Corriere della Sera, 21 febbraio 2024
La magia dell’Uno strega le dittature
Si sa: le dittature amano l’Uno. Il numero. Non solo perché al vertice hanno sempre un Numero Uno da onorare ma perché organizzano se stesse e la loro politica su certezze: che non ci devono essere alternative, che la realtà può essere solamente Una e che la politica da seguire e imporre è anch’essa Una. In un libro da poco pubblicato – The Political Thought of Xi Jinping (Il pensiero politico del leader cinese) – Steve Tsang e Olivia Cheung (ripresi nei giorni scorsi dal Financial Times) sostengono che l’elaborazione teorica e la pratica politica di Xi, segretario del Partito comunista cinese e presidente della Repubblica Popolare, si sostanziano in un’unità: «Un Paese, Un Popolo, Una Ideologia, Un Partito e Un Leader». L’ambizione – scrivono – è riportare la Cina «alla sua posizione “storica” al centro del mondo»: numero Uno globale. Il «Pensiero di Xi sul socialismo con caratteristiche cinesi per una nuova era» è ormai ciò che guida ogni aspetto della politica di Pechino, interna o estera. Solo ai tempi di Mao Zedong, del maoismo e della Rivoluzione culturale il leader era centrale e unico nelle scelte del Paese, con il risultato di disastri sociali ed economici essi sì storici. Ora la Cina è alla prova dello «Xiismo». Nei giorni scorsi, è tornata di nuovo in primo piano la spinta del Partito affinché nelle imprese di Stato si formino Dipartimenti delle forze armate del popolo, cioè unità militari di riservisti interne alle aziende, come ai tempi di Mao. Anche qui, il popolo e il suo esercito devono essere Una cosa sola. Non tanto perché qualche potenza minacci la Cina di un’invasione dalla quale difendersi con tutte le forze ma perché irreggimentare le masse militarmente, patriotticamente oltre che ideologicamente costituisce un argine contro il diffondersi dello scontento sociale e della critica al Partito e al governo. Per chi vive in un Paese democratico, il fatto che tutto funzioni in Una sola direzione, che non ci siano alternative è scioccante. Lo sanno gli abitanti di Taiwan, democrazia piena che non vuole finire sotto il controllo cinese: Pechino dice di volere il dialogo con la popolazione dell’isola ma in realtà produce solo un monologo su quello che ritiene il destino «inevitabile» di Taiwan, cioè la sua sottomissione. Anche qui, la strada offerta è a senso unico: per i comunisti cinesi, la direzione è sempre Una e Una sola.