la Repubblica, 21 febbraio 2024
Il ritorno di Bannon
WASHINGTON – «Zero soldi all’Ucraina, Paese corrotto che traffica in bambini: la Russia non è un nemico, chi dobbiamo distruggere è il Partito comunista cinese». Steve Bannon ha appena finito la prima parte del suo show, per aprire la conferenza della Cpac. Durante la pausa pranzo parla con Repubblica, per anticiparecosa dobbiamo aspettarci se Trump tornerà alla Casa Bianca: «Gli europei vogliono solo che noi li proteggiamo gratis. È ridicolo, deve finire. Si diano una mossa per difendersi da soli».
La Conservative Political Action Conference un tempo era la culla del reaganismo, ma è diventata il braccio operativo del trumpismo. In questi giorni tiene gli stati generali al Gaylord National Resort, dove sabato Donald chiuderà i lavori perlanciare la rivincita. Bannon era la sua eminenza grigia, durante la campagna del 2016 e i primi anni dell’amministrazione. Poi era caduto in disgrazia ed era stato condannato, per una frode sulla raccolta di fondi per costruire il muro al confine con il Messico. Trump lo ha graziato e perdonato, e ora torna sulla scena aprendo la Cpac.
Si comincia con la preghiera, che Steve esalta così: «Cosa ne dite di imporre un po’ di sano nazionalismocristiano?». I militanti del movimento Maga (Make America Great Again) si spellano le mani, e lui affonda: «Siete la punta della lancia della rivoluzione, l’avanguardia. Dobbiamo combattere per salvare la repubblica. Biden ha rubato le elezioni e il suo regime vuole corrompere e distruggere il Paese. Bisogna cacciare dalla Casa Bianca l’usurpatore, che ha consentito l’invasione di dieci milioni di immigrati e ci porta verso la Terza guerra mondiale». Non a caso,ilWashington Post ha rivelato che, con un secondo mandato, Trump aprirebbe campi di detenzione per avviare deportazioni di massa militarizzate. Bannon definisce le incriminazioni contro Donald «un complotto per distruggerlo. Rischia la vita a correre per la Casa Bianca, mentre poteva andarsi a godere Mar-a-Lago. Invece si è ricandidato per salvarci, bloccando l’invasione degli immigrati, tagliando il bilancio, e mettendo fine alle follie geopolitiche». Sul punto ha idee nette: «Siamo in guerra col Partito comunista cinese. La capacità e volontà di Pechino di distruggere l’America sono senza precedenti. Dobbiamo ricordarci il modello adottato col Giappone, quando lo bombardammo fino a riportarlo all’età della pietra, salvando milioni di americani».
Il secondo passaggio di politica estera lo dedica a Israele: «Il suprematismo islamico vuole buttare lo Stato ebraico a mare. Ma non fatevi illusioni: il vero obiettivo siamo noi, l’America. Eppure Biden lega le mani a Netanyahu, come se dopo l’11 settembre qualcuno ci avesse impedito di dare la caccia a Osama bin Laden. Solo il 24% degli abitanti della Cisgiordania, e il 2% degli israeliani, vogliono i due stati: perché perdiamo tempo ad imporre una soluzione che non risolverebbe nulla?».
Mosca e Kiev neppure le cita, quando scende dal palco gli chiediamo cosa ne pensa: «L’Ucraina è un Paese corrotto, che traffica in bambini e organi per trapianti. Il direttore della Cia è andato da Zelensky ad ordinargli di smettere di rubare, perché così rende impossibile l’invio di altri aiuti militari. La ragione per cui Biden vuole la guerra, aiutato da falsi repubblicani, sono i contratti miliardari all’industria militare, che arricchiscono lui e i suoi complici». Quanto a Putin, «è un cattivo soggetto, ma la Russia e i russi non sono nostri nemici, a meno che noi non li rendiamo tali. Non c’è una possibilità al mondo che Mosca invada la Polonia o attacchi la Nato, semplicemente perché non ha la capacità di farlo, come ha dimostrato il fatto che non è neppure riuscita a prendere Kiev». Perciò basta soldi alla Nato: «Abbiamo mandato le navi nel Mar Rosso per proteggere le petroliere che portano il greggio in Europa: perché non ci pensano gli europei?». Ma tutto questo cambierà, con Donald alla Casa Bianca: «Se vinceremo a novembre, il movimento Maga governerà per 50 anni, e Trump passerà alla storia come il più grande presidente americano dopo Lincoln».