il Fatto Quotidiano, 17 febbraio 2024
Perle, gioielli & TikTok: ora è un paese per giovani
No, i gioielli non sono più una cosa (solo) per vecchi. Il cliché che associa catene d’oro, collane di perle e orecchini di diamanti alle signore di una certa età è ormai superato. Non solo i giovani d’oggi hanno iniziato ad attingere dai portagioie di mamme e nonne sfoggiando anelli e preziosi con nonchalance, ma hanno dimostrato un crescente interesse verso quest’ambito tanto da dare il via a una vera e propria rivoluzione nel mondo della gioielleria. I gioielli non sono più solo un accessorio per abbellire il corpo, ma diventano una forma di espressione di sé, un modo per comunicare la propria personalità e i propri valori. Così, da una parte, infatti, Millennials e Gen Z sono diventati uno dei “target” di clientela delle grandi maison; dall’altra, hanno iniziato ad appassionarsi all’arte orafa lanciando nuovi brand che hanno saputo conquistare il pubblico, soprattutto su TikTok. Come Martina Strazzer, 23enne di Modena. A fine 2019, dopo due mesi di studi nella facoltà di Biotecnologie, decide di lasciare l’università e seguire la sua passione, i gioielli. Con “300 euro racimolati come potevo”, racconta, “ho iniziato a creare i primi modelli in argento. Mi facevo pagare in anticipo e una volta incassati i soldi andavo in un laboratorio orafo e commissionavo l’ordine”. A maggio del 2020 arriva la svolta: sbarca su TikTok, i suoi video iniziano a diventare virali e chiude l’anno con un fatturato di 65 mila euro. Da lì l’ascesa: “Ho preso una collaboratrice, poi un’altra e alla fine adesso siamo una quarantina, tutti tra i 20 e i 30 anni. E abbiamo chiuso il 2023 con un fatturato stimato di 10 milioni di euro”. Martina ha fatto tutto da sola, proprio come Beatrice Rinaldi, 20 anni, la creatrice di Bisilver, brand di gioielli artigianali in argento. La sua passione per l’oreficeria nasce da suo nonno, orafo di professione, ma anche da suo padre e suo zio: “All’inizio era solo un hobby, quando ho lanciato il marchio per un anno non ho avuto grandi risultati e stavo iniziando a demoralizzarmi. Poi durante il lockdown ho iniziato a pubblicare su TikTok video dove raccontavo come creavo i miei prodotti. A sorpresa è arrivato il successo: ho imparato il mestiere da autodidatta, un po’ dalla mia famiglia e un po’ dai fornitori, adesso ho un laboratorio tutto mio e punto a estendere il business all’estero”. Federorafi conferma questo trend: “Il mondo dell’oreficeria non è più una cosa per vecchi. C’è un risveglio di interesse verso questo settore che, grazie a nuove strategie di comunicazione, è diventato più competitivo nell’attrarre giovani talenti”, spiega Alessia Crivelli, vicepresidente di Confindustria Federorafi. Il comparto orafo manifatturiero argentiero gioielliero del cammeo e del corallo italiano è infatti uno dei pilastri del Made in Italy nel mondo occupando stabilmente il primo posto a livello europeo e il terzo a livello mondiale (dopo Cina e India), con 32.200 addetti in 7100 imprese per lo più medio/piccole e artigianali che convivono con i top brand mondiali che da tempo hanno potenziato le produzioni proprio in Italia. E i risultati si vedono: nel 2023 il settore ha registrato un aumento del +10,2% del fatturato, meglio del sistema moda (+7,2%) e del manifatturiero nel suo complesso (+3%). La tendenza si riflette poi nel successo delle scuole orafe, che registrano un aumento di iscrizioni da parte dei giovani: “I ragazzi che si iscrivono da noi sono per lo più post liceo e hanno quindi tra i 18 e i 24 anni. La stragrande maggioranza non arriva da esperienze pregresse né da una famiglia di orafi, ma sono studenti che si sono appassionati al lavoro manuale e vedono nella gioielleria la massima espressione”, spiega Luca Solari, fondatore della Scuola Orafa Ambrosiana di Milano. “Molti pensano che sia un mestiere che si sta perdendo, invece qui ci sono centinaia di giovani che si iscrivono a corsi di formazione e nel 95% dei casi trova subito posto in azienda. C’è una richiesta elevata di professionisti del settore da parte dei marchi. Basti pensare che anche Cartier ha portato la sua produzione qui in Italia”. I giovani studenti di oreficeria sono appassionati, curiosi ed entusiasti, proprio come Gabriele, studente della scuola Tads di Caserta: da diversi mesi è entrato nel laboratorio orafo della storica Gioielleria Villa di Milano, fondata nel 1976 e guidata ora da Alice Villa, 31enne esponente della quinta generazione della famiglia, la prima di sole donne al timone del brand. La incontriamo nella boutique di Brera, nel cuore della Vecchia Milano, al suo rientro da Tucson, in Arizona, dove ogni anno si tiene una delle più grandi fiere di cristalli e pietre preziose: “Lì ho preso alcune pietre che nei prossimi mesi diventeranno parte dei nostri gioielli”, spiega. “I nostri gioielli sono per il 90% pezzi unici e a volte servono anche sei mesi di lavoro per realizzarli. Uno stesso anello può costare 100mila euro o un milione, a seconda della pietra”. E sebbene la fascia di prezzo sia quella dell’alta gioielleria, Alice conferma come negli ultimi tempi l’età media della clientela si stia abbassando: “Arrivano tanti giovani, dai 25 anni in su, non solo ragazzi per gli anelli di fidanzamento ma anche ragazze che vogliono farsi un autoregalo. Ormai siamo quasi più ‘psicologi’ che orafi”, scherza.