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 2024  febbraio 27 Martedì calendario

L’allarme della Crusca «L’italiano è a rischio»

«Io nacqui veneziano ai 18 ottobre del 1775, giorno dell’evangelista san Luca; e morrò per la grazia di Dio italiano quando lo vorrà quella Provvidenza che governa misteriosamente il mondo». È l’inizio delle Confessioni di un ottuagenario (1867), meglio note come Le confessioni di un italiano. Nel romanzo di Ippolito Nievo sono ben 69 le attestazioni della parola “italiano”, otto delle quali si riferiscono all’idioma nazionale. Nel marzo del 2023 la nostra lingua balzò alle cronache per via della proposta di legge, di cui era primo firmatario Fabio Rampelli, deputato di Fratelli d’Italia e vicepresidente della Camera, che puntava a istituire un Comitato in difesa della lingua italiana. In quell’occasione Claudio Marazzini, sul sito dell’Accademia della Crusca era allora lui a presiederla, denunciando il rischio che l’italiano, in contesti istituzionali o “ufficiali” (un bando di concorso, una domanda di finanziamento o un corso universitario), potesse essere marginalizzato, puntò il dito contro gli atenei: «Gli esempi più evidenti di emarginazione totale e autoritaria dell’italiano si sono verificati e si verificano in un settore di primaria importanza e di grande peso qual è l’ambito universitario» (Nuove leggi sull’italiano. Ma sono davvero “politica linguistica”?, 14 aprile 2023).
L’APPELLO
La questione si è ora riaccesa per via della decisione dell’Università di Bologna di cancellare dal prossimo anno accademico, nella sede di Rimini, il corso di laurea in Economia del Turismo. Sopravviverà invece quello in Economics of Tourism and Cities, i cui insegnamenti saranno tenuti nella sola lingua inglese. A lanciare l’allarme contro quest’assurda decisione, l’ultima di una ripetuta serie di preoccupanti tentativi di angloamericanizzazione dell’insegnamento universitario nostrano, è Paolo D’Achille, subentrato a Marazzini alla guida dell’accademia proprio nel 2023. Il 23 febbraio scorso D’Achille ha pubblicato sul sito della Crusca una lettera aperta, indirizzata a Giovanni Molari, rettore del prestigioso ateneo bolognese, e alla Ministra dell’Università e della Ricerca Scientifica, Anna Maria Bernini, in cui si è legittimamente domandato: «Il corso in inglese è un corso triennale e tra gli obiettivi di tutti i corsi di laurea triennale, di qualunque classe, figura, per legge, quello che ci consegue il titolo abbia un pieno possesso dell’italiano; come può essere assicurato questo obiettivo da un corso “la cui didattica si svolgerà interamente in lingua inglese”, come è specificato sul sito dell’Alma Mater?». La lettera è una risposta alle numerose segnalazioni del caso pervenute alla Crusca, e inviate dai sottoscrittori di un appello a ripensarci indirizzato dal sito https://italofonia.info (13 febbraio) ai responsabili dell’Alma Mater Studiorum. «È la battaglia delle battaglie», secondo Marazzini, «ma non mi pare ci siano segnali concreti, da parte di questo Governo, che dimostrino la chiara intenzione di fare davvero qualcosa a sostegno dell’italiano contro il “tutto inglese”. Vedremo comunque alla prova dei fatti chi, indipendentemente dalle proprie idee e dal proprio orientamento politico, deciderà di porre un freno alla progressiva marginalizzazione della nostra lingua». Secondo Michele Cortelazzo, professore emerito di Linguistica italiana all’Università di Padova, i corsi in lingua inglese «non vanno ostracizzati a priori. Ci possono essere scelte virtuose, o addirittura obbligate: un corso di studio sulla cooperazione internazionale, che si svolge esclusivamente in ambito internazionale e prevalentemente in inglese, ha senso che sia tenuto in inglese. Anche un corso di Italian studies, rivolto agli stranieri che vogliono avvicinarsi alla cultura italiana, può iniziare in inglese». L’importante, precisa, è che gli studenti, «via via che si impadroniscono dell’italiano, possano seguire i corsi nella nostra lingua». Il cuore del problema è un altro: «La cosa che più mi colpisce», conclude Cortelazzo, «è il fatto che molte università si guardino bene dall’osservare le prescrizioni, molto equilibrate, di una sentenza della Corte costituzionale di qualche anno fa. Come possono queste università promuovere un’educazione alla legalità nei loro studenti se non rispettano le indicazioni di una sentenza della più alta corte italiana?».
I SETTORI
Puntualizza Paolo D’Achille nella sua lettera: «La progressiva eliminazione dell’italiano dall’insegnamento universitario (come pure dalla ricerca) in vista di un futuro monolinguismo inglese costituisce, come ha osservato anche la European Federation of National Institutions for Language (EFNIL), un grave rischio per la sopravvivenza dell’italiano come lingua di cultura, anzitutto, ma anche come lingua tout court, una volta privata di settori fondamentali come i linguaggi tecnici e settoriali». Cosa farà, D’Achille, se il rettore e la ministra non le risponderanno? «Ho appena dato la disponibilità a partecipare a un forum sull’italiano organizzato alla Camera. Se non mi risponderanno tornerò a sollevare la questione in quella sede».