la Repubblica, 23 febbraio 2024
Quando l’Italia scoprì il porno
Quasi nessuno si è accorto, nel febbraio del 2022, della morte di Luigi De Pedys. Aveva 94 anni e no, non era parente di Enrico “Renatino” De Pedis, il boss della banda della Magliana sepolto a Roma nella chiesa di Sant’Apollinare. Fra una “i” e una “y” nel cognome passa tutta la differenza del mondo. Luigi De Pedys era un produttore ed esercente cinematografico milanese che gestì sale storiche come il Manzoni, l’Orfeo e l’Apollo. Ma il 15 novembre del 1977 ebbe un’idea folgorante: mise all’ingresso di un suo cinema, il Majestic in via Lambro (zona Porta Venezia), il lampeggiante di un’auto dei pompieri e inventò il primo cinema a luci rosse d’Italia. Il primo film programmato fu I pornogiochi delle femmine svedesi. Fu un successo travolgente. I film cambiavano ogni giorno e i clienti, al 99,99% di sesso maschile, entravano a frotte alzando il bavero del cappotto per non farsi riconoscere. Come spiega lo storico Giuseppe Rausa nel suo fondamentale sito dedicato ai vecchi cinema milanesi, il Majestic era nato nel 1949 con il nome di Cinema Delle Stelle. Fra i primissimi film programmati ci fu un classico di Powell & Pressburger, il musical Scarpette rosse. Per passare dalla scarpette rosse alle luci rosse ci vollero quasi trent’anni.
Alla fine degli anni 70 i cinema dedicati al porno hardcore cominciarono a diffondersi in tutta Italia. A Milano andavano forte anche il Tonale, a due passi dalla Stazione Centrale (assai frequentato da militari in licenza e commessi viaggiatori), e lo Smeraldo, storico cine-teatro famoso per gli spogliarelli. Ma si limitarono quasi sempre al porno-soft. A Roma, a due passi dalla stazione Termini, imperavano il Moderno e il Modernetta: erano due monosale nel palazzo di piazza Esedra dove oggi c’è un hotel di lusso, mentre ancora a metà degli anni 80 lo stabile era assai malmesso e non poco malfamato (oggi esiste solo il Moderno, una delle più belle multisale della Capitale, e pochi sanno che quegli stessi schermi, prima della ristrutturazione, erano il regno di Moana Pozzi).
Furono anni ruggenti, e non casuali: dal ’75 in poi le tv private cominciarono a programmare centinaia di film al giorno e le sale persero spettatori in misura esponenziale. Il porno fu un modo di trascinare al cinema un pubblico, diciamo così, “selezionato” ma quantitativamente importante, e per un po’ di anni salvò molti posti di lavoro. Rocco Siffredi (classe 1964) era ancora un bimbo. Ilona Staller/Cicciolina (classe 1951) e Moana Pozzi (classe 1961) erano le star indiscusse, la prima da subito, la seconda – per motivi squisitamente anagrafici – dal 1981 in poi, l’anno in cui risulta accreditata nei suoi primi film. In quei cinema si proiettavano film veri e propri, girati in pellicola, in gran parte americani: la distinzione è importante perché ben presto il mercato del porno vide l’esplosione delle videocassette e divenne un fenomeno “casalingo”, decretando una rapida diminuzione delle sale a luci rosse.
Oggi non è più lecito parlare né di “cinema hardcore” né di “film porno”: si gira tutto in video e tutto è fruibile in rete, in siti famosi come Pornhub dove praticamente non esistono “film” o comunque oggetti così definibili. Sono brevi filmati dove c’è solo sesso, mentre una volta i film contenevano, oltre alle scene hard, “uno straccio di trama”. La definizione “straccio di trama” viene da un esperto: Aristide Massaccesi, romano, 1936-1999. Un bravo direttore della fotografia che come regista, con lo pseudonimo di Joe D’Amato e cento altri nomignoli, ha diretto centinaia di film (horror, thriller, polizieschi, western) tra cui numerosi film porno, sia hard sia soft. Fu lui il creatore della serie di Emanuelle nera, con una sola “m” per non beccarsi querele dai produttori del famoso film sexy Emmanuelle, che di “m” ne sfoggiava due. Uno di quei film fu scritto dalla cara e compianta Maria Pia Fusco, che raccontava quell’esperienza con grande umorismo: “Avevo messo nella sceneggiatura delle venature terzomondiste e femministe, ma mi dissero che ci volevano meno dialoghi e più sesso spinto. Capii l’antifona e mi divertii moltissimo”.
