La Lettura, 25 febbraio 2024
Ferdinando II concede la Costituzione a Napoli (1848)
Il 1848 fu per l’Europa l’anno delle «rivoluzioni»: la «primavera dei popoli». La concomitanza di questi moti li fece apparire momenti diversi di un unico, grande, processo rivoluzionario. Le insurrezioni ebbero sì obiettivi distinti, ma furono accomunate dalla forte aspirazione al cambiamento. Esplosa nel gennaio 1848 la rivoluzione siciliana, re Ferdinando II fece promulgare il 10 febbraio la Costituzione del Regno delle Due Sicilie, nel tentativo di frenare i moti. Il modello fu la Carta costituzionale concessa il 14 agosto 1830 da Luigi Filippo, re dei francesi. Una Costituzione «ottriata» (dal francese octroyée), accordata allo Stato dalla volontà del sovrano e nel suo nome elaborata dai giuristi. Attraverso questa concessione il re Borbone mirava a risolvere una serie di questioni interne e internazionali, allontanando le correnti più radicali pronte a trasformare le aspirazioni costituzionali in un più ampio movimento per l’unità italiana.
La Costituzione prevedeva una Camera dei pari di nomina regia e una Camera dei deputati eletta in base al censo, che dalla legge elettorale del 29 febbraio era stabilito a un livello molto alto per elettori ed eleggibili. Manifesta l’apprensione di mantenere la direzione dello Stato nelle mani del sovrano e dei moderati, escludendo dalla vita politica gran parte della borghesia. Vivace fu quindi la successiva campagna di stampa per l’abolizione della Camera dei pari e l’abbassamento del censo elettorale stabilito dalla legge.
La Sicilia liberale non accettò la nuova Carta e il 10 luglio il Parlamento siciliano approvò lo Statuto fondamentale del Regno di Sicilia, dichiarandosi indipendente. Statuto che sarebbe rimasto in vigore fino al 28 febbraio 1849 allorché Ferdinando II, dopo la riconquista militare, approvò l’Atto Costituzionale di Gaeta per la Sicilia ripristinando così la monarchia pura.
I moti del 1848 segnarono uno dei momenti più importanti del Risorgimento italiano, ma numerose città in Europa si ribellarono. Rivoluzioni «alla francese», cioè tramite la sostituzione violenta di un governo a un altro, e «all’italiana», che modificarono la situazione sia grazie alle azioni del «popolo» sia attraverso atti formali delle autorità costituite. In Italia le varie «anime» della rivoluzione si saldarono alla battaglia volta ad ottenere l’indipendenza e l’unità: le Cinque giornate di Milano, la Repubblica di San Marco, la Repubblica romana.
L’anno delle grandi rivoluzioni prese avvio a Palermo in Sicilia: l’isola viveva da decenni una condizione di profonda insoddisfazione rispetto al governo borbonico e alla perdita dello status di Regno, deciso al Congresso di Vienna. Ferdinando I aveva dato vita al Regno delle Due Sicilie l’8 dicembre del 1816, attraverso un regio decreto pubblicato in Sicilia la vigilia di Natale, confermando ai «carissimi siciliani» i privilegi goduti fino a quel momento. Al tempo, in Sicilia, vi era una forte opposizione, incapace però di sfociare in un’aperta rivolta.
L’insurrezione siciliana portò i Borbone a concedere una Costituzione all’isola e successivamente all’indipendenza, tenuta fino a maggio del 1849. Il suo precoce inizio (12 gennaio 1848) la rende la prima rivolta dei moti europei, in realtà fu l’ultima di quattro grandi rivolte che ebbero luogo in Sicilia tra il 1800 e il 1849 contro i Borbone di Napoli. La rivolta fu organizzata inizialmente a Palermo grazie anche al sostegno di Francia e Inghilterra sotto la guida di Rosolino Pilo e Giuseppe La Masa. Messina e Palermo furono le città più coinvolte con feroci combattimenti. L’assedio della città dello Stretto durò circa nove mesi attraverso un interminabile sequenza di azioni militari e scontri di diversa portata. Il nuovo Stato, vittima della spedizione borbonica agli ordini del generale Carlo Filangieri, nella primavera del 1849 sarà così costretto a piegarsi.