la Repubblica, 25 febbraio 2024
L’altro finale di 8 1/2
8 ½(1963) ebbe una gestazione lunga e tormentata. In particolare, Federico Fellini immaginò quattro possibili finali del film. Optò inizialmente per il terzo, in cui Guido Anselmi alias Snaporaz (Marcello Mastroianni), suo alter ego, regista assediato dall’impotenza creativa e dai rimorsi, abbandona il film che stava per realizzare e ritorna a casa in treno con la moglie Luisa (Anouk Aimée). Ma nel vagone ristorante scopre le presenze di tutti i personaggi della sua vita, seduti nel convoglio che sfreccia nella notte. Questa sequenza (oggi perduta) fu girata, montata e sonorizzata ma la sua funebre cupezza non soddisfaceva Fellini che, in una lettera a Brunello Rondi, anteriore di due anni alle riprese, aveva già accennato a un’alternativa radicalmente diversa: «Il circo con tutti i personaggi della sua vita». “Il circo”, ossia la “sfilata” dove la gioia di vivere riprende il sopravvento con l’accettazione di se stessi e degli altri.La sequenza del “circo” non compare in nessuna stesura della sceneggiatura ma fu concepita soltanto al termine delle riprese e venne girata nei dintorni di Ostia, con quattro macchine da presa, l’11 ottobre 1962. Sulle prime, doveva essere il “prossimamente” del film ma quando la vide, Fellini pensò di avere finalmente trovato il finale giusto.Fino ad ora si pensava che ne esistesse un’unica versione: i quattro minuti e trenta secondi che possiamo vedere nel film dove Guido si riconcilia con tutti perché «è una festa la vita, viviamola insieme», e fa sfilare i vivi e i morti in una sfrenata passerella circense che però viene inghiottita progressivamente dalle tenebre. Nella sua sublime ambiguità, è una delle scene più belle della storia del cinema. La sequenza che fu all’origine di questo finale non èun mero trailer: si tratta di una bellissima variante, una sorta di “prima stesura”. Accompagnata dalla medesima musica di Nino Rota, dura tre minuti e trenta secondi ed è composta da inquadrature completamente diverse, così come sono differenti le battute e numerose azioni che coinvolgono i personaggi.Venne presentata alla censura il 26 febbraio del 1963, quindi scomparve, probabilmente sostituita da un trailer tradizionale. È stata ritrovata recentemente (e inconsapevolmente) da un collezionista e filmmaker messicano in una sorta di trama felliniana.È il ritmo, anzitutto, a marcare la differenza: se il “circo” che conosciamo comprende soltanto nove inquadrature, questa versione ne annovera ben quarantaquattro. Fra le tante situazioni, vediamo, ai bordi della pista, Luisa insultare aspramente l’amante del marito, Carla (Sandra Milo) chiamandola “Sporcacciona” e Guido chiedere a Rossella (Falk) diintervenire per calmarla. La Saraghina si diverte a provocare i preti del collegio, ancheggiando con aria di sfida proprio davanti a loro che le intimano di andarsene e alzano perentoriamente le braccia, in una gag basata su quella grafica icastica di cui Fellini aveva il segreto.Poi, come nel “circo” definitivo, Guido si inchina davanti al cardinale, circondato da prelati vestiti di nero (e non di bianco, come nel film) ma non interviene un altro prelato a proferire parole inudibili, bensì vengono tutti attorniati dai fotografi. Inoltre si inserisce anche un siparietto ironico con il produttore, al quale Guido si rivolge per rassicurarlo – «Ma no, non agitarti, è tutto pronto. Vedrai che costerà pochissimo» – e, come Giuda, suggella la bugia con un bacio. Tenterà poi di tranquillizzare la moglie che si è trattato solo di un gioco.Altra novità: Mastroianni chiama la diva Claudia col suo autentico cognome: «Claudia! Dov’è la Cardinale?». Poi interpella Milo col soprannome affibiatole da Fellini – “Sandrocchia” – così come Barbara (Steele), Marco (Gemini, il piccolo e sfortunato interprete di Guido fanciullo), Guido Alberti («Alberti più arrabbiato! Sei il produttore») e Madeleine Lebeau (la diva francese) che sorride guardando in macchina. Questa interpellazione allo spettatore, tipico stilema “illusionistico” felliniano – è più insistita perché viene ripetuta anche dalla giornalista americana pettegola, dall’illusionista, dalla soubrette Jacqueline Bonbon e dallo stesso Mastroianni. È un disvelamento delle reali identità degli attori cui Fellini rinuncerà nel film.Spiccano, inoltre, tre differenze significative: non c’è il richiamo alla madre, prima che salga sulla pista con il padre, e neanche il gesto di Guido che abbassa amaramente il capo ma i due genitori, vestiti di nero e non di bianco, si vedono solo per pochi istanti. Manca l’apparizione solitaria e conclusiva di Guidobambino e vestito di bianco (mentre in questa versione indossa sempre la divisa nera del collegio).Un’altra differenza importante è che Guido adulto non si unisce alla moglie, non sale anch’egli in passerella e soprattutto stringe e muove continuamente la frusta per dirigere tutti, insomma ha un atteggiamento assai più autoritario rispetto a quello che avrà nel finale del film. Nelle ultime inquadrature, la macchina da presa si solleva, allontanandosi dalla sfilata mentre sta continuando in tutta la sua festosità. Nel film, invece, si spengono progressivamente tutti i fari su Guido bambino, quale probabile eco delle visioni ipnagogiche dell’infanzia di Fellini quando sognava uno spettacolo di luci che «si esauriva silenziosamente com’era venuto, perdendo forza come gli ultimi bagliori del fuoco».