La Stampa, 26 febbraio 2024
Intervista a Jasmine Paolini
Adesso sì che «Jasy» Paolini ci crede: vittoria nel 1000 di Dubai, un posto fra le prime quindici della classifica, sesta nella corsa che porterà alle Wta Finals di novembre. Come dire: Sinner, ci siamo anche noi. Anzi, ci siamo sempre state, e dopo Pennetta, Schiavone, Vinci ed Errani il Nuovo Tennis Paradiso azzurro ha il sorriso della ragazza di Bagni di Lucca che il tennis lo ha scoperto a sei anni, per merito di papà e dello zio, e a ventotto ha scoperto di poterlo giocare come poche al mondo.Jasmine, che cosa è cambiato?«Attorno ho sempre avuto chi mi diceva che potevo fare bene, ma io ci credevo e non ci credevo. Ho avuto bisogno di tempo. Di toccare con mano quello che potevo fare».Eppure mentalmente è tosta come Sinner, non si arrende mai, a Dubai è stata a tre punti dalla sconfitta.«Non è sempre stato così. Però sono contenta di come ho giocato la finale con la Kalinskaya, un punto dopo l’altro, cercando di godermi il presente, senza pensare troppo al risultato».Il suo progetto parte da lontano, a fianco di Renzo Furlan. Il clic quando è arrivato?«Più che un clic si è trattato di mettere un mattoncino dopo l’altro. L’anno scorso fra Cincinnati e il Canada, e dopo aver portato al terzo una erbivora come la Kvitova a Wimbledon mi sono detta che non ero poi male, e ho iniziato a provare soluzioni anche contro avversarie che non avevo mai pensato di poter battere».Neanche da piccola?«Da piccola non pensavo al futuro. Ho iniziato a giocare perché mi divertiva, poi qualche risultato è arrivato, la svolta è stata la convocazione al centro Fitp di Tirrenia. Lì ho visto la mia strada, prima era tutto un po’ astratto».Una persona importante per lei è stata Tathiana Garbin.«Da capitana ha avuto fiducia nel nostro gruppo quando eravamo in serie C, e nessuno credeva in noi, e ci ha portato alla finale in Billie Jean King Cup».Le radici sono al TC Bagni di Lucca, con il maestro Pieri.«Il posto dei ricordi. Sono nata a Castelnuovo di Garfagnana, ma cresciuta a Bagni di Lucca. Un piccolo circolo, tranquillo, da bambini si poteva correre e fare confusione, divertirsi, nessuno diceva niente».Altro posto del cuore: Lodz, in Polonia.«Sì, mia madre è polacca, ha conosciuto mio babbo quando è venuta in Italia con sua cugina. Il polacco lo parlavo bene, ora un po’ lo sto dimenticando. Sono tre anni che non vado a Lodz ma mi piace sempre tornarci, ho tanti ricordi d’infanzia e una nonna anche lì».Un nonno materno viene del Ghana: mai stata in Africa?«No, non c’è stata occasione»Jasmine: ci spiega questo nome esotico e bellissimo?«Mia mamma si chiama Jacqueline, mio fratello William, a mamma piacciono i nomi così».Jannik & Jasmine: quanto conta l’effetto Sinner?«Tantissimo, è un momento pazzesco per il nostro tennis, c’è grande energia, aumentano i fan, mi hanno detto che persino il Tg2 ha parlato della mia vittoria. Merito anche di Berrettini, e prima di Fognini, di Schiavone e Panatta, che di vittorie ne hanno ottenute tante ma forse non hanno avuto il riconoscimento che meritano. Ora sento dire che Sinner è stato il primo italiano a vincere uno Slam dai tempi di Panatta: il primo italiano maschio, aggiungerei…».Lo sport femminile è snobbato in Italia?«In tutto il mondo. È una questione culturale. Purtroppo ci vorranno anni prima di superarla. Non dico di rassegnarci, ma nel frattempo ben venga l’ondata di popolarità che porta Jannik, se serve anche a noi ragazze».Al posto di Sinner sarebbe andata a Sanremo?«Ciascuno deve fare quello vuole, Jannik ha fatto benissimo a non andarci se non si sentiva. Sanremo è Sanremo, negli ultimi anni lo guardo più volentieri. Però non so se ci sarei andata».Canzone preferita di quest’anno?«Tuta Gold, di Mahmoud».A letture come stiamo?«Leggo tre libri in tre mesi, poi nessuno per un anno. Sono più da serie tv: al momento mi manca solo una puntata di ‘Doc’, con Luca Argentero».La sua grande amica Trevisan le ha trasmesso la passione per il ballo?«No, ma con Martina ci facciamo comunque grandi risate».Un pensierino alle Wta lo sta facendo? Oggi sarebbe dentro. Forse si disputeranno in Arabia Saudita.«Le Finals in generale le giocherei in capo al mondo. Poi se mi chiede un giudizio sull’Arabia come paese, non mi sento in grado di rispondere».Torniamo ai pregiudizi: mai considerato l’altezza un problema?«Se lo facessi, sarebbe un casino. Certo, essere più alta mi aiuterebbe con il servizio, ma non ci penso e faccio con quello che ho».E in doppio gioca con Sara Errani, che non è un colosso neppure lei…«Il doppio mi sta aiutando tanto. Renzo (Furlan, ex azzurro da anni suo coach, ndr ) mi ripeteva sempre che giocandolo sarei migliorata nella risposta e nella volée. Lo gioco con più continuità da quando Sara mi ha chiesto se volevo fare coppia con lei, ho accettato anche in vista delle Olimpiadi e mi trovo benissimo. Sara mi sta insegnando tanto, specie nella visione del gioco».Alle Olimpiadi la vedremo anche in misto?«Mai giocato, ma l’idea mi attira molto»E con chi? Sinner, Sonego, Musetti…«Uno lo troveremo». —