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 2024  febbraio 17 Sabato calendario

CCCP sold out


Reggio Emilia. «Quel che deve accadere accade», «Così vanno le cose, così devono andare». CCCP fedeli alla linea: tre concerti sold out a Berlino sul finir del mese, un live dell’84 con tre inediti in uscita, titolo Altro che nuovo nuovo, fino a qualcosa che nessuno, stanti i rapporti in frantumi fra Giovanni Lindo Ferretti e Maurizio Zamboni fino a pochi anni fa, si sarebbe aspettato: il riformarsi del gruppo a quarant’anni dalla sua nascita, con una splendida mostra a Reggio Emilia che va a gonfie vele e il pubblico che, ogni volta che li vede su un palco per una chiacchierata, se mai Zamboni imbraccia la chitarra e Ferretti intona Nannarella, va in deliquio. «Di recente uno spettatore dopo quella canzone ha urlato: “il più bel concerto della mia vita"», racconta un incredulo Ferretti che però, lo ammette lui stesso, all’amore devoto del suo pubblico stavolta non ha voluto resistere, rendendo realtà ciò che fino a poco tempo fa non voleva neanche sentir pronunciare: un tour dei CCCP fedeli alla linea.
«Sono qua per smentirmi: io ho garantito due mesi fa che una tournée non sarebbe mai successa – ammette la voce del gruppo –. Questo poi (il live in uscita, ndr) è un disco che mi sono rifiutato di ascoltare, sono passati quarant’anni... Ma uno dei motivi per cui ho accettato è la reazione del nostro pubblico, una quantità grande di persone con voglia di riascoltare i CCCP, un’incredibile sorpresa per me». In questo chiudersi di cerchi, fra la presentazione del disco a pochi passi dal luogo del primo concerto e le date dal 24 al 26 febbraio a Berlino, dove Ferretti e Zamboni si conobbero, c’è l’ineluttabilità del fato, specie se di mezzo c’è un personaggio ieratico come il cantore dell’Emilia paranoica: «Sto scontando le mie parole di un tempo, “Così vanno le cose, così devono andare”, “Quel che deve accadere accade"».
Nel fluire del racconto affiora la crisi del rapporto con Zamboni: «Abbiamo parlato di ogni cosa per anni, non avevamo più niente da dirci finché non ho detto “Vai a cagare, Zamboni, non ho più niente da dirti"». Da operatore psichiatrico che era prima che il gruppo nascesse Ferretti divenne studente al Dams dove voleva laurearsi in ideazione di un ipotetico gruppo punk nell’Emilia degli anni Ottanta, come quelli della nouvelle vague che prima di fare i registi partivano come teorici di cinema, ma non doveva finire così: «Andai dal docente e gli dissi: invece di fare la tesi io faccio il gruppo». Ed ecco i futuri CCCP che andavano a ballare a Berlino ma vivevano a Fellegara, nel Reggiano, dove avevano ingaggiato un ex bassista di Orietta Berti.
Pura scuola emiliana che la punk band raffinò con un’intuizione tipicamente anni Ottanta, operando la trasformazione dell’iconografia del socialismo reale in puro armamentario estetico. Tutto questo, nella provincia più rossa d’Italia. Qualcuno ha provato a chiederglielo: «Siete tuttora militanti?»: «Non lo eravamo neanche allora», la risposta inevitabile di cantante e chitarrista dei CCCP. Non fosse che, per aperta confessione di Ferretti, la dimensione sua e della band è quella del disagio, nel senso di disallineamento esistenziale rispetto ai valori correnti, qui si respira entusiasmo vero per i concerti prossimi venturi: «Più che il disco del primo concerto dei CCCP a Reggio Emilia che non ho il coraggio di ascoltare, ho molta più voglia di ascoltare i CCCP quest’estate. Guardateci: siamo vecchi! Ma avremo tre batterie sul palco che fanno paura».
Poi rivela l’emozione che probabilmente gli ha riacceso la voglia di tornare a cantare con i compagni d’arme di sempre: «Quando andiamo a parlare col pubblico, della mostra o d’altro, e ci mettiamo a suonare qualcosa, in sala si fa il vuoto, la gente smette di respirare. È giusto che i CCCP ora chiudano il cerchio anche con il loro pubblico». Quanto allo spettacolo che ci aspetta, se sarà punk o se dominerà un altro spirito, non c’è anticipazione possibile: ancora non lo sanno neanche loro. Una cosa, più che probabile, è certa: se 4.500 persone si prenderanno la briga di andare a vederli a Berlino, se la mostra va a gonfie vele, se i pellegrinaggi dei fan alla casa di Giovanni Lindo a Cerreto Alpi proseguono imperterriti da anni, sono aperte le scommesse su un tutto esaurito del tour italiano.
Se invece andasse tutto storto e nessuno dovesse presentarsi in platea, nessun problema: «Fare i concerti nel vuoto non sarebbe bellissimo?». —