Corriere della Sera, 26 febbraio 2024
Maurizio Costanzo ricordato da Emilia Costantini
Non era solito, Maurizio Costanzo, accettare inviti, ma data la nostra amicizia, quella volta mi fece un regalo: venne a pranzo a casa mia e, tra una portata e l’altra, assolutamente frugali, si rilassò in racconti e riflessioni. Si sbilanciò affermando addirittura che «sì, la televisione è importante, il mio lavoro principale, ma se potessi mollerei tutto, perché la mia vera passione è il teatro: la definirei una malattia, una piacevole perversione».
Ma non basta, quel giorno aveva voglia di confessioni: a me e a mio marito, medico, raccontò di quando parecchi anni prima, si sottopose a vari esami per verificare la «potenza» dei suoi spermatozoi: «Quando entrai dall’andrologo, provai un forte imbarazzo, dovendo sottopormi alla pratica onanistica, voi capite...». Poi aggiunse ridendo: «Ci scriverò una commedia: “Il bello addormentato nel bosco”». La scrisse e andò in scena, allora gli chiesi se potevo scriverne un articolo, accennando anche al suo aneddoto «onanistico». Lui ribatté: «Sì, ma non farci il titolo!».
Conosciuto dal grande pubblico come anchorman, Maurizio Costanzo era un uomo di teatro: ha scritto un gran numero di commedie, andate tutte in scena, ha anche diretto palcoscenici e festival teatrali importanti. Un commediografo militante pure nella pratica dei suoi talkshow, dei quali il più famoso e longevo, il Maurizio Costanzo Show, guarda caso si rappresentava proprio in un teatro, il Parioli, cui adesso viene giustamente aggiunto il suo nome. Il rapporto col pubblico dal vivo, per lui, era fondamentale e ci teneva a sottolineare che, pur essendo più noto come uomo-televisivo che come drammaturgo, «la mia è sempre stata una televisione di parola». Gli dispiaceva che sarebbe stato ricordato soprattutto per il talk su Canale 5.
Chiuso nel bagno
La passione per il teatro nasceva dall’infanzia. La madre si impensierì, quando lo scoprì chiuso in bagno a leggere a voce alta una commedia di Goldoni davanti a un portasapone che fungeva da microfono. Proprio per questa sua passione per il palcoscenico mi propose di seguirlo a Otranto, dove realizzò nel 2003 un caloroso omaggio al suo amico Carmelo Bene, scomparso l’anno prima.
Rimasi stupita dal fatto che, per l’occasione, Silvio Berlusconi aveva messo a disposizione di Costanzo un aereo privato. Durante il viaggio mi disse: «Gliela devo a Carmelo questa manifestazione d’onore, con lui condivido l’amore per il teatro». Atterrammo a Brindisi, dove ci attendeva un’auto con autista, con cui raggiungemmo la cittadina pugliese. Sul palco, a ridosso del Castello di Otranto, di fronte a una platea gremita, si avvicendarono momenti di commozione. «Si dice che Carmelo fosse “genio e sregolatezza” – affermò il conduttore —. Dopo di lui ho conosciuto solo sregolati. L’unico vero genio era lui».
Un’altra forte passione era per la radio, altro mezzo di pura parola: «Sin da piccolo, prima di addormentarmi, la ascoltavo: a casa ne possedevamo una enorme, per trasportarla bisognava essere in due». Ma la sua lunga carriera inizia dalla carta stampata. Non aveva giornalisti in famiglia, «forse un nonno materno pare che in gioventù scribacchiasse da qualche parte», diceva, eppure Maurizio iniziò facendo un giornalino scolastico alle medie e, a 14 anni, scrisse una lettera a Indro Montanelli, il suo mito. «Il grande giornalista mi telefonò a casa, invitandomi a visitare la redazione del Corriere della Sera».
