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 2024  gennaio 27 Sabato calendario

Biografia di Gianluigi Buffon detto Gigi

Gianluigi Buffon detto Gigi, nato a Carrara il 28 gennaio 1978 (46 anni). Ex calciatore. Portiere. Campione del mondo con l’Italia nel 2006. Vicecampione d’Europa nel 2012. Dirigente sportivo. Dal 5 agosto 2023 capo delegazione della nazionale italiana di calcio • «Non so se sia il più forte portiere di sempre, però non riesco a ricordarne un altro che sia stato migliore di lui» (Sandro Mazzola) • «È il Maradona dei portieri» (Arrigo Sacchi).
Carriera Lanciato nel 1995 dal Parma, squadra con cui nel ’99 vinse la coppa Uefa. Dal 2001 al 2021 ha giocato sempre nella Juventus. La tradì solo nella stagione 2018-2019: era passato al Paris Saint-Germain perché – a detta di molti - voleva vincere la Champions League, poi se ne è pentito ed è tornato a Torino. Undici scudetti (nove ufficiali, nel 2002, 2003, 2012, 2013, 2014, 2015, 2016, 2017, 2018 e due conquistati sul campo, nel 2005 e 2006, ma poi revocati in seguito allo scandalo che vide protagonista Luciano Moggi). Un campionato di B (2007), un campionato francese (2019). Cinque Coppe Italia. Sette Supercoppe, sei italiane, una francese • Nel 2021 è tornato al Parma: due stagioni in Serie B, fino al ritiro nel 2023 • Nel 2006 finì al secondo posto nella classifica del Pallone d’Oro, preceduto da Fabio Cannavaro. Ha giocato più di mille partite. Dall’11 ottobre 2013 vanta il maggior numero di presenze in Nazionale, avendo superato le 136 di Cannavaro. Suo è il record di imbattibilità nella Serie A a girone unico: nella stagione 2015-2016 ha mantenuto la sua porta inviolata per 974 minuti • È alto 1 metro e 92, pesa 92 chili • «Buffon, per gli italiani, è il portiere più forte del mondo, probabilmente di sempre. È il coraggioso, lo sprezzante e l’indomito. È anche stato raccontato, in maniera più o meno intima, centinaia di volte: le scommesse, la depressione, il matrimonio, i figli, gli scudetti. Lui, è ovvio, si rialza sempre. Di Buffon rimane una maschera, ed è una maschera che è impossibile da togliere, è la maschera del personaggio coraggioso, dello sprezzante e dell’indomito. Buffon non sbaglia mai, e non è mai insicuro. Buffon non le manda a dire a nessuno. Buffon è sempre a testa alta. Buffon è un “uomo vero”. E via dicendo. Per questo è difficile scrivere di Buffon. Perché ha recitato così bene la parte dell’eroe, o di quel particolare tipo di eroe» (Davide Coppo).
Vita Racconta la mamma: «Il 28 gennaio 1978 mi nasce perfetto tra le otto e le nove, pesava quattro chili, l’ho fatto in tre minuti. Un’ora dopo arriva l’infermiera. “Mio figlio è morto?”. E mi porta a vederlo: era cianotico, disteso come Cristo in croce con le flebo, faceva 130 respirazioni al minuto. “Asfissia da cordone ombelicale. Se c’è stato un danno cerebrale ora non lo possiamo sapere”. E invece lui al nono mese ha cominciato a parlare e a camminare. È stato il primo in tutto» (a Elvira Serra) • Famiglia di sportivi. Il padre Adriano (Latisana, Udine 1945) fu medaglia di bronzo nel lancio del peso agli Europei di Varsavia del 1964. La madre, Maria Stella Masocco (Treschietto, Massa Carrara 1948), fu campionessa italiana di lancio del peso e del disco, stabilendo nello stesso giorno (14 maggio 1972) il record italiano in entrambe le specialità (15,43 e 57,54). «Un donnone che è meglio non contraddire» (Serra) • Le sorelle Guendalina (n. 1973) e Veronica (n. 1975), pallavoliste, hanno giocato sia in A1 che in Nazionale • «I miei genitori mi hanno insegnato parecchio […] Da piccolo spesso non li ascoltavo e mi stavano pure antipatici. Crescendo ho capito che quasi sempre avevano ragione» (a SportWeek) • «Fin da quando mi divertivo in pineta con i miei amici, a 6 anni, sapevo che il mio sport sarebbe stato il calcio. Proprio a quell’età i miei mi hanno iscritto alla scuola calcio Canaletto, di La Spezia. Mi ricordo l’allenatore, Libero