regista, ha messo le basi di tutto. Con gli altri è stato diverso, compresi gli italiani che hanno un metodo di lavoro molto immediato, ti dicono le cose in poche parole, anche in un modo buffo”. Il suo volto è simbolo del cinema degli anni 80: nel 1984 recita in ben cinque film: Il bacio della pantera di Paul Schrader; Un sogno lungo un giorno di Francis Ford Coppola; Paris, Texas di Wenders; Maria’s lovers di Andrej Konalovskij e la commedia Un’adorabile infedele di Howard Zieff con Dudley Moore. Tra gli altri film Revolution a fianco di Al Pacino, Harem con Ben Kingsley. Con Voglia d’amare di Jacques Deray, grazie al quale ottiene una nomination ai César come migliore attrice protagonista. Gira Acque di primavera di Jerzy Skolimowski e Umiliati e offesi, del 1991. Con la nascita dei figli si allontana dal set. “Adoro il cinema, è la mia vita, ma l’idea di allontanarmi da loro mi blocca. E poi - spiegava Kinski qualche anno fa - sono in quell’età di mezzo in cui per noi donne è difficile trovare il copione giusto”. Nel 1976, quindicenne, Nastassja si lega al regista polacco Roman Polanski, di quasi trent’anni più vecchio di lei. “Roman è la passione, ha passione per ogni cosa e per ogni persona che lavora con lui. Non si tiene nulla dentro, ti dice quello che pensa, e non ti fa mai sentire che vali meno di lui, però è esigente. Riesce a tirarti fuori il meglio”. Nel 1979 la dirigerà in Tess, trasposizione del romanzo di Thomas Hardy, interpretazione che vale alla giovanissima Nastassja il Golden Globe. Nel 1978 Alberto Lattuada la sceglie come protagonista del film Così come sei al fianco di Marcello Mastroianni. Trascorre molto tempo in Italia, lavora con Lina Wertmüller (In una notte di chiaro di luna), gira due film con Francesco Maselli, L’alba e Il segreto. I fratelli Taviani la scelgono per Il sole anche di notte, Sergio Rubini la chiama per girare La bionda. Nel 2012 gira sulle Dolomiti Il turno di notte lo fanno le stelle di Edoardo Ponti, dal racconto di Erri De Luca, che è anche tra gli interpreti con Julian Sands e Enrico Lo Verso. Nel 2017 partecipa come ospite a Ballando con le stelle. Il 10 settembre 1984 ha sposato il produttore egiziano Ibrahim Moussa, da cui ha avuto i due figli, Aljosha e Sonja Leila, modella. Divorziano nel 1992, con una guerra in tribunale finché i figli non vengono assegnati alla Kinski che vive in California. Inizia il rapporto col grande produttore musicale Quincy Jones: nel 1993 nasce Kenya Julia Miambi Sara, anche lei modella» (Silvia Fumarola).
Padre «Klaus Kinski è morto nel 1991. Sessantacinque anni bruciati in fretta. Quando morì, Nastassja stava lavorando a Milano alle riprese del film La bionda di Sergio Rubini: non volle dire nulla, restando chiusa in albergo. È stato l’angelo nero del cinema, il suo regista feticcio, Herzog (con cui lavorò in tre titoli cult come Aguirre, Nosferatu e Woyzeck) nel documentario che gli dedicò disse che era un attore impossibile da dirigere. E sarebbe stato folle pretenderlo. Il loro sodalizio si era interrotto bruscamente. Due utopisti in cui arte e vita si fondono. Ma Kinski aveva anche un’anima nera. Pola, sorella maggiore di Nastassja, in un’intervista a Stern disse che a casa era un orco, che aveva abusato di lei, sistematicamente, tra i 5 e i 19 anni; aggiunse che secondo il padre “era normale, dappertutto nel mondo i padri lo fanno con le loro figlie”. Un sadico il cui talento al cinema si riassumeva negli occhi. Pola ha scritto un libro sulla sua terribile infanzia, una denuncia coraggiosa e dolorosa, il ritratto di un padre privo di scrupoli che ha distrutto la sua vita. Nastassja nel 2013 commentò in un’intervista al settimanale tedesco Bild: “Sono orgogliosa di mia sorella, della forza che ha avuto nello scrivere un libro del genere. Conosco il contenuto, ho letto le sue parole”. Si era già espressa, per questo mi spinsi a chiederle (forse sbagliando, forse avrei dovuto non farlo) se avesse perdonato suo padre. Col senno di poi dovevo evitare, benché fosse di dominio pubblico. Ma era una ferita non rimarginata» (Valerio Cappelli) • «È l’attore tedesco che più di ogni altro ha incarnato fino all’estremo il binomio genio-sregolatezza: è entrato nell’immaginario collettivo con le sue interpretazioni di criminali e personaggi al limite della follia, è rimasto celebre per i suoi accessi di collera o per gli insulti urlati a colleghi e registi, a 24 anni è finito per tre giorni in una clinica psichiatrica per presunta psicopatia. Il lato più oscuro di Klaus Kinski, l’enfant terrible del cinema tedesco, era rimasto però nascosto. È riemerso a oltre vent’anni dalla sua morte. A rivelarlo la figlia maggiore, Pola, al settimanale Stern: