Corriere della Sera, 25 febbraio 2024
Cent’anni dalla nascita di Enzo Sellerio
Il fotografo e l’editore, l’artista e l’artigiano, Palermo e il mondo: ci sono il genio, la visione, la cura dei dettagli nella storia di Enzo Sellerio, maestro della fotografia capace di documentare l’anima nuda della Sicilia che nel 1969 si lancia con la moglie Elvira Giorgianni, e con la presenza attiva di Leonardo Sciascia, in una sfida imprenditoriale-editoriale coraggiosa e vincente. Oggi ricorre il centenario dalla nascita e da lì parte quello che è stato chiamato l’«anno selleriano». Dodici mesi di eventi, espositivi ed editoriali, che non saranno semplice celebrazione, ma «un invito a farci accompagnare dal suo sguardo», dice al «Corriere» Olivia, che al lavoro nella casa editrice fondata dai genitori e ora guidata dal fratello Antonio, affianca quello di compositrice e cantautrice.
Si comincia con una mostra dal titolo Scenario. Volti dello spettacolo, in un luogo che a Sellerio è stato particolarmente caro, il Teatro Massimo di Palermo, polo culturale importantissimo e al tempo stesso simbolo di rinascita. Il Massimo e l’abbandono in cui è stato tenuto dal 1974 al 1997, per lavori di restauro continuamente procrastinati, sono stati al centro di un’appassionata battaglia di Enzo Sellerio che molto spesso, nelle interviste, mentre parlava d’altro,se ne usciva con un numero apparentemente casuale e che, invece, indicava i giorni di chiusura del teatro. Ora nella Sala Pompeiana sono esposti quaranta scatti, di cui 13 inediti, tra ritratti e foto di scena. «Abbiamo molte fotografie di balletto, sopratutto di Aurel Milloss, che è stato direttore del corpo di ballo per due anni. La mostra – spiega Olivia – copre un arco temporale che va dal ’56 al ’69, anni in cui il balletto aveva mostrato la sua espressione più innovativa, più alta. Eppure si parlava pochissimo di quest’arte e si fotografava ancora meno, almeno dalle nostre parti. Papà, che diceva di essere un mancato musicista, quando decise di diventare fotografo sentì subito l’esigenza di raccontare il teatro, il balletto in particolare, che amava moltissimo per la peculiarità di coniugare la musica e il movimento».
Organizzare questa mostra e le altre che verranno è stato per i figli toccante e al tempo stesso sorprendente: «Fare un tuffo nell’archivio di nostro padre è una botta di vita. A parte il fatto che ogni tanto troviamo anche fotografie nostre, di famiglia, che non conoscevamo o che avevamo visto tanto tempo fa, è emozionante per la visione di come questa città era, di come può essere, di come potrebbe essere sempre. È come se continuasse a raccontarci qualcosa, anche adesso che non può più», continua Olivia. Il materiale è enorme: «Ci sono circa 100 mila inediti mentre le fotografie conosciute sono poco meno di 500. Ovviamente non sono tutti scatti da condividere, però ci sono molti tesori, fotografie scartate che, per qualità compositiva, hanno lo stesso livello di altre, scelte per volontà o per caso, come recita il titolo di uno dei suoi libri».
Dall’archivio esce «una sorta di documento sul documentarista, ma pure un documento sulla città». Anche perché la mostra al Massimo, alla chiusura, il 31 marzo, cederà il passo a una serie di iniziative sparse. «L’idea – continua Olivia – è di fare, invece di un’unica monografica, una serie di mostre, nemmeno troppo piccole, di “pillole museali” ambientate in luoghi diversi della città. Per esempio, stiamo cercando la giusta collocazione per una mostra sul reportage sociale, quindi non soltanto Palermo, ma anche quelli con Danilo Dolci, perché ci sono cose assolutamente inedite che lui aveva documentato». Installazioni, percorsi, proiezioni, itinerari riguarderanno appunto i luoghi fotografati da Sellerio: «Per esempio murales, ispirati a fotografie sue, che verranno a coprire ferite di guerra che ancora ci sono nel centro storico di Palermo, o proiezioni che ricostruiscono foto famose, come quella dei bambini con le pistole giocattolo che “recitano” una fucilazione alla Kalsa. Ci piace l’idea di fare vedere la città con i suoi occhi e nella sua epoca, perché lui ha fotografato fondamentalmente dal 1952, per circa trent’anni». Il programma definitivo delle iniziative arriverà alla fine di Scenario e «a chiudere l’anno selleriano, nel 2025, stiamo perfezionando d’intesa con Le Gallerie d’Italia una grande antologica».
