la Repubblica, 20 febbraio 2024
Ljubov Sobol fu la prima avvocata assunta da Aleksej Navalny a RosPil, la piattaforma antenata dell’odierna Fondazione anti-corruzione Fbk
Ljubov Sobol fu la prima avvocata assunta da Aleksej Navalny a RosPil, la piattaforma antenata dell’odierna Fondazione anti-corruzione Fbk.
Sempre al suo fianco nei cortei. Volto dei “Navalny Live” su YouTube.
Leader delle proteste moscovite del 2019 tanto da guadagnarsi il paragone con la Pulzella d’Orleans.
Oggi, inghiottite le lacrime per la morte del suo mentore politico, la “Giovanna d’Arco russa” è pronta a continuarne la lotta. Fustiga la Lega e gli altri partiti europei che si sono astenuti dal condannare il presidente russo Vladimir Putin per la morte in carcere dell’oppositore e amico.
«Utili idioti», li chiama, rispolverando una locuzione usata il secolo scorso per stigmatizzare quei partiti occidentali, in particolare italiani, che finivano col promuovere gli interessi dell’Urss a scapito di quelli nazionali. «Svendono la democrazia», accusa al telefono conRepubblica da Berlino, dove domenica ha partecipato al fianco della Pussy Riot Nadia Tolokonnikova e della giornalista Marina Ovsjannikova a una protesta davanti all’ambasciata russa. Come tutti i più stretti collaboratori di Navalny, Sobol vive in esilio dal 2021.
In Russia sulla sua testa pendono l’etichetta di “agente straniero” e di “terrorista ed estremista”, nonché due condanne per aver manifestato contro l’arresto di Navalny e per aver tentato di contattare il suo avvelenatore. E altri tre processi penali sono in corso, l’ultimo per “falsi sull’esercito russo” per aver parlato della città ucraina Bucha.
Sobol, nei mesi scorsi lei e gli altri membri di Fbk avevate più volte lanciato l’allarme: “Stanno uccidendo Navalny”. E ora definite la sua morte un “omicidio”. Che prove avete?
«Le stiamo raccogliendo. È un lavoro difficile visto che il corpo di Navalny non viene consegnato alla madre.
Tuttora non sappiamo neppure dove si trovi. Però possiamo dire con assoluta certezza che Navalny è stato ammazzato da Vladimir Putin. È stato fatto morire su suo ordine diretto. E non credo che sia una coincidenza che la sua morte sia avvenuta a un mese esatto dalle presidenziali russe. Putin ha sempre temuto Aleksej e l’enorme forza delle sue parole. Persino da dietro le sbarre, Navalny continuava a essere ascoltato da milioni di russi e a essere visto come il leader dell’opposizione democratica del Paese».
Che cosa vorrebbe dire ai governi e ai partiti occidentali che, come la Lega italiana, continuano a non smarcarsi dal Cremlino?
«Che in Russia quelli come lorovengono chiamati “utili idioti”. O che probabilmente sono finanziati dal Cremlino. Dei fondi russi a Marine Le Pen del resto sappiamo bene. Le loro azioni contraddicono i loro interessi nazionali, gli interessi della democrazia. Perché Putin è un pericolo non soltanto per i russi, ma per tutto il mondo. In Occidente mi chiedono spesso quando i russi manifesteranno. I russi protestano già con picchetti o depositando fiori nonostante rischino di finire in cella e di trovarsi una scopa nel deretano o la corrente elettrica ai genitali. Faccio io una domanda all’Occidente: che cos’è pronto a fare per sostenere le proteste in Russia, per rovesciare il regime di Putin? Vediamo già la scarsa assistenza all’Ucraina, le lobby a Washington e Bruxelles che aiutano Putin a bypassare le sanzioni. Circola un meme molto deprimente suldeep concern dei politici occidentali. Oltre a questa “profonda preoccupazione” non si va. Putin uccide ucraini e russi, ma non vediamo azioni decisive da parte dell’Occidente per fermarlo. Occorre aiutare russi e ucraini a salvarsi da Putin. Adesso. Non domani. Perché domani il prezzo di una rivolta democratica non farà che aumentare».
L’Unione Europea intitolerà le sanzioni per le violazioni dei diritti umani a Navalny. Alcuni oppositori la definiscono una mossa ipocrita visto che nei mesi scorsi a molti russi in fuga dal regime sono stati negati i visti, l’apertura di conti bancari e l’attraversamento del confine in auto. Lei è d’accordo?
«Quello che conta è la sostanza delle sanzioni, non a chi vengano intitolate. Perché non rimanga un gesto di rito, quest’omaggio a Navalny dev’essere corroborato da azioni concrete. Da sanzioni mirate contro Putin e i suoi “portafogli”. I politici occidentali, inoltre, dovrebbero fare delle distinzioni sedavvero vogliono sostenere gli sforzi dei russi che vogliono la democrazia.
Molto spesso le sanzioni, come il cosiddetto visa ban,“divieto di visto”, colpiscono i cittadini comuni, mentre gli oligarchi putiniani riescono ad aggirarle con l’aiuto dei lobbisti occidentali».
Navalny vi aveva lasciato delle consegne in caso di sua morte?
«Aleksej ci diceva sempre che, indipendentemente da quello che gli sarebbe potuto succedere, avremmo dovuto continuare a combattere per la democrazia in Russia, a combattere contro Putin, la sua corruzione e la sua guerra».
Una volta che il corpo di Navalny verrà consegnato alla madre, dove verrà sepolto?
«Navalny dev’essere sepolto in Russia. A Mosca. Dove ha vissuto e lottato. Non c’è alternativa.
Purtroppo temo che il corpo non verrà mai riconsegnato, anche se è contro la legge e c’è una petizione per la restituzione dei resti ai familiari già siglata da migliaia di persone. È evidente che le autorità non vogliono un funerale che potrebbe diventare un’azione di protesta e un omaggio alla sua memoria. È per questo motivo che demoliscono i memoriali spontanei sorti in questi giorni».
La vedova Yulia Navalnaya ha rivendicato il testimone di Aleksej.
Saprà unire l’opposizione dispersa tra carcere ed esilio?
«Conosco Yulia, come conoscevo Aleksej, da 13 anni ormai. Ha un carattere schietto, intransigente e forte. Sarà in grado di diventare non solo il simbolo della protesta anti-Putin, ma anche una vera leader.
Porta un nome importante. La sua voce sarà ascoltata in tutto il mondo.
E io e Fbk la sosterremo. Siamo tutti depressi e frastornati, ma continueremo a lottare».
Come Yulia, anche lei sarebbe potuta rimanere vedova. Suo marito fu pugnalato con un coltello avvelenato su ordine di Evgenij Prigozhin. Lei stessa ha subito attacchi. Prima di assumerla nel 2011, Navalny le chiese se avesse paura.
Oggi, dopo la sua morte in carcere, come risponderebbe?
«Vivere di ricordi è stupido e comunque impossibile. Adesso non ho paura. So bene di essere nel mirino del Cremlino, come tutti gli altri oppositori russi di spicco, ma intendo lo stesso continuare il mio lavoro. La notizia della morte di Aleksej è stata uno shock. Mi ha paralizzata. Ma cerco di non cedere allo sconforto e di trovare consolazione nei tanti che ci sono vicini nel lutto. La cosa più importante per tutti è capire che non siamo soli».