L’invenzione del talk
A soli 22 anni era già caporedattore della redazione romana del settimanale «Grazia». Gli chiesi: raccomandazioni? «No! – rispose —. Mi aveva preso a ben volere il direttore della rivista e, per darmi un tono, mi aumentavo l’età, dicendo che di anni ne avevo 28». La svolta mediatica nel 1976 con «Bontà loro», il primo talk show italiano e si disse che si era ispirato ai talk già esistenti negli Usa. «Certo che esistevano – ribatteva Costanzo —, ma non ne sapevo nulla! Essendo poco portato per le lingue straniere, anche se l’avessi visto su qualche canale non avrei capito un accidente!». Un tipo di programma con cui ha lanciato tanti personaggi. Quelli di cui andava più orgoglioso erano Andrea Camilleri («Lo avevo ospitato perché avevo letto un suo romanzo che mi era piaciuto molto: mi rivolsi al pubblico mostrando il libro e dicendo compratelo») e Paolo Villaggio («Quando lo conobbi, a Genova, era un impiegatuccio che si esibiva in un piccolo locale»).
Estati da «fagottari»
Giornalista, conduttore radiofonico e televisivo, scrittore, sceneggiatore di film di successo («Una giornata particolare» di Scola), paroliere di indimenticabili canzoni («Se telefonando» con la musica di Morricone). Bulimico di lavoro: una volta se l’è vista brutta e il cardiologo gli raccomandò di smettere di fumare, di mangiare e di bere. Lui domandò: «Diventerò un maniaco sessuale? Il medico mi rispose: questo lo può fare, senza bisogno di Viagra». Non amava la vacanza, il suo passatempo preferito era il lavoro e, anche in ferie nella sua villa ad Ansedonia («Ho scelto questo luogo perché è l’anticristo della mondanità»), il cellulare era sempre in funzione. Apparteneva a una generazione non avvezza al progetto vacanziero: «Con la mia famiglia, potevo al massimo permettermi la deportazione a Ostia: una fatica disumana. Due autobus più il trenino per arrivare, poi l’inferno della spiaggia libera. Ci chiamavano “fagottari”».
Con l’aria bonaria del «romano de Roma», da qualcuno fu a volte definito uno «squalo». Non gli sono mancate liti con colleghi famosi: una storica con Gigi Proietti, quando Costanzo diventò il nuovo direttore del Teatro Brancaccio, di cui era stato fino a quel momento padrone di casa l’attore romano. Scoppiò una rissa mediatica, un botta e risposta tra i due mattatori senza esclusione di colpi. E quando andai a trovarlo al Brancaccio, dove si era appena insediato, precisò: «Non sono uno scippatore di cariche altrui. Io uno squalo? Hanno detto perfino che ero il fidanzato di Fiorello!». Non gli sono mancati i grandi amici, da Vittorio Gassman («Quando mi veniva a trovare, mentre fumava una sigaretta dietro l’altra, mi confidava i suoi dispiaceri») ad Alberto Sordi («Era delizioso: mi apriva il cuore»). E tanti nemici, uno fra tutti Totò Riina: «Avevo realizzato tante trasmissioni sulla mafia e so che Riina disse: “questo Costanzo ha rotto i co...”». Una sentenza, che si avverò con l’attentato del 1993, avvenuto davanti al Parioli e che per fortuna non andò a segno perché quel giorno lo showman aveva cambiato auto.
Le tartarughine
Tanti successi, ma anche lo scandalo della P2. «Tra tutti coloro che negarono di appartenervi, io l’ho ammesso, avevo la coscienza a posto». Un protagonista non autoreferenziale: è stato scopritore di talenti, compresa colei che sarebbe diventata la sua quarta e definitiva consorte, Maria De Filippi. «Col quarto matrimonio ho azzeccato la persona giusta». Mi ha sempre dimostrato amicizia e affetto, generoso fino alla fine, non solo regalandomi le tartarughine portafortuna, ne ho di varie dimensioni, ma invitandomi nel suo programma per annunciare miei nuovi progetti: l’ultima volta, il 25 novembre 2022 al Parioli, per presentare un mio romanzo appena uscito. Tre mesi dopo se n’è andato. La morte? «Un po’ di malinconia se penso alla morte c’è» mi aveva confidato anni prima. E aggiunse: «Curzio Malaparte, quando stava per morire, mi disse: “Vorrei avere una macchina da scrivere anche quando andrò di là, perché avrei ancora tante cose da scrivere”». Forse Maurizio ha espresso lo stesso desiderio.