Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2024  febbraio 19 Lunedì calendario

Le opere di Koons vanno sulla Luna

Visto da qui, sulla Terra, nel suo studio a Manhattan sulla Decima Avenue, il progetto tecno lunare di Jeff Koons sembrava creativo e bellissimo. C’erano distese di grandi lenzuola di carta con le sue lune stampate in successione di sfumature, 125, per essere precisi, determinate dalle fasi lunari, 62 immagini della Luna viste dal nostro pianeta, le altre 62 viste dallo spazio. La centoventicinquesima è un’eclissi. C’erano i modellini delle piccole sfere di 2,5 centimetri di diametro allineate all’interno di un cubo trasparente, ciascuna dedicata a un grande nome per l’umanità del passato. E c’era lui, Jeff, uomo sempre genuinamente caldo nel suo rapporto umano che mi spiegava con l’entusiasmo e la gioia di un bambino la portata del suo progetto.
Ora, due anni più tardi, Jeff mi dice, con la solita voce calmissima, ma non fermissima: «We are on our way to Moon…», «Stiamo volando sulla Luna. Ero al Kennedy Center per il lift off – racconta – Adesso aspettiamo l’atterraggio, il 22 febbraio. Non dimenticherò mai la sensazione fisica, inspiegabile, la potenza che emana questa macchina creata dall’umanità che con forza incredibile penetra lo spazio. Ho avuto i brividi. Si affollavano ricordi. Da bambino, ascoltavo John Kennedy che prometteva la conquista del nostro satellite. Tutto in sintonia con il senso del mio progetto artistico: l’umanità in modo collettivo, sviluppa la tecnologia come strumento per il progresso, non per esserne vittima».
In effetti, il razzo propulsore Falcon 9 di SpaceX di Elon Musk è innovativo e potentissimo. È anche il primo vettore privato per la Luna. All’alba di giovedì scorso, si è alzato nello spazio dalla piattaforma 39A del Kennedy Center della Nasa, la stessa da dove decollò Saturno V per l’ultima missione americana sulla Luna di Apollo 17. Sono passati cinquantadue anni. In testa portava Odysseus, il modulo lunare Nova- C, grande quanto una cabina telefonica, prodotto da Intuitive Machine. Ora Odysseus è in viaggio “verso l’infinito e oltre”, con il suo carico di strumenti Nasa di rilevatori, macchine fotografiche per rimandare sulla Terra immagini della scultura e, ovviamente, con la scultura stessa: il cubo trasparente con le sue 125 lune cangianti. Sarà la prima scultura in allestimento perpetuo su un altro pianeta.
Questa nuova opera di Koons è fondamentale per un suo processo di crescita nell’arte digitale. Ha lavorato con NFMoon, specializzata in digital art e con 4Space per la produzione del cubo. E con la Pace Gallery, la galleria globale fondata dal leggendario e geniale Arne Glimcher, alla quale Koons, tra lo stupore nel mondo dell’arte, è approdato dopo aver lasciato Gagosian qualche anno fa. Oggi Pace, sotto la leadership di Marc il figlio di Arne, è una delle gallerie più all’avanguardianell’arte digitale. Nel suo insieme, si tratta dell’operazione artistica più avanzata del nostro tempo, sia sul piano concettuale che pratico: «Non possiamo andare sulla Luna senza tecnologia. E la scultura sulla Luna rende omaggio alla genialità e al calore umano che ci ha portato fin qui. È un ponte. Per questo – mi spiega Koons – ognuna di queste piccole lune porta il nome di qualcuno di importante per la nostra umanità, da Platone a Leonardo a Artemisia Gentileschi, icone del passato in rappresentanza dell’umanità. Simbolicamente sono racchiusi insieme nel cubo a dimostrare che lo sforzo è stato collettivo – e questo è un punto centrale – per ricordare sempre come siamo arrivati dove siamo arrivati, insieme: grazie alla creatività, alla sensibilità, alla passione, alla genialità di uomini e donne che ci hanno fatto sognare».
Diciamolo, poeti, artisti, astronomi, filosofi, il pastore di Leopardi e ogni persona comune, tutti, abbiamo avuto un momento di nostra calda e misteriosa intimità sognatrice con la Luna. Ora, in nome del trionfo dell’umanesimo che usa gli strumenti tecno-digitali, Jeff Koons si troverà a misurare il suo momento di intimità personale con questa nostra bellissima Luna: attraverso la sua scultura che siederà in perpetuo vicino al Polo Sud del nostro satellite. E dobbiamo chiederci se questo grande artista globale, controverso e geniale, riuscirà a compiere questo suo passaggio artistico nell’arte digitale e affermarsi di nuovo nel suo mondo, quello della critica e dei collezionisti, dei musei, con un’opera d’arte inusuale alla quale ha dedicato anni di lavoro. È un passaggio da seguire con attenzione perché a fronte della sua tenacia creativa e della forza innovativa per tenere il passo coi tempi, c’è poi lui, un uomo bianco, non più giovane, che ha già avuto successo – e dunque, nella miope sottocultura contemporanea, genericamente dovrebbe essere stato già superato. Conoscendo Jeff Koons, andrà avanti per la sua strada, come ha sempre fatto. Fin dai suoi primi passi artistici negli anni Ottanta, Koons ha lasciato un’impronta indelebile nel mondo dell’arte, usando colori, sculture innocenti che ciriportano all’infanzia, proiettando ottimismo e allegria in un periodo alquanto oscuro. È stato anche il detonatore che ha consentito la combustione tra la straordinaria ricchezza che si è accumulata negli ultimi vent’anni. Un triangolo composto dall’artista, dal collezionista e dal gallerista, tutti e tre ormai globali, se operano ai livelli massimi.
Questa sua nuova sfida lunare è in continuità con le sue precedenti e innova producendo un’opera a tre dimensioni. La prima dimensione è la scultura sulla Luna, la seconda sono gli NFT in arrivo dalla Luna, che rappresentano le piccole lune nel cubo, la terza sono le sculture individuali sulla Terra. Ciascun NFT è rappresentativo di una delle piccole lune. Questo darà al collezionista la proprietà materiale, ma virtuale, visto che è sulla Luna, della piccola sfera prescelta, dedicata a un personaggio storico. Infine, c’è la terza dimensione, terrestre, la sfera di acciaio inossidabile rappresentativa in ogni dettaglio del suo alter ego spaziale con la sfumatura lunare descritta da un inchiostro trasparente e con una pietra preziosa, uno zaffiro un diamante, uno smeraldo a seconda del punto di vista incastonato nella sfera a indicare il punto preciso dove, sulla Luna, il gemello più piccolo è allestito. Un intreccio e un dialogo tra Terra e spazio e tra tecnologia e, come abbiamo detto, simboli dell’umanità.
Tra i nomi, oltre a quelli menzionati poco sopra, ci sono quelli di Ada Lovelace, Gabriel García Márquez, Andy Warhol, Nefertiti, Marilyn Monroe, Muhammad Ali, Albert Einstein e altri cento. A fronte di opinioni, sempre soggettive, siano esse critiche negative o favorevoli, per tutti un primato assoluto per la storia dell’arte resterà inconfutabile e oggettivo: da mercoledì, Jeff Koons sarà il primo artista ad avere una sua opera permanente e ufficiale (certificata dalla Nasa) sul nostro satellite. L’aging white con troppi anni di successo, con il prezzo record per una sua scultura, Rabbit(91, 1 milioni di dollari), anche questa in acciaio inossidabile, continua e continuerà a sorprenderci. A fare storia e poesia.