Corriere della Sera, 24 febbraio 2024
Il bisogno di chiedere aiuto
Non so voi, ma se c’è una cosa di cui mi rammarico è di avere chiesto troppe poche volte aiuto. L’ho capito leggendo il resoconto dell’incontro avvenuto ieri in un cinema di provincia stipato di adolescenti. Il protagonista era Nicolò Fagioli, giovane calciatore scivolato nel burrone delle scommesse. La confessione in pubblico della sua dipendenza dal gioco fa parte del percorso di recupero, e già questo mi sembra rivoluzionario in un mondo dove fin da bambini ti insegnano a nascondere i punti deboli e a fingerti in pieno controllo della situazione anche quando avresti solo voglia di sbattere la testa contro il muro. Al giovanissimo uditorio Nicolò Fagioli ha raccontato qualcosa che avevo già sentito dire da ex anoressici, drogati, alcolisti, senza però mai farci veramente caso: che a salvarlo dall’abisso è stato l’istinto, a lungo represso, di chiedere aiuto.Chiedere aiuto è l’opposto di quel che si fa di solito, e cioè la vittima, cercando responsabili esterni del proprio disagio o addirittura arrivando a negarlo. Chiedere aiuto è un atto di umiltà più forte della vergogna, una prova di maturità e una presa di consapevolezza; è abbandonarsi, il contrario di arrendersi. Chi chiede aiuto finisce quasi sempre per riparare le proprie crepe e quelle delle relazioni in cui è coinvolto. Non so voi, ma se c’è una cosa di cui mi rammarico è di avere guastato amori, amicizie e situazioni perché l’orgoglio o l’imbarazzo mi hanno impedito non tanto di chiedere scusa, ma aiuto.