La Stampa, 20 febbraio 2024
Anziani dimenticati
I figli badanti sono in via di estinzione, gli anziani non autosufficienti sono già 4 milioni ma solo il 6,3% di loro riesce a trovare assistenza e cura in una Rsa o in qualche altra struttura residenziale. Spesso regolarmente accreditata con il servizio sanitario pubblico e dove alloggiano in circa 300mila, seguiti con sempre maggiori difficoltà per carenza di personale. Ma cresce il numero degli anziani non autosufficienti parcheggiati nelle case di riposo, dove in 114mila trovano un letto, ma non le cure di cui avrebbero bisogno. Per non parlare delle strutture abusive che colmano il vuoto dell’assistenza pubblica ospitando in appartamenti e case famiglia all’incirca 90mila anziani non autosufficienti, quasi sempre esposti a rischi di ogni genere perché parliamo di strutture che non rispettano né i requisiti di sicurezza né quelli di dotazione del personale socio-sanitario.
È una fotografia impietosa quella scattata dal dossier predisposto dallo Snalv, il sindacato dei lavoratori socio-sanitari e da Anaste, l’associazione delle strutture per la Terza età. Numeri che verranno presentati a Roma martedì, alla presenza del ministro della Salute, Orazio Schillaci, in occasione dell’incontro organizzato dallo stesso sindacato. Una occasione per riflettere anche su quel «Patto per la terza età» appena varato per decreto dal Governo e il cui piatto forte è l’assegno di 850 euro per gli Over 80 poveri con «gravissimo bisogno assistenziale», ma che andrà a soli 25mila di loro perché tanti ne copre lo stanziamento di 500 milioni in due anni previsto dal provvedimento. Gocce nel deserto di una rete di assistenza residenziale di cui c’è sempre maggiore necessità ma sempre più slabbrata. E con le solite diseguaglianze territoriali, visto che solo l’11% delle 12.576 strutture è ubicato a Sud. Forte la presenza dei privati, che gestiscono il 75% dei presidi residenziali, mentre il 12% è degli istituti religiosi e solo il 13% del pubblico, anche se la maggior parte di Rsa e affini sono convenzionate con il Ssn.
Risiedere in una struttura pubblica o privata fa però una bella differenza per l’assistito. A spiegare perché è Maria Mamone, segretario nazionale dello Snalv, che comincia snocciolando i numeri sulla carenza di personale: -21,7 degli infermieri che sarebbero necessari -13% di medici e – 10,8% di operatori socio sanitari. «Il problema – spiega poi – è che contrariamente a quel che avviene negli ospedali qui è in atto una fuga dei professionisti dal privato che gestisce larga parte della rete, ma che applica contratti scaduti da anni, tanto che lo stipendio di un infermiere è inferiore di 330 euro a quello di un collega del pubblico mentre un operatore socio-sanitario è sotto di 237 euro mensili lavorando nel privato». Così meno personale e per di più demotivato, uguale ad ancora meno assistenza. Il tutto per rette a carico dell’assistito che vanno dai 1.800 euro mensili nel caso dei non autosufficienti gravi ai 1.500 per quelli più lievi, mentre l’altra metà dell’importo lo copre la Asl. «Parte della quota a carico dell’anziano è coperta con i 530 euro dell’assegno di accompagnamento, il resto dove non arriva la pensione lo coprono i Comuni», spiega il presidente di Anaste, Sebastiano Capurso. Il quale ci tiene a ricordare che le rette sono ferme da anni e che il sostegno dei Comuni non copre tutto e tutti. «Basta infatti che l’anziano abbia un coniuge a casa che deve pagare l’affitto o una abitazione di proprietà che faccia salire l’Isee per non beneficiare del sostegno ed ecco che il peso della retta diventa insostenibile».
Se questo è il quadro di quanto offre il sistema assistenziale ai non autosufficienti che non hanno modo di restare a casa propria, le cose non vanno meglio quando parliamo di chi, pur avendo poca o nessuna autonomia, può essere accudito nel proprio letto. A loro è rivolta l’Adi, l’assistenza domiciliare integrata che copre il 21,5% della popolazione anziana non autosufficiente. E i numeri sono anche in calo nonostante gli Over 65 siano sempre più numerosi, tanto che secondo un’indagine dell’Osservatorio delle malattie rare nel 60% dei casi rispetto al 2019 c’è stata una riduzione delle prestazioni erogate. Che già sono irrisorie. Basti pensare che in base alle linee guida internazionali le ore minime di assistenza in Adi per un non autosufficiente sono 20 al mese. In Italia ne vengono erogate in media 18. Ma nell’arco di un anno, c’è scritto negli allegati al Pnrr, che stanzia 2,7 miliardi ripartiti tra le Regioni per portare dall’1 al 10% la quota di Over 65 assistiti a domicilio. Sperando che la macchina burocratica non si ingolfi anche questa volta.