suo padre l’ha violentata per oltre un decennio. Ha iniziato quando lei era ancora una bambina, a 5 anni, e ha smesso quando ormai era una donna, a 19. “Non badava a niente, neanche al fatto che spesso mi sono opposta e ho detto: ‘non voglio’. Non gli importava nulla, si prendeva semplicemente quello che voleva”, ha detto Pola. A tre anni suo padre e sua madre, la cantante Gislinde Kühlbeck, divorziarono. Lei andò a vivere dalla madre, ma poi, quando questa conobbe un altro uomo, iniziò a sentirsi non più amata. Una situazione sfruttata dal padre: Pola si trasferì da lui e lo seguì a Berlino, Roma, Madrid. Kinski, scrive Stern, “la sgridò, la gettò contro il muro, la violentò e la ricoprì di lusso”. “Si concesse un piccolo oggetto sessuale adagiato su un cuscino di seta”, spiega la donna, che confessa di aver vissuto tutta l’infanzia nel terrore dell’ira di suo padre. “Quando l’ho visto nei film ho sempre pensato che fosse esattamente come a casa”. In fondo, è la sua conclusione, “ha abusato di tutti, non ha mai rispettato le altre persone”. […] In passato sono già circolate voci secondo cui Kinski avrebbe violentato anche la figlia secondogenita (nata da un altro matrimonio), l’attrice Nastassja Kinski. Nel 1999 una giornalista del Guardian le chiese se suo padre avesse abusato di lei: “No, non nel senso che intende Lei – rispose Nastassja Kinski -, ma in altri modi sì”» (Alessandro Alviani) • «Nel 2015 madrina del Festival di Venezia era Nastassja Kinski che, scortata da un’organizzatrice di eventi, faceva il giro dei tavoli. Nastassja non è stata soltanto una bellissima ragazza dal volto di cerbiatta che ha bruciato i tempi lavorando con Polanski e Wenders: era molto di più, era una sirena fragile e inquieta che incantava. Nel mezzo della festa, fui presentato. L’attrice esclamò con fare minaccioso, “ah, sei tu...”. E mi scagliò un bicchiere di vino rosso in faccia. […] Un mese prima le avevo proposto un’intervista, che lei accettò a una condizione: quella di mandarle una domanda al giorno. Accettai quella bizzarria. Un’intervista a puntate, come un feuilleton dell’800. Mi sembrava divertente. E poi avrà tempo e modo di riflettere su alcuni episodi della sua vita, pensai. Mi scrisse nel suo italiano arrangiato alternato all’inglese: “Possiamo fare così, che la mail da lei a me viene da lei Valerio, così avrò l’impressione che è veramente lei chi mi fa l’intervista, e che parliamo lei e io. Sarebbe bello”. Rispose senza alcuna mediazione o intervento di persone a lei vicine. Ho ritrovato le mail che ci scambiammo con le mie domande e le sue risposte, così emotive e palpitanti di sentimenti. Nastassja cercava “la luce e non il buio, il coraggio e non la paura, anche la paura fa parte della vita, ma lasciamo vincere l’amore”. La domanda tredici era la seguente: “Ci siamo incrociati al Festival di Taormina, io stavo parlando con Antonello Venditti, che le disse che aveva conosciuto suo padre. Lei fece cenno con la bocca di non andare oltre. Le vorrei solo chiedere: che cosa non perdona a suo padre?”. […] In ogni caso, il capitolo Klaus Kinski mi sembrava inevitabile. Nell’intervista le domandai: “Lei non vuole parlare di suo padre”. Proseguii rammentandole l’episodio con Venditti a cui avevo assistito. Nastassja rispose: “Quella è stata una cosa privata”. Tutto qui. Non c’è una parola di più. A un certo punto del nostro strano carteggio scrisse: “Il resto scriverò una alla volta”. Proseguimmo a conversare su binari del tutto tranquilli: “Mi ritengo fortunata, il cinema mi ha salvato la vita, da adolescente poteva andare in un’altra direzione, nel buio, nell’incertezza di poter sopravvivere. Ma sono una persona solare. I miei film hanno vinto premi, mi hanno fatto capire che siamo tutti diversi e unici, senza il cinema non avrei avuto queste esperienze. E sarei stata un’altra persona. Ogni attore con cui ho lavorato mi ha dato qualcosa. È stato un grande viaggio” […] Nastassja Kinski negli Anni 80, giovanissima, è stata un’icona. È una donna fragile, molto sensibile. Aveva 54 anni al tempo della nostra intervista dall’epilogo così alcolico. Cercava di proteggersi da demoni e ferite del passato. Parlammo dei suoi inizi nel cinema, a 12 anni, del manifesto della Biennale in cui il suo volto veniva rielaborato dall’artista Simone Massi, sullo sfondo c’è Jean-Pierre Léaud, l’attore feticcio di Truffaut. Mi disse che il suo volto era tratto da Così vicino e così lontano di Wim Wenders, “un disegno che mi fa sentire in sintonia con i sentimenti di mille altri artisti, mi sembra che questo manifesto catturi un’idea del nostro mondo. È un’immagine piena di mistero e di sogni, come lo sono Venezia e il cinema”» (Valerio Cappelli).