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 2024  febbraio 25 Domenica calendario

Difesa dei nati negli anni 60

Caro Aldo,
sono una boomer. Ma non solo per una questione anagrafica. Vengo etichettata in questo modo quando «non capisco/non posso capire il mondo di oggi» e non ho nessun tipo di account. Anche mia figlia mi definisce così quando deve criticarmi per qualcosa. Possibile che la nostra generazione abbia fatto questa fine?
Cristina Desio





Cara Cristina,
Mi sembra che della parola boomer si faccia un uso improprio, come se fosse un insulto. Nessuno è responsabile dell’età che ha; essere giovani o vecchi o di mezz’età non è un merito né una colpa. Credo che ogni generazione abbia un debito nei confronti di quella precedente; la nostra ad esempio ha un debito immenso verso quella dei genitori, che ha ricostruito il Paese dopo il disastro della Seconda guerra mondiale. Diciamo che abbiamo un debito un po’ più piccolo con coloro che sono andati in pensione a cinquant’anni, non sempre contro la propria volontà. Noi invece andremo in pensione se tutto va bene a 67 anni; ed è giusto così (tranne che per i lavori usuranti), si vive di più, si fanno meno figli, non occorre un economista per capire che si debba lavorare più a lungo.
Quando dico «noi» intendo i nati negli anni Sessanta. Non credo a queste distinzioni da sociologia americana. Perché si dovrebbe essere boomer se si è nati il 31 dicembre 1964 e generazione Z se si è nati il primo gennaio 1965? Ma no, è il decennio di nascita che ci definisce come generazione. Sono i ricordi, i profumi, le sensazioni. Io gli anni 60 non li ricordo, ma li ho assorbiti. Ed erano anni a colori, come la carta bianca e rossa della crostata che papà portava a casa la domenica, ed era il massimo lusso della settimana. Poi sono venuti gli anni 70, di cui ho ricordi in bianco e nero: le bombe fasciste sui treni, le brigate comuniste che sparavano a innocenti, la guerra del Kippur e le domeniche a piedi. Siamo cresciuti con la crisi, ci siamo abituati, qualcuno di noi l’ha preferita alla fatuità degli anni Ottanta. Non abbiamo combinato molto come generazione, perché siamo troppo divisi e rivali tra noi, in politica ad esempio siamo stati «saltati», si è passati da Prodi e Berlusconi a Renzi e Meloni (alcuni tra i più importanti scrittori italiani, però, da Emanuele Trevi a Niccolò Ammaniti, da Antonio Scurati a Francesco Piccolo, da Melania Mazzucco a Roberto Cotroneo, sono nati negli anni 60). Siamo l’ultima generazione che ha letto i classici, compresi Salgari, Collodi e il libro Cuore. Avevamo il tempo di fantasticare e financo di annoiarci. Oggi ci basta andare a teatro per ritrovare la meravigliosa sensazione di essere i più giovani del gruppo. Ascoltiamo volentieri le critiche dei ragazzi, ma non ci sentiamo in colpa. Fidatevi: il mondo esisteva già prima dei social e dello streaming; e non era poi così male.