il Giornale, 17 febbraio 2024
Tira un brutto vento sulla storia di Pitigliano
Furono giorni felici e lunghe camminate tra cave e boschi, trovando templi nella vegetazione da Sovana a Pitigliano: il mondo sacro degli etruschi vive nelle strade della città di tufo. Diversamente da Sutri e da Vulci, a Pitigliano il passato è presente. Qui hanno lasciato segni di vita sia gli etruschi sia gli ebrei. È su questo doppio tempo che si fonda il paese di Pitigliano. Il sito delle vie Cave è il percorso degli antichi sentieri che collegavano Pitigliano a Sovana. Originariamente questi varchi erano stati concepiti per raggiungere le zone delle sepolture, ma per le necessità urgenti della vita la loro funzione li mutò in vere e proprie strade di comunicazione. Le vie Cave sono state ricavate nella roccia con pareti anche di 20 metri di altezza. Le principali strade sono quelle di San Giuseppe, di Fratenuti, di San Rocco e della Madonna.
Pitigliano è detta anche «la piccola Gerusalemme» per la sua rispettata e attiva comunità ebraica. Numerosi ebrei vi avevano trovato riparo per sfuggire alle persecuzioni. A Pitigliano il gruppo ebraico si consolidò tanto da erigere un Tempio nel 1598. Quando i Medici aggregarono al Granducato di Toscana le piccole contee meridionali, gli ebrei furono confinati nei ghetti, ma il loro ruolo economico e commerciale era tale che fu loro garantita la possibilità di possedere beni e in seguito persino di entrare in consiglio comunale. Con il tempo, a Pitigliano si trasferirono comunità di ebrei espulsi da centri vicini, come Castro, Scansano, Castellottieri, Piancastagnaio, Proceno Santa Fiora e Sorano. Quella di Pitigliano rimase così l’unica comunità ebraica in Maremma, un primato che oggi la innalza come patria della tolleranza. Ricercando i libri che ci accompagnarono nel nostro viaggio nella Toscana etrusca, l’occhio cade su una frase di David Herbert Lawrence in Etruscan Places (Londra, 1932): «In Italia l’elemento etrusco è come l’erba del campo, i germogli del grano: sarà sempre così». Bruciano i campi, si fa strage del grano, si cancella Pitigliano.
Sarebbe stato giusto continuare ad ascoltare Lawrence, ma era difficile immaginare che la perversione degli uomini in questi luoghi sacri avrebbe immaginato un parco eolico, un paradosso di violenza contro la natura, il paesaggio, il cielo, la storia, gli etruschi, gli ebrei. Un parco antisemita. E la voce di Lawrence, il suo inno alla natura sopraffatto dai ragli di Legambiente che rinnega identità e memoria in un luogo integro di templi, di necropoli, di sinagoghe, per affermare con irrisione e idolatria della modernità: «Il mondo cambia e il tempo del fossile è finito».
Così ora un mega impianto eolico rischia di stravolgere l’armonia, e sconvolgere il silenzio dei secoli a Pitigliano. Non si può tacere, e deve essere lo Stato a difendere sé stesso difendendo Pitigliano. Il primo compito di un ministro deve essere quello di salvare l’identità paesaggistica minacciata da una violenza distruttiva dei suoi luoghi più sacri. Non si può non prendere posizione, ferma e chiara, in una materia che io ho sempre indicato come prioritaria per il ministero, rispetto alla distruzione dei territori, in Puglia come in Sicilia e in Sardegna, e ora anche nella Tuscia, e garantire il massimo sostegno a tutti i soprintendenti in prima linea, come Margherita Eichberg, per impedire lo sconvolgimento del paesaggio.
Penso alla devastazione che rischia di consumarsi a Pitigliano, dove si vogliono innalzare 6 mega pale eoliche di oltre 200 metri ciascuna. La protesta dei cittadini e delle associazioni ambientaliste, sostenuta anche dallo scrittore Niccolò Ammaniti, impone una mobilitazione di uomini di cultura, di scrittori, artisti che, come Balthus e Twombly, Castellani e Agamben, avevano e hanno scelto la Tuscia come luogo di meditazione: per quello che è, non per quello che può mostruosamente divenire. Il primo a capirlo dovrebbe essere il presidente della Regione Eugenio Giani, perché la Toscana e il suo paesaggio sono sacri davanti al mondo, per quanti inglesi e americani l’hanno scelta. Ricordo l’impegno del presidente della Regione Rocca a non consentire ulteriori parchi eolici nel Lazio, invitandolo ad opporsi alla invasione, vera e propria metastasi, dell’eolico e del fotovoltaico, anche con un ricorso alla Corte Costituzionale, dopo le dichiarazioni alla Camera dei deputati del presidente Silvana Sciarra sul rispetto dell’«aspetto visivo del paesaggio» e sulla sua vocazione agraria.
Abbiamo celebrato Pasolini nel centenario della sua nascita, l’abbiamo venerato, santificato, e totalmente ignorato nella sostanza dei suoi pensieri commossi davanti a una Italia che si poteva preservare e che è stata ed è lentamente distrutta: «Dobbiamo conoscere e amare il nostro passato, contro la ferocia speculativa del nuovo capitalismo, che non ama nulla, non rispetta nulla, non conosce nulla». Vadano a riguardarsi, i fanatici cultori del mondo che cambia, dei campi coltivati ad agro e fotovoltaico, i film documentari di Vittorio De Seta sulla Sicilia, sulla Calabria, sulla Sardegna, le regioni oggi più minacciate e colpite dalla falsa energia pulita che cancella paesaggi, consuetudini, tradizioni, mondo agricolo. Si difende un patrimonio culturale, ignorando e devastando archeologia, mondo contadino, negando quello che si dice di proteggere. Pasolini è morto, inutile ricordarlo sfregiandolo, disprezzandolo. Non è consentito tacere! E il grido deve arrivare fino al presidente della Repubblica.
È stato proprio il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, con coraggio e determinazione, dopo aver visto lo scempio della Puglia, della Sicilia, della Calabria e del Molise, umiliate e stuprate dalle torri eoliche e dai pannelli fotovoltaici, ad alzarsi e indignarsi: «Gli insulti al paesaggio e alla natura, oltre a rappresentare un affronto all’intelligenza, sono un attacco alla nostra identità». Non c’è «transizione ecologica» (formula minacciosa e infelice) senza rispetto per la nostra ricchezza culturale e paesaggistica. Continua Mattarella: «Quante volte abbiamo ascoltato il vocabolo bellezza associato a Italia? Per dare profondità a questo straordinario abbinamento di parole occorre fare ricorso al senso che i nostri padri costituenti seppero dare a una terza parola: cultura. Accanto alla cultura c’è il valore della ricerca, del paesaggio, del patrimonio storico e artistico, tutti beni da promuovere e tutelare». Mattarella pensa all’articolo 9 della Costituzione: «La Repubblica... tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione». E quel testo va letto «non come libro inerte, bensì come documento vitale e fertile capace di proporre un’etica pubblica».
Il sindaco di Pitigliano, i sindaci di Sardegna, in questo momento tragico per le loro terre, si appellino al presidente della Repubblica, alla Corte Costituzionale. Si salvi l’Italia! Pitigliano sia all’avanguardia, come lo fu con gli Ebrei. Oggi più che mai.