il Fatto Quotidiano, 24 febbraio 2024
Star sparite e abiti militari: s’è ristretta la Fashion Week
“Dottore’, non sembra anche a lei che questa Fashion Week sia un po’ sottotono?”, chiede Massimo, driver romano della flotta incaricata da Camera Moda di accompagnare la stampa agli eventi di questi giorni. La città è bloccata dal traffico, tra una sfilata e l’altra. Ma sono finiti i tempi delle folle oceaniche e dei cori da stadio fuori dalle location, anche perché non c’è più nessuno da fotografare. Vip e star di Hollywood non pervenuti, eccezion fatta per Sharon Stone da Tom Ford e Kanye West da Marni. Le prime file languono, gli uffici stampa faticano a mandare le liste degli ospiti, anche perché tolti i protagonisti di Sanremo – da Angelina Mango ai Ricchi e Poveri –, qualche starlette nostrana e una schiera di celebrity asiatiche, non c’è nessuno. Anche tra gli addetti ai lavori c’è meno entusiasmo e più distacco rispetto alla solita frenesia. Il castello di carte su cui si reggeva il dorato mondo degli influencer è crollato schiacciato dal peso del Pandorogate e la caduta di Chiara Ferragni dall’Olimpo ha risucchiato nel vortice anche tutte le altre sue “copie”. Dell’imprenditrice digitale non c’è neanche l’ombra, tanto più ora che l’indiscrezione sulla fine del suo matrimonio con Fedez ha fatto il giro del mondo. Sua sorella Valentina, imbarazzata, cerca di mimetizzarsi tra il pubblico sperando di passare inosservata ora che si è fatta castana ma non ci sfugge: “Preferisco non parlare (di mia sorella, ndr) anche perché non riguarda me, parlerà lei”, dice quando la intercettiamo da Tod’s. Solo Fedez presenzia dall’amica Donatella Versace.
La pioggia battente è rimasta l’unica certezza della Settimana della Moda milanese. D’altra parte, prima la pandemia e poi le guerre ci hanno spinto a vivere con un senso di precarietà costante e così gli stilisti si aggrappano alla concretezza e interpretano la contemporaneità. Se Roberto Cavalli ha dedicato la sua collezione a “donne forti come il marmo”, Antonio Marras si è ispirato a Eleonora d’Arborea, principessa medievale femminista ante litteram, che garantì parità di diritti e tutelò le donne contro lo stupro e diventa ora l’emblema della lotta alla violenza contro le donne. “Chi fa il nostro mestiere – dice Marras – non può essere avulso da ciò che succede intorno. Non è che fare moda significa isolarsi, e vivere in un mondo fatato e di frutta candita. La moda è lo spirito di quello che siamo e comunica quello che è lo spirito dei tempi che viviamo”. Anche Miuccia Prada è di questo avviso: “In quelli che sono i miei ultimi anni, mi sto sforzando di essere più politica, più efficace. Ogni mattina, devo decidere se sono una quindicenne o una vecchia signora prossima alla morte”, ha detto a Vogue. E il riflesso di questo suo pensiero sono gli abiti che ha portato in passerella: rigorose giacche grigie che ricordano le divise militari, cappelli di velluto con la visiera come quelli dei soldati delle due guerre mondiali. Anche la sua iconica borsa Galleria non si porta più a mano, ma ammanettata al braccio. Un profondo senso di caducità e d’angoscia pervade tutta la sua sfilata. Persino Giorgio Armani ha dovuto inventarsi un intermezzo sorprendente per strappare un sorriso ai suoi ospiti arrivati nel teatro di via Bergognone dopo il defilé pradesco: mentre fuori pioveva, dentro ha iniziato a nevicare, con le modelle che danzavano in eleganti abiti di velluto nero. “Ho voluto essere coerente col mio credo, cioè vestiti che si mettono”, sottolinea Re Giorgio dopo aver presentato una collezione che si ispira ai cieli stellati delle notti invernali. Chi è riuscito a spezzare il rigore è Sabato De Sarno, che ha rotto il ghiaccio da Gucci e in questa sua seconda collezione Donna ha messo un guizzo d’inventiva notevole. Lo si è visto nelle frange di paillettes su cappotti e giacche, ma anche nei lunghi abiti di velluto e nei giochi cromatici. Tocchi di luce e bagliori si sono visti anche nelle “maglie couture” di Brunello Cucinelli che, come Diego Rossetti, guarda invece con fiducia a questo 2024 e mette al centro l’artigianalità e l’unicità delle lavorazioni. Sì, perché, archiviato il quiet luxury, i brand lavorano ora per definire la propria identità. Emblematico, in tal senso, è il debutto in passerella di Twinset: si è affermata così la perfetta alternativa alle proposte dei grandi marchi del lusso, con un occhio attento alla sperimentazione per una femminilità libera e bohemien.