Corriere della Sera, 25 febbraio 2024
Il richiamo di Mattarella
Roma «L’autorevolezza non si misura sui manganelli». Usare i manganelli con i ragazzi «è un fallimento». Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, a proposito dei fatti di Pisa, telefona a Matteo Piantedosi per quello che sembra un richiamo molto netto. Le opposizioni si agganciano alle sue parole per sollecitare la premier Giorgia Meloni a uscire dal silenzio, e il ministro a dimettersi. La segretaria del Pd lancia un sospetto. «Ho l’impressione che al governo ci sia chi strumentalizza le situazioni per alimentare un clima di tensione politica che non fa bene al Paese», dice Elly Schlein.
«Il presidente della Repubblica – è scritto nella nota diffusa dal Quirinale – ha fatto presente al ministro dell’Interno, trovandone condivisione, che l’autorevolezza delle forze dell’ordine non si misura sui manganelli ma sulla capacità di assicurare sicurezza tutelando, al contempo, la libertà di manifestare pubblicamente opinioni. Con i ragazzi i manganelli esprimono un fallimento». La pioggia di reazioni è istantanea. «Parole impeccabili, il governo si dia una regolata», affonda Matteo Renzi. Nicola Fratoianni, alla guida di Sinistra italiana, chiede «le scuse» del ministro. L’alleato co-portavoce dei Verdi, Angelo Bonelli, «le dimissioni del questore di Pisa». Il Pd, sui social, direttamente quelle di Piantedosi. «Il ministro ha ricevuto una clamorosa reprimenda nel silenzio assordante di Meloni», attacca Vittoria Baldino del M5S. Riccardo Magi di +Europa si rammarica che «le parole di Mattarella non siano state pronunciate da Meloni». Per Schlein, «Mattarella ha detto tutto, colpisce il silenzio del governo e di Piantedosi».
Se la premier non commenta, il suo partito lo fa. «Gli incidenti di Pisa non siano il pretesto per un processo sommario», avverte Tommaso Foti, capogruppo dei meloniani alla Camera. Ma la nota diffusa dal partito punta il dito: «Fratelli d’Italia difende le regole democratiche, diritto di manifestare e dovere di farlo pacificamente. La sinistra che spalleggia i violenti è la causa dei disordini». Per Schlein «parole gravi e irresponsabili che denotano assenza di cultura istituzionale».
Tira dritto il vicepremier leghista, Matteo Salvini, che protesta per la vernice rossa con cui i manifestanti pro Palestina di Milano hanno imbrattato la sua immagine: «Predicano pace, ma diffondono odio e violenza». Per la Lega è Nicola Molteni a rinnovare «la nostra fiducia nelle forze di polizia». Antonio Tajani, dal palco del congresso che lo incorona segretario di Forza Italia, è appena più prudente: «Il ministero dell’Interno farà i suoi accertamenti, e se qualcuno ha sbagliato pagherà. Ma quella di Pisa era una manifestazione non autorizzata, diretta verso luoghi protetti». E comunque, chiude Tajani, «le forze dell’ordine non si toccano, gli agenti non sono figli di radical chic». Maurizio Lupi, leader di Noi moderati, esprime «condivisione» per le parole di Mattarella, ma sollecita l’opposizione a «non fomentare il conflitto».
Di «diritto a manifestare da preservare», tuttavia, parlano anche i rettori riuniti nella Crui che si dicono «preoccupati». Il sindacato della polizia Silp Cgil, infine, chiama la politica alle sue responsabilità: «Le parole del presidente sono chiare – avverte Pietro Colapietro – non si pensi di risolvere il problema mettendo in croce solo gli agenti».
Il capo della polizia Vittorio Pisani, intervistato dal Tg1, intanto promette provvedimenti. «Le iniziative assunte dagli operatori a Firenze e Pisa devono essere verificate con severità e trasparenza. Momenti critici capitano in caso di cortei non preavvisati, ma non sono una giustificazione». Tuttavia garantisce: «Le decisioni adottate durante i servizi di ordine pubblico non sono mai determinate da direttive politiche».