Corriere della Sera, 25 febbraio 2024
La nuova Forza Italia
ROMA Alle 17.19 di un sabato di febbraio, con modalità antiche, Forza Italia diventa ufficialmente un partito moderno. È il momento in cui, non nelle urne che pure erano state preparate nei larghi corridoi del Palazzo dei Congressi dell’Eur ma poi non usate, Antonio Tajani diventa il suo segretario eletto. All’unanimità, con sventolio di badge degli oltre mille delegati e cori quasi da stadio, oltre alle congratulazioni subito arrivate dalla famiglia Berlusconi.
Un voto vero non c’è perché tutto era stato già deciso praticamente da mesi: la reggenza del vice premier, la sua indicazione in Consiglio nazionale e anche i suoi vice, quattro, che avevano presentato mozioni ai congressi provinciali. Ossia Cirio, Bergamini, Occhiuto e Benigni. Quest’ultimo, leader dei giovani, l’unico non eletto per acclamazione all’unanimità: un voto contrario, ma i ragazzi azzurri che rappresenta nonché l’area vicina a Marta Fascina, assente, lo adorano.
Qualche mugugno c’è – Occhiuto sarebbe stato il più votato con ogni probabilità, è invece la Bergamini a diventare la vicaria del segretario in caso di impedimenti gravi, per anzianità – ma questo è stato più un congresso per vidimare l’esistente che per lanciare nuovi leader. Non si vedono più, come ai tempi d’oro del sempre evocato Berlusconi, i «nani e ballerine» che avevano caratterizzato il partito, ma quasi grigi o in total blue dirigenti. Vecchi e nuovi, di adesione antica o appena arrivati da varie sponde, specialmente centriste e leghiste. Ed è quello che forse Tajani voleva: un partito «serio», come ripete sia venerdì sia sabato, affidabile, baricentro e ancoraggio della maggioranza in Europa con la sua presenza nel Ppe che gli riconosce meriti. Nella prima giornata è arrivato infatti l’omaggio di Ursula von der Leyen in video e di Manfred Weber, presidente del Ppe, in persona. Ieri è stata la volta di Antonio Lopez e di Roberta Metsola, presidente del Parlamento europeo, che Tajani promette di ricandidare alla carica e che per lui usa parole dolci: «Antonio, sei una guida e un riferimento, in Italia e in Europa».
Europa sul palco
La presidente del Parlamento europeo Metsola: «Antonio, sei guida e riferimento»
Lui lo sa, e si mostra disponibile verso tutte le anime del partito. Giorgio Mulè fa notare come non sia proprio giusto che nuovi arrivi dell’ultima ora prendano il posto di dirigenti che non hanno mai lasciato la nave anche quando sembrava affondare, Licia Ronzulli plaude al nuovo Statuto che permette una democrazia interna e lancia un messaggio: se tutti saranno coinvolti, non ci saranno fronde perché «si perde insieme e si vince insieme». Al segretario l’onere, adesso, di non escludere nessuno nelle prossime nomine in segreteria, nei dipartimenti, nei coordinamenti regionali.
D’altra parte, Tajani sa che non c’è altra strada che fare squadra se si vuole rendere realistico il sogno che tutti al congresso hanno: superare la Lega alle Europee. Non nomina mai il partito alleato, non svela se si candiderà. Ma scandisce quella che è una verità: «Se vogliamo vivere, dobbiamo vincere l’8 e 9 giugno. Dalla vittoria dipenderà anche la sopravvivenza dei prossimi 30 anni».
E vincere significa andare vicini all’obiettivo del 10%, che Tajani ritiene raggiungibile («I sondaggi, a partire da quello del Corriere, certificano che siamo un partito in costante crescita») e che passa da un sorpasso a Salvini, che cambierebbe la fisionomia del centrodestra. «Gli alleati non hanno da temere da noi, siamo leali», assicura lui. Ma la battaglia è feroce. Anche indossando le armature si diventa partito.