Salvetti, e tanti bambini che volevano solo entrare nel calcio, come me» • «In una foto di squadra, scattata in un giorno d’inverno e di sole del 1986, è il più alto della squadra. Non c’è, in questa foto, nessun dettaglio da cui si possa trarre un banale o scontato “già si vedeva che…”: il bambino Buffon è soltanto alto, e come tutti gli altri suoi compagni ha le braccia incrociate, forse per il freddo, e indossa la maglietta gialla e rossa della società spezzina» (Coppo) • «Quando sono stato in età da Pulcini sono andato a giocare nel Perticata, squadra di Carrara. Ho un bel ricordo degli allenatori e di molti compagni. Fra l’altro non avevo nemmeno un ruolo definito, anche se già all’epoca mi entusiasmavano i portieri. Spesso giocavo a centrocampo, non me la cavavo male» • «Quando avevo 7 anni i miei mi regalarono un Subbuteo. Tenevo un quadernone con gli appunti, e facevo i sorteggi per il mio campionato» (Costanza Rizzacasa D’Orsogna) • «Giocai la mia prima partita a San Siro, a 10 anni, una sfida fra i migliori bambini della Toscana e quelli del Veneto. Un’emozione incredibile, giocammo prima di Inter-Verona, nella stagione dello scudetto interista 1988-89» • «Il mito assoluto per me era Thomas N’Kono, il grande portiere del Camerun. Il mondo lo aveva conosciuto ai Mondiali del 1982, ma io ero troppo piccolo per ricordarmene, e mi innamorai di lui durante Italia ’90, quando con la sua Nazionale batté l’Argentina campione del mondo in carica nella partita iniziale e poi arrivò nei quarti di finale, dove venne eliminata dall’Inghilterra, grazie anche a due generosi calci di rigore concessi agli inglesi. Mi ricordo che quella sera piansi» • «A Subbuteo la partita più bella fu una finale di coppa Camerun-Argentina. Io tifavo Camerun, ma nel primo tempo perdeva 2 a 0. Così io pilotai il finale e vincemmo 3-2» (alla Rizzacasa D’Orsogna) • Nel 1990 comincia a giocare nel Bonascola, sempre da centrocampista. Poi, nel 1991, lo acquista il Parma per quindici milioni di lire. «L’anno dopo arriva la classica curva del destino: si infortunano tutti i portieri dei ducali, e dopo due settimane Buffon è titolare tra i pali» (Coppo) • «Mio padre mi disse: “Prova Gigi, fai un anno in porta e poi torni in mezzo al campo”. Sono entrato tra quei pali e non ne sono uscito più» (a Giuseppe De Bellis) • Ha quattordici anni quando un dirigente del Parma gli dice: «Tu a vent’anni sarai in serie A». Risposta: «Sì, e nel frattempo che faccio?» (da Emilio Marrese) • Diventa titolare nel 1996 con Carlo Ancelotti, debutta con il Milan. «Entrando in campo mi sembrò di avere sempre giocato in serie A, ma non era una sensazione da spaccone, era solo che mi sentivo al mio posto» • Gianni Mura: «L’ho visto esordire contro il Milan parando anche le mosche e ho scritto che era destinato a diventare un grandissimo» • Nel 1997 Cesare Maldini lo chiama in nazionale, lo fa esordire contro la Russia alle qualificazioni per i mondiali in Francia: «Un freddo cane. Lì, sì, emozionantissimo […] A pochi secondi dalla mia entrata in campo feci una parata difficile e mi sbloccai» • Lo chiamano «Superman». Lui dice: «Io leggo Topolino» • «Un consiglio ai giovani portieri? Essere più strafottenti. E non spaventarsi davanti al primo errore. Io da ragazzo ero spocchioso ai limiti dell’incoscienza» (a Luca Calamai) • Gigi è una testa calda • «Nell’ultimo anno andavo a scuola poco, tra squadra e Nazionale, e non vedevo l’ora che uno dicesse: ‘Ragazzi, sciopero’. Ero il primo che diceva a tutti di uscire […] gli altri mi seguivano volentieri. La sera andavo a dormire a scuola, entravo con la Vespa, facevo dei lavori da matti». Non arriva al diploma • «Ero ultrà, del Commando Ultrà Indian Tips, il nome del gruppo di tifosi che seguivano la Carrarese, ancora ce l’ho stampato sui miei guanti. […] covavo una sensazione di onnipotenza e invincibilità. Mi sentivo indistruttibile, pensavo di poter eccedere, di fare quel