il Fatto Quotidiano, 26 febbraio 2024
Breve storia dei plagi musicali
‘O sole mio, ‘o sole tuo? Questo è il dilemma. Più lo ami, più lo copi. E più viene fuori che tra gli autori di Yesterday dei Beatles c’è pure Mozart. L’enfant prodige del Rondò alla Turca. Ma come? Beh, un attimo: quel ritornello potrebbe avere un’assonanza con Il flauto magico. Poi qualche topo da biblioteca nel 2006 resuscita un’aria di repertorio napoletano del Settecento che somiglia maledettamente al brano dei baronetti di Abbey Road.
Tanti saluti al compositore viennese? In realtà la storia è andata più o meno così: Paul McCartney non riusciva a ricordare quale compositore l’avesse ispirato. Sullo spartito di Yesterday tra i nomi degli autori scrive spiritosamente: “Paul McCartney, John Lennon, cavalier George Martin, Mozart”. Certo, “Mozart che plagia i Beatles è solo apparentemente un paradosso. In realtà il plagio non è soltanto l’appropriazione della paternità di un’opera dell’ingegno altrui. È anche l’influenza psicologica che ci trasmette un individuo che abbiamo innalzato a nostro modello”, spiega il giornalista e critico musicale Michele Bovi. Il suo ultimo saggio (gustosissimo) porta infatti un titolo ingombrante, Anche Mozart copiava e plagiava i Beatles (edizioni Minerva). Niente di più vero.
Anche il grande Ennio Morricone copiava Bach (sarebbe meglio dire omaggiava). Il gancio de La resa dei conti in Per un pugno di dollari di Sergio Leone ha le note iniziali della Toccata e fuga in Re minore. Per non parlare degli sfottò che il due volte premio Oscar si prende dopo che i Subsonica riconoscono nella colonna sonora di Hateful Eight di Quentin Tarantino Tutti i miei sbagli, presentata al Festival di Sanremo 15 anni prima. Qualche linguaccia, e pure una diffida. Amen.
Mozart scopiazzava poi da Bach (che scopiazzava da Vivaldi), Gluck, Haydn, Paisiello, Giuseppe Sarti, Pasquale Anfossi: e stiamo parlando solo de Il flauto magico. “Se Mozart fosse vissuto ai nostri tempi avrebbe dovuto passare molto tempo, per i suoi plagi, in un’aula di pretura”, osserva il critico Giovanni Carli Ballola. Al suo posto, in tribunale, nel 1992 ci sono finiti Albano e Michael Jackson per I cigni di Balaka e Will You Be There. La spunterà il Re del Pop con alcuni magheggi: si compra i diritti di Bless You For Being An Angel degli Ink Spots da cui la Corte d’Appello civile di Milano ritiene si ispirasse la canzone. Ma nel processo fanno capolino anche Prokof’ev, i Nativi americani e un concerto per violoncello di Luigi Boccherini.
Niente da invidiare a Rossini, campione di plagi. Lo chiamavano “il tedeschino” per i suoi prestiti da Mozart. Pure Puccini saccheggia un po’ da Debussy per comporre l’aria della Tosca Vissi d’arte. Plagio? Bovi parla con più indulgenza di “simpatia ideologica”.
Non da meno sono le canzoni popolari. Mahler traspone in Re minore Fra Martino. Et voilà: ecco il terzo movimento della Sinfonia n. 1. Stessa cosa fa ancora Rossini, ma con un velo di ironia in più. Nel Petit Caprice per pianoforte sbeffeggia Jacques Offenbach riprendendone lo stile; lo trascrive con diteggiatura indice-mignolo della mano destra, in segno di scongiuro. Era infatti convinto che il musichiere del Can-Can, nonostante i licenziosi stacchi di coscia che agitavano la Parigi dei grands boulevards, sotto sotto portasse sfortuna.
Che dire di Lorenzo Pilat, tra gli autori del tormentone che lancia Caterina Caselli nel panorama italiano (e internazionale) nel 1966. Ossessionato dall’aria di Vincenzo Bellini, Fenesta ca lucive del 1842, incisa dal fantasmagorico Enrico Caruso, fa la magia. “Velocizzammo la frase musicale dell’attacco e cambiammo il testo, così: ‘Fenesta ca lucive e mo nun luce’ divenne: ‘Nessuno mi può giudicare nemmeno tu’. E vendemmo qualche milione di dischi”. Roba da 15 mila copie al giorno.
Nessuno può giudicare Pilat, nemmeno il trio autoriale Di Capua-Mazzucchi-Capurro che nel 1898 incide l’immortale ‘O sole mio, sempre con l’ugola aurea di Caruso. Colpo di genio o di orecchio? Quell’attacco inconfondibile, il Fa-Fa-Mi-Do che dondola sul pentagramma come un ramoscello al vento, richiama l’incipit dell’apertura del terzo atto di Mala vita di Umberto Giordano del 1892. Banale, eppure geniale. Fa-Fa-Mi-Do. Plagio? Ni: troppe poche note per configurare il reato, osservano gli esperti. E poi lo stesso Giordano si era rifatto ad altre melodie simili, se non identiche. Tipo un passaggio del Concerto per pianoforte op. 16 di Grieg (1868). Ma ci assomigliano pure la Corale Bwv 105 di J.S. Bach (1723) e il Carman’s Whistle di William Byrd (1592). Adamo ed Eva la fischiettavano già: mancano le prove.