Legatissimo al suo territorio, simbolo di una forma particolare di sicilitudine, Enzo Sellerio è stato un fotografo internazionale, spesso sulla rotta americana grazie alle collaborazioni con «Fortune», «Life», «Vogue» (la sua iconica foto di Edie Sedgwick, modella e musa di Andy Warhol, ha ispirato Patti Smith) poi è diventato editore. «In realtà non ha mai smesso di “scattare” – continua Olivia – perché ha sempre raccontato per immagini». Lo ha fatto anche con il lavoro in casa editrice, di cui ha curato la veste grafica, fin alla prima collana, «La civiltà perfezionata», con carta pregiata e le pagine intonse: «Ci chiamavano per dirci: “Va bene che siete poveri – ricorda Olivia – ma le pagine potevate tagliarle”. Fu una scelta elitaria forse, eppure L’affaire Moro di Sciascia, in quella collana, entrò in classifica, primo caso, credo, di un libro con le pagine non tagliate». Poi la collana «La memoria», nata piegando il foglio molte volte, in modo da evitare gli sprechi di carta e ottenere un formato anomalo, un libro tascabile non in edizione economica; il fondo blu delle copertine e il quadrato con l’illustrazione in centro, frutto di una ricerca iconografica sempre all’interno di una visione coerente: ex voto, frammenti di mosaici, affreschi, particolari di dipinti. Una scelta semplice ma innovativa. «Papà diceva che dovevamo fare come “La settimana enigmistica”, la rivista che vanta innumerevoli tentativi d’imitazione», ride Olivia. E così è stato: sia in Italia che all’estero la grafica Sellerio ha fatto scuola e Enzo è considerato un punto di riferimento del settore. «Ci diceva: vi lascio una collana a prova di grafico. Per come lo intendeva lui, il grafico è uno che mette in relazione le immagini in una sequenza che può portare a una temperatura emotiva, a una narrazione, per usare una parolaccia, piuttosto che a un’altra. Sosteneva che nella fotografia a un certo punto scatta una sorta di telemetro interiore che fa coincidere quello che si sa con quello che si vede. Quindi più cose fai, più ti ritrovi a guardarle e trovarle. Alla fine penso che io e mio fratello Antonio siamo figli di questa comunanza che ha legato nostro padre e nostra madre, che è l’amore per il racconto e il piacere di condividerlo con gli altri». Quell’incrocio di passioni e affetti, di lavoro e famiglia, non si è mai sciolto, nemmeno quando, nel 1984, Enzo ed Elvira si separarono, continuando a collaborare negli stessi spazi, divisi solo da una parete.
«Sul fronte editoriale stiamo lavorando alla riedizione di Inventario siciliano, il libro fotografico in cui per la prima volta compare il blu delle copertine Sellerio. Per il decennale della morte, nel 2022, ne avevamo fatto una copia anastatica e poi numerata in pochissime copie. Questa sarà una versione più piccola con un prezzo molto più accessibile che porteremo al Salone di Torino». Poi un volume di grande formato, bilingue, di tutte le prime Rolleiflex; tornerà il celebre libro su Danilo Dolci, Borgo di Dio, con molti inediti e, ancora, a un’antologia di micro-racconti «chiamiamoli quadri, scritti da autori e gente di teatro. Partiranno da una fotografia di papà per immaginare la storia che c’è intorno, pregressa o presente. Stiamo definendo i nomi, ci saranno sicuramente Davide Enia, Teresa Mannino. Per alcuni l’idea è di fare una drammaturgia e portarli in scena». Insomma le iniziative sono molte e l’anno selleriano lungo: «Dieci anni fa forse avremmo fatto scelte diverse, forse avremmo cercato di limitarci soltanto alle cose che nostro padre avrebbe fatto. Ora, con una certa distanza che non cancella la mancanza, dobbiamo e vogliamo raccontare di lui, del suo lavoro».