che volevo. Mi tengo ben stretta la sana follia dei miei vent’anni. Ho fatto le mie cazzate, ne ho assaporato il gusto e in un certo senso sono contento di non essermene dimenticata neanche una […] Ho accuratamente evitato di drogarmi e doparmi, al massimo una canna. Semmai ricordo la nuvola di fumo che avvolge i tifosi della Casertana, una nebbia provocata non dai fumogeni, ma da 200 canne fumate tutte insieme» (a Vanity Fair) • Prepara gli striscioni nella camera del suo collegio • Una volta dà un passaggio a un tifoso del Parma, la polizia li ferma al casello, quello scappa, lui si prende qualche manganellata • «Sono arrivato presto in questo mondo, a 17 anni, e penso avessi tutto il diritto di crescere sbagliando. Poi chiaro che a differenza di un altro ragazzo le mie storie finivano sui giornali. Se dicessi che sono soddisfatto, sarei scemo, però non mi sento in colpa. Un po’ della mia gioventù la volevo vivere come piaceva a me» (a Massimiliano Nerozzi) • «Ha la bandana del pirata e lo sguardo limpido del guascone per caso, di quello che, quando fa una marachella, lo beccano subito. Mentre altri, molto peggio di lui, la sfangano sempre» (Roberto Perrone, Corriere della Sera, 5/8/2003) • «Ha detto che a 18/20 anni ha capito che doveva cambiare qualcosa. Che cosa? “Molto semplicemente mi accorsi che era necessario un salto di qualità nella mia maturazione personale. Parlo di Gianluigi, più che di Buffon. Parlo di un ragazzo più che del portiere. Capii che alcuni miei atteggiamenti da guascone erano esagerati e, all’interno di uno spogliatoio che vive di equilibri, fuori luogo. Tutto qui”. Ma a 20 anni si ha il diritto di sbagliare? “Sinceramente ritengo che a qualsiasi età si abbia il diritto di sbagliare. Come dicevo prima, gli errori credo davvero siano la base di partenza per la maturazione e la crescita individuale”» (De Bellis) • Nel 2001 arriva a Torino. «La Juve ti cambia come è giusto che sia. Non sono i giocatori a fare la Juve, ma il contrario» (a Fabrizio Salvo) • Fa un esordio incerto, poi continua a migliorare. Nel 2002 la squadra supera l’Inter all’ultima giornata, Gigi vince il suo primo scudetto. Fa il bis l’anno dopo. Vince la Supercoppa italiana. Arriva in finale di Champions, contro il Milan, perdono per un soffio. La Uefa, ciononostante, lo premia lo stesso come miglior calciatore della stagione: non lo aveva mai fatto con un portiere • Eppure Gigi comincia a soffrire di depressione. «Avevo 26 anni, ero già affermato, forse non ero appagato sentimentalmente, ma i veri motivi non li ho ancora capiti. Era terribile. Una volta, prima di una partita contro la Reggina, mi prese una crisi di panico. Durante il riscaldamento chiesi all’allenatore di non giocare, di far scaldare un altro portiere. Lui si scaldò, io lo guardavo e capii che avrei creato un precedente dannoso. Sono andato in campo, anche questo mi è servito» (a La Gazzetta dello Sport) • Va anche da una psicologa • «Mai pensato di mollare il pallone? “Sai cosa pensi in quei momenti? ‘Ma porca puttana, perché sono Gigi Buffon, il calciatore conosciuto?’ Perché finisce che, a volte, diventi schiavo della tua figura, di quello che sei. Se Buffon dice: ‘Vado due mesi via, a curarmi la depressione’, è finita. Dopo, ogni volta che sbagli, una parata per esempio, ci sarà sempre il richiamo di questa cosa. Allora non ti puoi permettere di andare via tre mesi per curarti?”