il Giornale, 27 febbraio 2024
Calligrafia, anche meno
Salviamo la scrittura a mano! Salviamo il corsivo! Salviamo i bambini dalle tastiere di computer e telefonini e iPad e tutte queste diavolerie moderne! Non lo dico io, lo dice il professor Claudio Marazzini, presidente onorario dell’Accademia della Crusca: «La scrittura manuale deve restare una forma primaria e deve essere curata la forma del corsivo leggibile» sostenendo che «si rischia di trasformare il nativo digitale in un analfabeta sostanziale», ricordandoci anche la bella grafia di suo padre, nato nel 1907, «perché aveva studiato a scuola calligrafia». Immagino usassero anche la stilografica, o magari preferiva la penna e il calamaio.
Io vorrei rispondergli anzitutto in quanto uno dei più grandi scrittori italiani viventi (notate l’umiltà, ho detto solo italiano), che non è nativo digitale: sono nato nel 1970, e ho iniziato a scrivere i miei primi libri a 15 anni, nel 1985, su un Commodore 64 (per poi iniziare a pubblicare diciotto anni dopo, con migliaia di pagine nel cassetto). Era bellissimo vedere i caratteri senza l’intralcio psicologico della mia grafia.
Non sono diventato un analfabeta sostanziale ma le mie opere sono studiate nelle università. I libri, d’altra parte, almeno dopo Gutenberg, li leggiamo tutti stampati, mica in copia anastatica. Inoltre non mi risulta che ci siano scuole che aboliscano del tutto la scrittura manuale, certo non so a cosa serva oggi insegnare calligrafia, nostalgia anche degli amanuensi? Infine vorrei chiedere una cosa al professore: se per colpa dei nativi digitali «le grafie diventeranno tutte illeggibili», come mai ogni volta che vado personalmente da un medico, qualsiasi età egli abbia, me ne esco con una ricetta che deve decifrare anche il farmacista? Il problema si sta risolvendo sa con cosa, professore? Con le ricette digitali.