Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2024  febbraio 17 Sabato calendario

I giovani non stanno poi così male

Un importante ministro del governo del nostro paese ha dichiarato qualche giorno fa che, in questo primo suo anno di vita, l’esecutivo nazionale ha migliorato significativamente le condizioni di vita degli italiani, sia dal punto di vista economico (l’occupazione è cresciuta e il Pil italiano, malgrado il rallentamento generale dell’intero continente, non è andato così male come qualcuno prevedeva), sia da quello sociale.

A giudicare dai livelli di consenso elettorale virtuale misurati dalle indagini sulle intenzioni di voto, i cittadini del nostro paese appaiono in effetti relativamente soddisfatti dell’operato dell’esecutivo: la presidente Giorgia Meloni continua ad avere un elevato tasso di gradimento ed essere il personaggio politico più popolare ed il governo nel suo insieme, pur avendo visto nelle ultime settimane diminuire lievemente il livello della fiducia ad esso attribuita, rimane con una popolarità certamente soddisfacente, come abbiamo anche documentato su queste pagine.
Ci si può però domandare, al di là dei dati macro (vale a dire degli indicatori della situazione economica complessiva del paese, i cui effetti non sempre vengono concretamente percepiti nella vita quotidiana dei singoli cittadini), se in concreto gli italiani abbiano effettivamente riscontrato nell’ultimo anno una variazione in positivo della propria specifica condizione economica individuale e in che misura questo sia avvenuto.
Al riguardo, l’istituto Eumetra ha rivolto la scorsa settimana ad un campione rappresentativo di italiani al di sopra dei 18 anni (nell’ambito della trasmissione Piazza Pulita su La7) un quesito sulla percezione del mutamento della propria situazione economica negli ultimi 12 mesi.
Ne emerge come per poco più della metà degli intervistati (51,9 per cento), la propria condizione non risulti mutata nell’ultimo anno: ciò vale in particolare per le persone di genere maschile e, specialmente, per gli anziani, al di sopra dei 55 anni, tra i quali ben Il 60 per cento dichiara di non avere percepito nessun mutamento.

D’altro canto, – e differentemente da quanto sostiene il ministro citato più sopra – sono relativamente pochi (16,8 per cento) gli intervistati che denunciano negli ultimi 12 mesi un miglioramento della propria situazione economica. Una dichiarazione siffatta si registra però in misura relativamente maggiore tra chi appartiene alle classi di età meno elevate, specie tra i 18-35enni. In effetti, è comprensibile che un giovane, che magari si è appena affacciato al mercato del lavoro, arrivi ad ottenere una condizione economica migliore della precedente, quando ne era escluso. Sta di fatto che quasi un giovane su tre (29,1%) sotto i 35 anni manifesta una soddisfazione per il miglioramento della propria situazione economica.
Ma d’altro canto sono molti, poco meno di un terzo del campione (31,3 per cento), coloro che denunciano viceversa un vero e proprio peggioramento delle proprie condizioni dal punto di vista dell’economia: si tratta, come è evidente, di una fetta importante della popolazione del nostro paese i cui atteggiamenti non possono essere trascurati. Costoro si trovano specialmente nella classe di età media, tra i 35 e i 55 anni, quella cioè più impegnata e coinvolta nel mondo del lavoro, ove la porzione di chi denuncia un peggioramento delle proprie condizioni economiche raggiunge il 35,6 per cento: è proprio qui, dunque, nella porzione più attiva della popolazione, che si denunciano le incertezze e, spesso, le crisi.
Come si vede, si tratta nell’insieme di un quadro variegato, più positivo tra i giovani e significativamente più critico nei settori più pienamente attivi. Uno scenario che presenta dunque anche fattori preoccupanti, che gli esponenti del governo – e quelli dei dicasteri economici in particolare – non dovrebbero trascurare.