la Repubblica, 21 febbraio 2024
Requiem per una foresta
Requiem per una foresta che da ieri sul mondo non c’è più. L’armonia della musica contro il rombo delle motoseghe: un concerto «per dare voce agli alberi nel momento del congedo», mentre attorno viene abbattuto il lariceto secolare di Fiames, ai piedi del Col Druscè, palcoscenico ampezzano delle Olimpiadi invernali 2026.
Mario Brunello cammina da solo nella foresta sopra Ronco, accanto alla vecchia pista da bob Monti, già smantellata. Il crinale è scosso dagli schianti. Sulle spalle, dentro una custodia laccata rossa, il maestro porta il suo prezioso violoncello Maggini. «È fatto di acero e di abete – dice – alberi nati oltre 700 anni fa, tagliati duecento anni dopo, usati solo nel Seicento per farli continuare a cantare e a viaggiare sulla terra. Oggi giganti secolari vengono invece abbattuti qui per niente: per fare posto ad una improbabile nuova pista da bob, imposta solo da passeggeri interessi politici ed economici. Io sono sulle Dolomiti per dare un’ultima voce a chi non ce l’ha: gli alberi non possono chiedere pietà e noi non li ascoltiamo, nemmeno adesso che avremmo disperatamente bisognodi loro».Il grande solista, amato da Muti, Abbado e Metha, nella notte è rientrato da un concerto a Lisbona. Prima di ripartire, all’alba raggiunge Cortina d’Ampezzo e il bosco destinato ad essere raso al suolo per realizzare il nuovo Sliding Center di bob, slittino e skeleton. Nel novembre 1989 Mstislav Rostropovich suonò il violoncello sotto il Muro di Berlino, appena crollato: un intimo inno alla gioia. Anche Brunello, trentacinque anni dopo, sceglie di suonare da solo tra le macerie di un muro abbattuto: le sue note dicono un personale grazie alle piante, ignorano gli uomini e le loro miserie, ma sui cimali già verdi portano tristezza. «Anche a Cortina – dice – viene oggi oltrepassato un confine e sulle Alpi cade una barriera estrema. Questa foresta viene tagliata contro ogni evidente ragionevolezza, mentre le sue montagne agonizzano prive di neve, di acqua e di freddo, a pochi chilometri dalla pianura più inquinata d’Europa, su un pianeta prossimo a non essere più compatibile con la vita umana. Non mi aspetto nulla, ma voglio farmi portavoce di una naturale richiesta d’ascolto».
Troppo tardi. Le prime motoseghe della Lgb di Luca Ghedina, fratello dell’ex azzurro di sci Kristian, si sono accese nel buio, prima delle sei. Al suolo si è schiantato un larice al minuto, accompagnato da alcuni abeti monumentali. Alle nove le piante a terra sono oltre cento: tutte lungo la stradaasfaltata e visibili dal piazzale del vecchio Bob Bar, o dagli sciatori che scendono dalla Tofana. I nuovi vertici di Simico, la società che deve realizzare gli impianti dei Giochi di Milano-Cortina, hanno voluto mostrare questo trofeo alla commissione del Cio. Il Comitato olimpiaco internazionale, che invano continua a chiedere di svolgere le gare di bob «all’estero e su una pista già esistente», è salito con il presidente del Coni Giovanni Malagò per verificare l’avanzamento delle opere. Una beffa: a meno di due anni dalle Olimpiadi qui nessun cantiere è aperto.
Nessuno tranne, da poche ore,proprio quello della contestata pista da bob, imposta dal ministro delle Infrastrutture Matteo Savini e dal governatore del Veneto Luca Zaia. Per 81 milioni di euro il colosso Pizzarotti si è impegnata a rendere collaudabile entro il marzo 2025 la grande opera marchiata Lega. Il tracciato, con gli edifici accessori, costerà infine 124 milioni. Per gestirlo il Comune di Cortina spenderà poi 1,4 milioni all’anno: il sindaco Gianluca Lorenzi anche in queste ore ripete che «quei soldi non ci sono» e che «al pensiero non dormo la notte». Cantiere aperto e chiuso: a mezza mattina gli abbattimenti vengono sospesi per mancanza dei cartelli che li autorizzano. Brunello, arrivato con il primo sole, entra nella foresta. Cammina tra le ceppaie che trasudano resina, si aggira in silenzio fra i tronchi abbattuti e sale fino ai larici prossimi al taglio. «Le nostre parole ormai non contano – dice – c’è bisogno di musica, la voce degli alberi che esce dal legno per aiutarci a pensare». Si siede prima su una pietra e poi sopra un ceppo appena segato. Mentre attorno i larici cadono, comincia a suonare: anche il bosco tace e ascolta. Dall’arco, tra i fusti ancora in piedi, si sparge Il cigno di Camille Saint Saens, un «ultimo canto per una foresta che muore». Agli alberi caduti riserva Stelutis alpinis : il brano corale friulano racconta le stelle alpine che ogni anno ricrescono sui resti degli alpini morti in guerra. Il potere della musica, come avviene con la bellezza, impedisce di restare soli. Mario Brunello suona isolato nel folto di Fiames ma all’improvviso gli sciatori si fermano, i boscaioli posano le motoseghe e si avvicinano, alcuni fuoristrada risalgono al bordo della pista, gli abitanti di Ronco escono dalle case, piangono e chiedono di poter ringraziare quel musicista che ha voluto onorare il loro mondo, che in un mattino se ne va.
Quanto dirà il Cio, la conferenza stampa annunciata da Zaia, le dichiarazioni dei politici, qui non interessano più a nessuno. Anche le Olimpiadi, se da oggi il cemento prende il posto dei prati e una pista da bob può davvero sostituire una foresta, per i casuali presenti assumono la dimensione simbolica di un evento marginale. Sulle Alpi sta crollando un muro e un violoncello suona: la gente non lo dimenticherà.