. Cita Marilyn Monroe: “Meglio piangere su una Rolls Royce che in un tram affollato”, dicendo, però, che aveva torto. “A parte che io giro con una 500, neanche mia, ma della Juve. Voglio dire che materialmente non mi mancava nulla, ma poi capisci che oltre alle cose, ci devono essere dei valori morali, affettivi, religiosi. Quando ti mancano, rischi”» (Massimiliano Nerozzi) • Nel 2004 il suo primo europeo da titolare. «Ero molto spaventato dalla prima uscita. Avevo paura di fallire. Grazie al talento e alla fortuna ho disputato una buona partita. E ho svoltato. Ricordo lo choc e le emozioni procurate da alcune parate importanti. Al fischio finale, per la prima volta in 5-6 mesi, non ho più sentito tremori alle gambe: stavo ritrovando la forza che mi aveva sempre accompagnato. Era come se fossi nato di nuovo. La partita finì 0-0, erano tutti arrabbiati tranne me, che avvertivo di aver probabilmente superato un momento difficile» (a De Bellis) • Due anni dopo è ai Mondiali di Berlino: «In finale ai rigori ero straziato psicologicamente. Quando l’arbitro ha fischiato la fine dei supplementari non avevo più un barlume di forza emotiva. Sapevo di non avere la testa per parare i rigori. Dopo la fine della partita sono svenuto negli spogliatoi ed è un miracolo che non sia successo in campo» (a Federica Furino) • «Valeva la pena giocare a Torino in serie B da campione del Mondo? “Indiscutibilmente sì. Qualche volta questa certezza è vacillata. Certo, alcune conquiste non me le avrebbe mai tolte nessuno, parlo del rapporto con il mondo Juve, società e tifo, per esempio. E l’emblema è stato il comportamento dei tifosi dopo il gol del Lecce e nel riscaldamento di Trieste. Commovente”» (Corriere della Sera) • «L’esperienza della B nasce da Calciopoli. Come giudica quella sentenza? “Io penso che nei confronti della Juve ci sia stato un accanimento eccessivo. L’opinione pubblica non vedeva l’ora che fossimo condannati pesantemente: negli ultimi anni i tifosi avversari, più che per le vittorie della loro squadra, hanno gioito per le nostre sconfitte. Le sentenze hanno tenuto conto anche di questo» (SportWeek) • «Sogno nella mia testa di stare sul campo fino a 80 anni, il nonno in porta con il bastone e con la maglia numero uno. E al tempo stesso immagino che tutto possa finire domani. Non mi pongo limiti, ma so che il conto prima o poi arriverà» (a Paolo Brusorio) • «Cosa le lascia questo ritorno in B con il Parma? “Un po’ di incazzature perché le cose non sono andate come pensavamo: diciamo che è stato un anno utile per prendere la mira. E poi conferme che cercavo, perché ho fatto cose pregevoli. Divertimento. Emozioni forti. Avversari e stadi inediti come Terni, Cittadella, Cosenza. Alla fine, tra A e B non c’è così tanta differenza”. Quale partita, nella sua carriera infinita, rigiocherebbe per cambiare il risultato? “Parma-Brescia 1-3, finale del Torneo di Viareggio ’96. Dopo10’ ci trovammo in 9 e ancora oggi, scherzando, rinfaccio quei due rossi a Trentalange”. Quale vorrebbe rivivere? “Real Madrid-Juventus 1-3, quella del rigore di Ronaldo in extremis. Siamo usciti dalla Champions, ma ho provato emozioni incredibili, mi sono sentito orgoglioso di essere capitano di quella Juve”» (ad Antonio Barillà).
Malefatte «Nel 1997 s’iscrive a Giurisprudenza, lui che non ha nemmeno fatto la maturità, presentando un diploma farlocco da ragioniere: la denuncia per falso in atto pubblico, chiusa patteggiando una multa, è a oggi l’unica grana giudiziaria vissuta da Buffon» (Gianluca Ferraris) • Scommettitore accanito. Nella primavera 2006 la magistratura indagò su alcune sue presunte puntate su partite della Juve: per alcuni giorni sembrò addirittura in pericolo la sua partecipazione al Mondiale. A dicembre l’inchiesta fu archiviata. «Non lo facevo per guadagnare, ma per divertimento» (a Perna).
Alena Dopo molti flirt, Gigi ha messo la testa a posto con la modella ceca Alena Seredova, conosciuta nel 2003 al Pineta di Milano Marittima per la festa dei 30 anni di Christian Vieri. Cattolicissimo, l’ha convinta a seguire dei corsi di catechismo per battezzarla e poterla poi sposare in chiesa: le nozze sono state celebrate il 16 giugno 2011, nella Basilica dei Santi Pietro e Paolo a Vyšehrad, collina sopra Praga; cerimonia sobria, con pochi vip e nessun calciatore (in luogo della marcia nuziale, però, She’s the one di Robbie Williams). Due figli: Louis Thomas (n. 2007) e David Lee (n. 2009). Thomas si chiama così come il suo idolo N’Kono.
