Avvenire, 27 febbraio 2024
Il pericolo che i figli diventino «un lusso da ricchi»
Ifigli da ricchezza dei poveri, i “proletari”, oggi rischiano di diventare un lusso da ricchi. Ci sono tre “C” a frenare l’aspirazione di un/a giovane ad avere un figlio (il Costo, la Cura che merita, la Conciliazione coi tempi del lavoro), ma ce n’è una quarta che fa saltare il banco, la C di Cultura, a causa di un modello in voga che non mette più la nascita di un figlio fra le priorità della vita. Il tema lo pone il demografo Claudio Blangiardo: «Nel primo trimestre del 1943, in piena guerra, in Italia sono nati 240mila bambini, lo scorso anno sono stati 94mila», ricorda l’ex presidente Istat nel commentare i dati dell’indagine “Per una primavera demografica. Figli. Valori, speranze e paure dei giovani d’Italia”, curato dalla Fondazione Magna Carta.
D’altro canto, se la ricchezza da sola non basta, un po’ aiuta, come nella famosa massima che se “i soldi non fanno la felicità”, ma figurarsi a non avercene. Nel campione di giovani intervistati fra i 24 e i 28 anni a fronte di una media del 25% con figli, emerge che la percentuale sale al 50% fra chi ha un reddito sopra i 50mila euro annui, e scende progressivamente con la diminuzione del reddito: fra i 10 e i 15mila euro solo il 5% ha un figlio, sotto i 10mila la percentuale si azzera del tutto.
Il dato si ripresenta anche fra gli over 35, che hanno figli per il 53%, ma anche qui la percentuale sale in proporzione al reddito, raggiungendo l’80% per cento per chi ha un reddito sopra i 50mila.
«Abbiamo un problema se da 40 anni siamo sotto la soglia di ricambio generazionale, e da dieci battiamo ogni volta il record di denatalità, apprestandoci ad andare intorno ai 380385 mila. Il malato ha una serie di acciacchi, non esiste la soluzione», conclude Blangiardo. «Mettiamola così interviene il presidente di “Magna Carta” Gaetano Quagliariello – : i problemi sociali ci sono ed è su quelli che si deve intervenire, per invertire la rotta anche sul piano culturale. Se è accaduto in Francia e Germania possiamo farlo anche noi».
La “paura della responsabilità” assume un valore pari a 9 (su un massimo di 10) per giovani e giovanissimi, ma se il picco per i “problemi economici” (9) si raggiunge al Sud, al Nord il livello 9 lo si raggiunge sulle “limitazioni legate alla carriera” e sulla “mancanza di conciliazione fra lavoro e vita privata”, parametri che al Sud valgono 7. Ed è proprio il Sud, dove la voglia di mettere su famiglia e fare figli è molto più presente, che registra il massimo gap fra i desideri e la realtà. Il Mezzogiorno è in piena denatalità, come il resto d’Italia, mentre è a Bolzano il picco opposto.
«Dalla libertà di non fare figli, la donna deve essere messa in condizione di ritrovare la libertà di farli», dice l’ex senatrice di Iv Annamaria Parente. Anche “buone pratiche” aziendali possono aiutare. Marcella Tesone espone quelle di Engineering, azienda di prima grandezza nel campo della transizione digitale: asili nido e baby sitter aziendali, sostegno psicologico, smart working fino a 144 giorni l’anno per chi ha figli piccoli: «Sono misure adottate nei nostri contatti aziendali, e i feedback fra i lavoratori sono molto positivi».