Da noi intervistato al Marché del festival di Cannes nel 1997, Massaccesi parlò con grande rispetto del suo lavoro con Siffredi: “Ho fatto una decina di film con Rocco e secondo me sono i migliori in circolazione: hanno scenografie accurate, raccontano una storia, in più lui è un attore discreto oltre che un ottimo manager di se stesso. L’ultimo che abbiamo girato assieme è una parodia di Rocky, si chiama Rocco lo stallone italiano». Aggiunse però che girare film porno era “una noia mortale”, e che si sforzava di metterci “uno straccio di trama” per non impazzire. E richiesto se, fra tutte le attrici con cui aveva lavorato, ce ne fosse qualcuna in grado di fare il “salto” nel cinema di serie A rispondeva lapidariamente: “Assolutamente nessuna”. E invece qualche volta è successo.
Al di là delle leggende sul passato porno di attori famosi come Sylvester Stallone, un’ex attrice hard che sta avendo tuttora una dignitosa carriera in cinema e in tv è la famosa Traci Lords (vero nome Nora Louise Kuzma, nata nell’Ohio nel 1968). Nel 1990, sempre a Cannes, era in programma il film Cry baby di John Waters e lei, allora 22enne, era una delle protagoniste. Ricordiamo ancora la faccia dell’addetta stampa inglese della Uip, la casa di distribuzione, quando le chiedemmo se Traci fosse a Cannes e si potesse intervistarla. La signora ci guardò con aria tristissima e ci disse solo due parole: “Regrettedly no”, malauguratamente no. Non si capiva se fosse più imbarazzata per dover lavorare con una pornostar o più dispiaciuta per il mancato battage pubblicitario. Traci è una leggenda del porno made in Usa: cominciò a lavorare nel 1984, a 16 anni, e mentendo sulla sua età girò tantissimi film con i più famosi attori dell’epoca, incluso il “mitico” John Holmes. Poi, il giorno del suo ventunesimo compleanno, sua madre vuotò il sacco e denunciò tutti coloro che avevano lavorato con la figlia minorenne. Si fecero pagare milioni di dollari, le due signore, ma ovviamente per l’industria del porno erano morte: i film con Traci furono fatti sparire (pare circolino solo in copie piratate) e lei nel frattempo aveva preso lezioni di recitazione nientemeno che all’istituto di Lee Strasberg, il fondatore dell’Actors Studio. Non è diventata un’altra Meryl Streep, Traci, ma se la cava.
Sempre a Cannes, dal 1992 al 2001, si è svolta la cerimonia degli Hot d’Or, gli Oscar europei del cinema porno. Ma il festival si è sempre dimostrato puritano: la cerimonia – e i suoi partecipanti – non sono mai stati ammessi al Palais e al tappeto rosso, che evidentemente non si degna di diventare un tappeto a luci rosse. Si è sempre svolta in lussuosissime ville nei dintorni di Cannes, con gli addetti stampa italiani prima guardati con sospetto dai giornalisti, e poi sommersi di richieste di accredito pervase di un vago senso di vergogna. Il cinema porno, in Italia, ha avuto una storia importante ben prima che Rocco Siffredi arrivasse sulla scena: ma pochi dei suoi protagonisti, a parte appunto Rocco, Moana e la scuderia di Riccardo Schicchi, hanno avuto la forza e la voglia di diventare personaggi pubblici. Siamo pur sempre il Paese del Vaticano e certe cose è meglio tenerle private. L’avvento di internet, paradossalmente, ha favorito la segretezza di pari passo con la diffusione. E in fondo anche Luigi De Pedys (per tornare a quel 1977, all’origine di tutto) affermava con orgoglio di non essere un “pornografo” e di non avere mai esposto all’esterno del Majestic alcun manifesto esplicito dei film programmati. È uno slogan ancora assai popolare, in Italia: purché non si sappia in giro.