Ilaria Gigi ha tradito la moglie con la giornalista di Sky Sport Ilaria D’Amico, cinque anni più di lui. Lei aveva già avuto un figlio dall’imprenditore immobiliare Rocco Attisani. Dopo la separazione di lui, nel 2014, hanno iniziato a vivere assieme. Hanno avuto Leopoldo Mattia (n. 2016) • Lui ha detto: «È stata la grande fortuna della mia vita, nonostante si sia dovuti passare da sofferenze inevitabili. È la persona che cercavo e quella che volevo. E spero di essere lo stesso per lei» • Lei dice che la notte, quando sono a letto assieme, lui la colpisce con delle manate perché si sogna i gol che non è riuscito a parare.
Soldi Appassionato di Borsa. Investe in immobili e in azioni. A lui e ad altri membri della famiglia Buffon sono riconducibili alcune società, tra cui la Buffon & Co. (immobili, attività pubblicitarie, servizi d’immagine), La Romanina (stabilimento balneare di Marina di Massa), la Hotel Stella della Versilia (alberghi) • «Non sono Warren Buffett, ma ci metto la faccia» (a Giuliano Balestreri) • È stato proprietario della Zucchi, storica azienda del tessile, dietro alla quale ha perso 25 milioni (stando a money.it), e della Carrarese, squadra di calcio della sua città, dichiarata fallita nel 2016 e ceduta a una cordata di imprenditori locali.
Politica «Tra destra e sinistra, preferisco la destra. È innegabile. Vorrei che fosse ripristinato un po’ di ordine» (a Giancarlo Perna) • Secondo il Foglio, nel 2006 stava tra An e Alessandra Mussolini («con Gianfranco Fini in vantaggio») • Nel 2013 appoggiò Mario Monti, gli scrisse una lettera aperta: «Lei è una persona tutta d’un pezzo, affidabile, seria, preparata e raziocinante: ha il mio appoggio totale e incondizionato» • «Entrerà mai in politica? “Si dice che in politica anche un angelo diventi una puttana. Ebbene, questa figura proprio non mi piace, non fa per me”» (La Gazzetta dello Sport) • Al Corriere, che glielo richiese nel 2018, rispose: «Mai dire mai».
Curiosità «Penso che avrei potuto giocare anche con il 179. Ciò che impreziosisce la maglia è il nome sulla schiena, non il numero. Mi piacciono i dispari, penso siano un’attrazione fatale per le persone disordinate, con estro e spirito relativamente libero. I pari sono per i metodici, gli intelligenti, i razionali» • Fuma • Gli piace leggere. I suoi autori preferiti sono Montanelli, la Fallaci e Giorgio Bocca. Citando Celentano dice: «Coltivo la mia ignoranza» • Ha una croce dei cristiani copti con la scritta «In hoc signo vinces» e porta all’anulare della mano destra un rosario da dito: «Devo farmi perdonare quello che dico in campo» (Furino) • Va in chiesa. «Di solito la mattina presto, durante la settimana» (la D’Amico) • Porta un braccialetto in memoria di Piermario Morosini, calciatore del Livorno morto d’infarto mentre giocava. Non lo toglie mai • «Il giocatore con cui ha giocato che ha sprecato più talento? “Cassano”. Il più simpatico? “Asprilla sicuramente, poi Simone Pepe”» (Della Valla, Conticello, Dalla Vite, La Gazzetta dello Sport) • Patito del tennis • Mania dei cerchietti • «Elegante o sportivo, scelgo abiti che attirino l’attenzione. Non mi va di essere scontato, banale» (a Salvo) • Il suo film preferito è Le ali della libertà • Gli piacciono i Queen e Jovanotti • Fa beneficenza. Ha fatto il servizio civile in una comunità per tossicodipendenti, ha passato un’estate in Africa per aiutare la popolazione locale a costruire un pozzo • Ha recitato ne L’allenatore nel pallone 2 (2008): «Il primo film con Lino Banfi in versione Oronzo Canà è sempre stato un cult, quando mi hanno chiamato ho accettato subito. Sono il pubblico ministero, Totti il difensore, Del Piero il giudice» • «Lei ha qualche tatuaggio come la quasi totalità dei suoi colleghi calciatori? “Nemmeno uno. Ricordi e simboli sono tutti nella mia testa”» (Cresto-Dina).