la Repubblica, 20 febbraio 2024
Tutti pazzi per i biopic
«A quarantatré anni dalla sua morte c’era bisogno di creare un evento intorno alla figura di mio padre per trasmettere il suo messaggio a una nuova generazione». Le parole di Ziggy Marley, contenute nell’intervista rilasciata al Venerdì di Repubblica, sintetizzano il pensiero che ha portato alla realizzazione diBob Marley: One love, il film prodotto da Brad Pitt e incentrato su tre anni fondamentali (1976-1978) della vita del grande musicista giamaicano. Dal botteghino americano arrivano notizie incoraggianti: One love (in Italia esce il 22 febbraio distribuito da Eagle Pictures) è stato il più visto del weekend, con quasi 28 milioni di dollari di incassi.Un successo che lancia una nuova stagione di biopic dedicati alle star della musica. Una pratica molto diffusa nelle ultime stagioni, che ha però ottenuto risultati altalenanti al box office. Ovviamente ilpensiero va subito a Bohemian rhapsody su Freddie Mercury e i Queen e ai quattro Oscar conquistati nel 2019, ma è un caso abbastanza unico. I due titoli più apprezzati da critica e pubblico (che nel caso diOne love sono abbastanza divisi: recensioni tiepide, spettatori favorevoli) degli ultimi anni sono Rocketman del 2019, dedicato a Elton John, che ha messo insieme quasi 200 milioni di dollari di incassi nel mondo, ed Elvis di Baz Luhrmann, otto candidature all’Oscar senza premi e un Golden Globe, che ha totalizzato circa 300 milioni.Il successo al botteghino non è arrivato però per tutti: The United States vs Billie Holiday si è fermato a soli 1.5 milioni, Respect su Aretha Franklin è arrivato a 33 milioni eWhitney Houston: I wanna dance with somebody ha raccolto 60 milioni. Ma allora cos’è che spinge i produttori a investire ancora in questo settore? Un giornalista delGuardian, Shaad D’Souza, ha sintetizzato così il concetto: «Il più delle volte si ha l’impressione che le persone apprezzino le biografie perché attraggono come i crimini: quel fascino cruento nel vedere le profondità pietose dell’animo umano». Anche se non sempre quelle mostrate al cinema sono la facce più dure e inconfessabili dei protagonisti dello show business. Da questo punto di vista, una certa attesa circonda Back to black (in uscita il prossimo 18 aprile), ovvero la vicenda di Amy Winehouse diretta dalla regista inglese Sam Taylor- Johnson che ha già firmato Nowhere boy sull’adolescenza di John Lennon. Taylor-Johnson ha scelto un’attrice poco conosciuta come Marisa Abela e ha cercato subito di prendere le distanze dai sospetti di un’operazione morbosa: «A lei mi lega l’ascolto della sua musica, ma anche il sapere bene che cosa significhi vivere una vita precaria a Londra in maniera così pubblica», ha affermato la regista. Una dichiarazione d’intenti che però, al solo apparire di un paio di scatti dal set, non è bastata a fermare un’onda social carica di scetticismo: la tragica fine della cantante è ancora una ferita aperta per moltissime persone.Sospetti e timori che circondano fin dal primo momento anche Michael, dedicato a Michael Jacksoncon Jaafar Jackson, nipote della popstar morta nel 2009, nel ruolo del protagonista e Antoine Fuqua (King Arthur, The equalizer, Attacco al potere )alla regia, uno che si è fatto le ossa nel mondo dei videoclip musicali. Qui il coinvolgimento della famiglia nel progetto non convince tutti coloro che vorrebbero un racconto completo della vita del re del pop, che comprenda gli aspetti controversi della sua vicenda umana e artistica, a partire dalle accuse di pedofilia. Il film è stato presentato come “un’esplorazione di tutti gli aspetti della vita di Michael, comprese le sue performance più iconiche che lo hanno portato a diventare il più grande intrattenitore di tutti i tempi” ma i dubbi restano molto forti. A rendere il clima intorno al progetto ancora più agitato la notizia che il film ha anche ottenuto un alto credito d’imposta dallo stato della California, sollevando l’indignazione di altre produzioni hollywoodiane.In preparazione c’è anche Maria, ennesimo biopic su Maria Callas, stavolta incentrato soprattutto sugli anni Settanta, l’ultima parte della sua straordinaria esistenza: Angelina Jolie interpreta la diva, Pablo Larraín dirige. Nel cast anche Pierfrancesco Favino, Alba Rohrwacher e Valeria Golino. Almeno in questo caso, poche polemiche e molta curiosità.