il Fatto Quotidiano, 17 febbraio 2024
L’Unità, storia del collettivo comunista che ha firmato un capitolo di bel giornalismo
Il libro di Roberto Roscani, per 26 anni giornalista all’Unità, trasuda di amore per il giornalismo e per quella comunità “comunista” che ha animato una delle più belle anomalie della carta stampata. Tanto che più volte l’autore si riferisce a quel mondo non come a una “redazione”, ma a un “collettivo” (addirittura a un certo punto lui e pochi altri propongono di pubblicare articoli senza firma, senza il protagonismo del singolo redattore).
Ne viene fuori così una bella storia dell’Unità, del Partito comunista che la editava, di parte delle vicende italiane, ma soprattutto storia di chi quel giornale lo ha fatto, l’ha popolato, diretto, curato e fatto diventare un capitolo della storia del giornalismo. Storie come quella di Arminio Savioli che intervistò Fidel Castro con lo scoop del “socialismo a Cuba” e che poi veniva avvisato dai cubani, “se Fidel ti vede ti ammazza” (ma non era vero). Oppure Ugo Baduel, che seguiva Enrico Berlinguer e a cui toccò in sorte di scrivere la cronaca della sua morte. Durata quattro giorni con i titoli dell’Unità a rincorrere l’agonia del segretario con quattro titoli – “Berlinguer gravissimo” a nove colonne, “Sgomento, ansia, speranza per la vita di Berlinguer”. E poi un irrituale: “Ti vogliamo bene Enrico”. Per passare ai titoli cubitali scritti tutti in maiuscolo: “È MORTO”, “ADDIO”, “TUTTI”. Di cubitale c’era stato già il famoso “ECCOCI” inventato da Carlo Ricchini, caporedattore storico. E poi i direttori: quelli storici che avevano fatto la Resistenza, poi i dirigenti del Pci, come Ingrao, Alicata, Aldo Tortorella o Gian Carlo Pajetta che quasi viene alle mani con Giorgio Frasca Polara il quale racconta in redazione, in anticipo, della defenestrazione del direttore. A dividerli arriverà Sandro Curzi: “È meglio se per un po’ non ti fai vedere”, disse il futuro direttore comunista del Tg3. Frasca Polara mise piede in redazione dopo un intero anno.