Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2024  febbraio 24 Sabato calendario

Vivere Luna sulla


Gli Stati Uniti sono tornati sulla Luna dopo 52 anni. Ma l’arrivo della sonda Odysseus non è un semplice replay della missione Apollo. Primo perché l’allunaggio di giovedì notte segna un nuovo passo avanti dei privati nello spazio: Odysseus è stato costruito dall’azienda di Houston Intuitive Machines. Secondo perché è la premessa di un futuro fatto, nelle speranze della Nasa, di basi lunari e astronauti che abiteranno stabilmente il satellite. Il progetto Artemis dell’agenzia spaziale americana prevede infatti il ritorno dell’uomo sulla Luna nel 2026 e i primi stanziamenti a cavallo del 2030.
«Benvenuti sulla Luna. Siamo sulla superficie e stiamo trasmettendo» sono state intanto le prime parole pronunciate ieri dalla sonda alta 4 metri, atterrata su 6 zampe. Poi Odysseus si è rimboccato le macchine e ha iniziato a trasmettere dati da quel polo sud del satellite su cui si è posato e che sembra il luogo più adatto a un futuro insediamento umano. È proprio per avere dati su presenza di acqua, radiazioni dannose per la salute, efficienza delle comunicazioni radio, effetti di una polvere particolarmente sottile e usurante che la Nasa ha pagato 118 milioni di dollari a Intuitive Machines.
«Nessuno tranne l’India era mai allunato prima nella zona del polo sud» spiega Michelle Lavagna, che insegna meccanica del volo al Politecnico di Milano e collabora con l’Agenzia Spaziale Italiana (Asi) al progetto Oracle: uno strumento che proverà a estrarre acqua dalle rocce in una delle prossime missioni lunari. «I dati che abbiamo su quella zona provengono tutti da modelli o daosservazioni fatte dall’orbita del satellite» aggiunge Valentina Galluzzi, geologa planetaria dell’Inaf, Istituto Nazionale di Astrofisica. «Ma costruire una base permanente è un obiettivo talmente ambizioso che non puoi fare a meno di informazioni prese direttamente sul posto».
L’acqua è una delle sfide più evidenti: impossibile portarne grandi quantità dalla Terra. «Al polo sud ci sono molti crateri in cui l’ombra è permanente» spiega Galluzzi. «L’acqua riesce a rimanere allo stato di ghiaccio e non evaporare». Varie missioni hanno percorso l’orbita lunare e notato la sua presenza, senza però riuscire a stimarne in modo preciso la quantità. «Quel che si osserva in realtà è la presenza di ossidrili, cioè di combinazioni di ossigeno e idrogeno. Non siamo nemmeno sicuri che si tratti veramente di acqua» precisa Lavagna. «In ogni caso, raccoglierla dal sottosuolo non sarebbe facile. In assenza di atmosferaun foro nel terreno farebbe sfuggire tutto il ghiaccio sotto forma di gas. In alternativa si potrebbero usare dei processi chimici per estrarla dalle rocce».
Se l’acqua scarseggia, sulla Luna abbondano le radiazioni cancerogene provenienti dallo spazio, per via dell’assenza di atmosfera e campo magnetico. «Sono 150 volte più intense rispetto alla Terra e rappresentano una minaccia seria per la salute degli astronauti» dice Galluzzi. Nel realizzare tute e pareti di edifici che schermino i pionieri lunari bisognerà tenere conto dei dati raccolti da Odysseus nei suoi pochi giorni di funzionamento: resisterà al più una settimana prima di scaricarsi.
«Un altro filone di ricerca della sonda americana riguarda la polvere lunare, o regolite» aggiunge Lavagna. «Già nelle poche ore di permanenza degli astronauti della missione Apollo ci si era accorti che aveva usurato le tute. È infatti una polvere molto fine che penetra ovunque, è ricca di silicio e abrasiva. Rischia di danneggiare meccanismi e strumenti». La sonda appena allunata ha sensori ad hoc per misurare dimensioni, carica elettrica e capacità di movimento della regolite, capace di sollevarsi in nuvole insidiose accanto a una navicella con i motori accesi.
Per gli astronauti di Artemis sarà poi importante conoscere con esattezza la propria posizione, comunicare con i compagni, con l’astronave che li assisterà dall’orbita lunare e con la Terra. «Dovremo riuscire a trasmettere una quantità di dati assai superiore a quelli che usiamo attualmente per l’esplorazione planetaria» dice Lavagna. Dopo l’acqua, sarà forse internet la risorsa che più mancherà sulla Luna.