Corriere della Sera, 26 febbraio 2024
Haley continua la sua corsa
Spesso, quando un candidato presidenziale perde nelle primarie in South Carolina, si ritira e torna a casa, perché dal 1980 (con l’eccezione di Newt Gingrich) chi vince in questo Stato vince la nomination repubblicana. La sconfitta di Nikki Haley in South Carolina, dopo quelle in Iowa, New Hampshire, Nevada e le Isole Vergini, è ancora più cocente perché è lo Stato di cui è stata governatrice. Ha perso anche a Bamberg (637 voti per Trump, 344 per lei), contea che nelle elezioni generali voterà per Biden e dov’è nata 52 anni fa da immigrati indiani.
Le prossime tappe
Eppure Nikki Haley non è tornata a casa, nella benestante isola di Kiawah Island, vicino Charleston, dove vive adesso e dove sabato al seggio ha accompagnato la mamma 87enne in sedia a rotelle. Invece, è volata in Michigan, tappa delle primarie di domani, e nei prossimi giorni terrà comizi in North Carolina, Virginia, Minnesota, Colorado, Utah, Massachusetts, alcuni dei 16 Stati che votano il 5 marzo nel cosiddetto Super Tuesday. Ha già investito milioni in spot televisivi.
Dopo l’annuncio dei risultati nel suo Stato, Haley non aveva il tono vittorioso di quando arrivò seconda in New Hampshire un mese fa, ma era determinata: «Oggi non è la fine della nostra storia». Ha parlato del «dovere» di offrire una «vera scelta» anziché «un’elezione in stile sovietico». Ma non ha indicato cosa farà dopo il Super Tuesday, un segnale che la sua campagna a quel punto potrebbe volgere alla fine. A suggerirlo sono anche le sue prospettive nei prossimi Stati. Anche se dovesse vincere in Michigan, le regole dello Stato fanno sì che Trump otterrà buona parte dei delegati attraverso la convention statale. E anche se 11 su 16 stati del Super Tuesday hanno primarie aperte o semiaperte e alcuni tendono a preferire moderati, i sondaggi in Vermont (Trump avanti di 30 punti) suggeriscono che Haley sia troppo moderata per la destra ma troppo conservatrice per i democratici del New England con le sue posizioni sull’aborto e le gaffe sulla Guerra civile. Spesso le campagne finiscono quando la cassa si svuota. L’ex governatrice ha i soldi per continuare fino al Super Tuesday. Ma il suo principale finanziatore, il gruppo «Americans for Prosperity Action» di Charles Koch, uno degli uomini più ricchi del mondo e storico donatore conservatore, ha annunciato ieri sera che non la finanzierà più. Il gruppo continua a sostenere che è lei la candidata migliore per battere Biden, ma sposta i soldi su altre battaglie che può vincere, al Congresso.
La minaccia
Negli ultimi tre mesi del 2023 Haley ha superato Trump nella raccolta fondi con 24 milioni di dollari contro 19. A gennaio, ha incassato 16,5 milioni, contro 8,8 di Trump, che è infuriato e ha minacciato di «bandire in modo permanente» i donatori repubblicani che la finanziano. Il magnate dei metalli Andy Sabin l’ha mollata, ma è arrivata una marea di offerte proprio in risposta a quelle minacce. «Ogni volta che Trump parla offende qualcuno», ha detto a UsaToday Munir Lalani, proprietario di hotel pachistano-americano, che le ha donato 30 mila dollari. In due giorni in California e Texas, a febbraio, Nikki ha raccolto 1,7 milioni: un terzo dei donatori invitati ad una raccolta fondi dal venture capitalist di Silicon Valley Tim Draper erano democratici. Lo è anche Reid Hoffman, co-fondatore di Linkedin, che però ha smesso di finanziarla dopo il New Hampshire. Altri hanno continuato – spiega l’imprenditore Art Pope della North Carolina – perché la considerano una «polizza di assicurazione» nel caso Trump venga condannato in tribunale o squalificato. Nikki Haley ha ancora risorse proprie (milioni guadagnati con conferenze e consulenze, frutto paradossalmente dei contatti creati grazie a Trump che la nominò ambasciatrice all’Onu) e avrebbe raccolto un milione di dollari nelle ultime 24 ore, ma a meno di sorprese la fine della corsa si avvicina.